Lettera del comandante generale del Corpo delle Capitanerie di porto

20/10/15

Ho avvertito una spontanea amarezza nel leggere l’articolo (non mi pare proprio avesse veste di “lettera”) dal titolo "150o anniversario delle Capitanerie di porto - Guardia costiera, quando celebrare vuol dire propaganda".

Il Corpo è nuovamente attaccato ed io pronto a difenderne dignità e prestigio.

Premetto, innanzitutto, di non conoscere l'autore, ne' di sapere chi sia. Il Sig. Giuseppe Corrado - che ha ritenuto civile non qualificarsi - si definisce un "...osservatore di tutti i fenomeni collegati al mare ed alla  marittimitá". Un osservatore distratto, ipovedente per la miope visione unisettoriale di delicate e semplici tematiche, che non suscita affidabilità, né credibilità per la pochezza di stile e la povertà dei contenuti del suo scritto.

E’ evidente come il pennivendolo sia stato infastidito dal riconoscimento – attraverso l'intitolazione di strade, piazze, banchine portuali – tributato alle Capitanerie di porto nella ricorrenza dei 150 anni del Corpo. Riconoscimento che i tantissimi comuni costieri - lungo gli 8000 km di costa da Ventimiglia a Trieste - hanno voluto riservare al personale che opera presso gli uffici marittimi con i quali, quotidianamente, gli utenti si interfacciano, per risolvere problemi, manifestare le esigenze ed i bisogni delle comunità marittimo-portuali.

Più quei bisogni sono autentici, più il Corpo è vivo, indispensabile ed insostituibile: i numeri ed i risultati ne danno reale contezza.

La capillare presenza sul territorio delle autorità marittime condiziona, orienta ed esige la tempestività della loro azione, secondo un nuovo modello di vivere la quotidianità dell'impegno: comprendere (i bisogni) e rispondere con prontezza (alle esigenze). In un Paese civile, peraltro culla del diritto, i bisogni e le esigenze non ammettono ritardi.

A proposito delle intitolazioni, è grottesco il riferimento all'occupazione di suolo pubblico. E’, di converso, dannoso per lo Stato, per le casse erariali, per lo sviluppo economico, per i bisogni dei cittadini, che si continuino ancora a sottrarre all'autentico interesse pubblico spazi inutilizzati - o sottoutilizzati -, ampie aree demaniali marittime e portuali, in nome di un’esigenza non più completamente attuale.

Direttore, tramite Lei (non avendo altro riferimento), invito Giuseppe Contesto per un incontro, nel mio ufficio o dove egli stesso ritenga.

La prego, comunque, di farmi ricordare di citargli quattro momenti: primavera 2013, inverno 2014, inverno ed estate 2015.

Si tratta di quattro momenti che, seppur a distanza di tempo, appartengono ad un unico disegno: quattro passaggi, legati dal vincolo della continuazione per il perseguimento di un unico fine, non originato dalla volontà del Corpo.

Il disegno si è trasformato, dal tentativo di realizzare un'opera epocale, di grande bellezza (per chi l'aveva progettata), in un deprecabile scarabocchio.

Direttore, per l’incontro, solleciti il fazioso lettore ad essere meno lento. Difatti, 80 giorni (dal 20 luglio al 10 ottobre) ha impiegato Giuseppe Contrado per pensare molto e partorire nefandezze, capaci solo di alimentare confusione, dubbi, dannose incertezze.

In sintesi, il Corrado pone in essere argomenti coerenti ad imprudenti intenti, in astratto idonei ad insidiare l'equilibrato assetto istituzionale, costituzionalmente tutelato. Ciò a fronte di un contesto dispositivo e normativo chiaro, trasparente e certo, che affida a ciascun Ministero funzioni e responsabilità, sorrette da un impianto normativo voluto dal Legislatore che realizza, nel suo insieme, un completo assetto organizzativo. Un contesto che non prevede duplicazioni e sovrapposizioni e che si caratterizza per l’attribuzione di precise responsabilità funzionali.

Responsabilità legate all’esercizio delle funzioni attribuite dalla legge in materia di ricerca e soccorso alla vita umana in mare, alla sicurezza della navigazione e del trasporto marittimo, alla tutela dell’ambiente marino e delle risorse ittiche che, per il principio di competenza per materia legittimamente consacrato, impongono all’Amministrazione l’obbligo di operare, senza limitazioni spaziali, ovunque si applichi la giurisdizione nazionale.

Rispetto all’organico quadro di regole e di funzioni che ho richiamato, sono le condotte che si pongono in contrasto a dover esser censurate, al pari di quelle che mirino a fare, ad arte, disinformazione.

Chi, come Giuseppe Corrado, tenta di mettere lo Stato contro lo Stato non fa un buon servizio alla società, non mostra alcuna autentica coscienza critica, né amore per il vero.

Giuseppe Contorto faccia presto. Il prossimo 1 novembre andrò in pensione. Da quel giorno, sarò un uomo ancora più libero e mai solo.

Anche grazie a lui, il Corpo è più unito e più saldo, a maggior credo della propria insostituibile missione.

A seguire, una breve analisi delle nefandezze riportate dal fazioso lettore:

1) Propaganda e comunicazione.

Giuseppe Corrado confonde, volutamente, propaganda con comunicazione. Il Corpo comunica ciò che fa realmente. I risultati sono lo specchio del vero. E lo specchio - come diceva Edoardo de Filippo - non dice bugie, non mente, non può mentire.

Se il Corpo si specchia... rivive nelle parole di Papa Francesco; se il Corpo si specchia... rivive nelle emozioni del “giardino dei giusti”;…se il corpo si specchia... vede 11.000 uomini e donne che respirano l'autenticità delle proprie azioni, dei propri comportamenti, delle proprie condotte.

Il Corpo, nel tempo, ha fatto analisi del proprio essere, del proprio modo di operare, dei propri errori, del proprio operare a fianco del cluster marittimo e degli operatori del mare, partner unico e privilegiato per la tutela degli interessi civili e produttivi del mare. Al Corpo, di tale tutela è affidata, per legge, la relativa responsabilità, non ad altri, ai quali la legge affida altre funzioni, anch’esse vitali per il Paese, poste in un perimetro di legittimo esercizio ben definito e, quindi, non legittimamente travalicabile.

Dall'analisi, sviluppata nel tempo, il Corpo si presenta oggi nella sua unica, autentica, essenza. il Corpo delle Capitanerie di porto non si mostra: il Corpo “è”, realmente, quello che comunica.

2) Responsabilità e fedeltà

Confondere l'estetica con le funzioni che la legge affida alla responsabilità di chi è chiamato a fare, è un ulteriore conferma della inaffidabilità del messaggio di Giuseppe Corrado. Non fare, per chi è chiamato ad agire, equivale ad omettere. E’ la forma di tradimento nei confronti dello Stato pari, per intensità, a quello perpetrato violando il giuramento di fedeltà prestato.

Il Corpo non è abituato a tradire. E non tradirà mai il pieno esercizio delle legittime prerogative affidate ai ministeri da cui dipende per funzioni, per organizzazione e per bilancio. Quello stesso bilancio che corrisponde a circa 60 milioni di euro annui di spese di funzionamento.

E’ giusto ed è corretto affermare, come io sempre sottolineo, che il Corpo delle Capitanerie di porto dipende dalla Marina Militare. Le attività di concorso/contributo prestate nel settore dei compiti propri del Dicastero della difesa che è chiamato ad assolvere - ed assolve sempre con prontezza, professionalità, spiccato senso di appartenenza, spirito di obbedienza e di servizio -, sono quelle espressamente elencate nel codice dell’ordinamento militare, fonte che elenca, con valore ricognitivo, disposizioni normative preesistenti. Nulla innova, nulla attribuisce: non è "titolato" a farlo.

Ma, al Corrado, sfugge come lo stesso codice dell’ordinamento militare - dalla natura compilativa e non attributiva di funzioni - richiami, agli articoli 134,135,136 e 137 la dipendenza del Corpo da quei ministeri (MIT, MATTM, MIPAF nonché, per specifici profili, Ministero dell’interno, Dipartimento Protezione civile e Ministero del lavoro) le cui prerogative, sono oggetto di precise disposizioni di legge, in grado – esse sì -di attribuire l’esercizio di funzioni e di correlate responsabilità.

3) Il valore del “guardarsi dentro”.

Le Capitanerie di porto – Guardia costiera hanno sempre fatto analisi dei propri comportamenti, hanno ricercato i propri errori e, correggendoli, molto si sono migliorate. Ancora molto c’è da fare, secondo quel processo di qualità dei servizi resi, sempre più ispirato a conseguire la migliore tutela del bene comune attraverso la più alta espressione delle proprie capacità.

4) La squallida speculazione sui morti.

Speculare sui morti è espressione autentica di meschinità, della prigionia degli angusti orizzonti intellettuali, di grettezza di spirito e povertà di animo di chi ha ceduto il proprio essere alle ragioni dell’arroganza.

Giuseppe Corrado certamente non è napoletano. Lo fosse stato avrebbe tratto insegnamento dalla lettura de "A’ livella" di Totò e si sarebbe astenuto dall’orrenda speculazione.

Posto che ciascuno degli eventi luttuosi che evoca - Costa concordia, torre piloti, Norman Atlantic -sono stati - o sono tutt’ora - al vaglio, attento ed approfondito, delle competenti Procure della Repubblica, se il lettore ha elementi, circostanze o informazioni dai quali può farsi rilevare qualche responsabilità, mia o di altro appartenente al Corpo, si rechi senza indugio dagli organi inquirenti e denunci, con fatti e prove, ma, soprattutto con quel coraggio dell'uomo libero, le responsabilità che - oggi - alimenta con il fumus del sospetto e solo sussurra, pavidamente.

Troppo ha scritto e detto per liquidare quelle dolorose vicende con un flebile bisbiglio….Per il Costa Concordia e l'inchino mi sovviene la portata del decreto "anti-inchini". Per il Norman atlantic vorrei ricordare la tempistica degli interventi ed il pieno esercizio della funzione di coordinamento. Per la torre piloti, ho vissuto la tragedia e non permetto a Giuseppe Corrado di offendere il mio dolore, con vuote, sbrigative, insinuazioni. Presso il tribunale di Genova è in corso un procedimento penale per il crollo della torre.

5) Etica.

Non è certamente l'autore dello scritto, che specula sui morti, a dover richiamare l'etica della responsabilità. Non credo che ne abbia titolo, non credo che ne abbia le capacità.

Non abdicherò mai alle responsabilità che la legge mi affida quale guida tecnica del Corpo. Non abdicherò mai al dovere del fare, dell’agire, del sapere. Non abdicherò mai al dovere di lealtà verso il personale, le Istituzioni, i Ministri (tutti) di riferimento, in uguale dignità di funzioni.

Quella stessa etica della responsabilità mi indurrebbe a farne monito a quanti l’hanno aggirata, ignorando – scientemente – la diversa natura giuridico e fattuale fra funzione e concorso/contributo.

Mi permetta, infine, Direttore, di fare una modesta docenza al pennivendolo per gli aspetti che qui rilevano:

- funzione è l’attività che, nelle materie sopraindicate, il Corpo è chiamato per legge a dover garantire. Il potere attribuito è un potere/dovere, quindi una potestà;

- concorso/contributo, è la capacità strumentale, pianificata ed organizzata che altre componenti dello Stato e privati sono chiamati ad assicurare, quando – ovviamente – tale apporto sia richiesto dal titolare della funzione.

Chi offre un concorso/contributo si pone come “mezzo al fine”; come risorsa strumentale ed in quanto tale sottoposto alle determinazioni del titolare della funzione che, solo, è chiamato a rispondere del raggiungimento del fine.

E proprio in questa direzione va la “legge Madia” quando indica l’obiettivo dell’ “ottimizzazione”, del “coordinamento” e dell’”eventuale maggiore integrazione”. E’ la funzione che determina la titolarità del coordinamento ed i presupposti dell’eventuale integrazione. Non altro.

Amm. Ispettore Capo (CP) Felicio Angrisano

Comandante generale del Corpo delle Capitanerie di porto

P.S.

Anche questo è un “articolo”!

 

Gentile Amm. Ispettore Capo, abbiamo dato voce alla sua replica, tuttavia - e lo dico con affetto, mi creda - se il comandante di un corpo con 11.000 uomini e donne avesse già il 9 marzo o il 28 luglio accettato di rispondere a semplici domande, della (già allora) più diffusa testata sulla Difesa del nostro Paese, che riassumevano le critiche di molti tra le centinaia di migliaia di lettori che con lettere e commenti sui social hanno chiesto risposte e discusso delle questioni in oggetto (quando le imbarcazioni della Guardia Costiera iniziarono a recuperare migranti in prossimità delle coste libiche, ricordo bene, ci fu un vero e proprio picco!), forse le sue parole avrebbero chiarito dubbi e rasserenato immediatamente gli animi.

Se vorrà farlo ora, anche se oramai in "zona cesarini", sarà sicuramente apprezzato dai lettori.

Andrea Cucco

 

(foto: Capitanerie di Porto - Guardia Costiera)