Il mistero dei parà senza basco

19/06/15

Quando si parla di paracadutisti la prima immagine che abbiamo è quella del militare con il basco amaranto e il brevetto ben saldi, cuciti addosso.

Il personale militare attualmente in servizio presso l'Esposizione mondiale nel capoluogo lombardo ha ricevuto ordine di lasciare a casa il basco amaranto e di sostituirlo con un più anonimo copricapo in dotazione a tutte le forze armate chiamato "jungle".

Sui social network l'indignazione dei paracadutisti e dei loro sostenitori è tangibile. Il basco è il simbolo indiscusso della Brigata Paracadutisti Folgore, sostituirlo per molti rasenta l'oltraggio.

Evitando di voler pensar male, la motivazione per l'avvenuta sostituzione pare abbia una base del tutto razionale. Il basco per sua natura è di materiale simile alla lana cotta o feltro, il caldo che accumula è moltissimo e portarlo per diverse ore sotto il sole cocente non aiuta a mantenere i nostri militari in condizioni di servizio decorose. 

Il jungle è di materiale più leggero (per quanto possa essere leggero il goretex) e pare che mantenga una temperatura più consona al servizio svolto. La variante di un colore diverso dal vegetato ancora non l'hanno immessa sul mercato.

Se la decisione dello Stato Maggiore Esercito sembra essere giustificata, lo sono anche le perplessità della rete e dei diretti interessati.

Se il problema reale è il calore che si accumula e il conseguente stato di salute del personale in servizio vorrei suggerire di estendere tale provvedimento anche a città come Roma e Torino le cui condizioni climatiche non sono certo migliori.

Butterei uno sguardo ai soldati impiegati presso il Milite Ignoto a Roma o come piantoni davanti al Quirinale, loro hanno forse un microclima diverso?

Non meno importanti sono i soggetti impiegati fuori area - dalla Somalia all'Afghanistan - dove le temperature non sono ragionevoli nemmeno la notte e per cui nessun provvedimento è stato preso.

Insomma, alcune domande sono legittime!

Come spesso accade in contesti molto complessi come l'Esercito, risolvere il problema - ammesso che il caldo sia veramente un problema per il militare - costa fatica e sopratutto denaro dunque ci si limita alla soluzione più rapida.

Non era forse più utile - e anche molto più popolare - migliorare le condizioni di servizio magari diminuendo i turni di lavoro ed offrire bevande per scongiurare malori, invece di puntare sull'unica cosa intoccabile per un militare?

Sicuramente l'immagine che si deve avere di un soldato è quella di un soggetto forte e dallo spirito coriaceo che sopporti qualche grado in più rispetto alla media stagionale ma è anche vero che il medioevo è finito da qualche secolo.

Offrire postazioni mobili dove rifocillarsi con acqua e qualche fonte di sostentamento non annienterà le finanze della Difesa e nemmeno farà apparire i soldati come fannulloni, semmai ci farebbe apparire razionali e coerenti.

Meglio qualche bottiglietta d'acqua in più pagata dallo Stato o qualche basco amaranto in meno per le strade?

Il simbolo che quel basco amaranto rappresenta per molti aspiranti parà è una conquista che costerà loro fatica e sudore. Per chi lo indossa è il sigillo inequivocabile di appartenere a qualcosa a cui molti aspirano e a cui pochi arrivano. 

Il basco non è un oggetto che si toglie e si mette a piacimento in base alle stagioni: per il paracadutista rappresenta un legame con le tradizioni e con lo stile di vita che si è deciso di seguire.

Quel basco ha imposto di lasciare famiglie ed impegni per assicurare la sicurezza a Milano a qualche ora dall'arrivo in massa di turisti e celebrità.

Nulla potrà cancellare il significato personale che quel basco rappresenta per chi lo indossa ne il caldo torrido, ne le polemiche sterili ne sicuramente non sarà l'Expo.

"Bagnando il basco in una pozza di sangue si fece il simbolo di tutti noi parà il sacrificio dei nostri caduti" 

Denise Serangelo

(foto: congedatifolgore.com / SME)