I sistemi di difesa attiva dei mezzi corazzati, una impellente necessità

01/07/22

Una delle principali lezioni apprese dalla guerra in Ucraina è la necessità di potenziare la protezione dei mezzi corazzati in genere e non solo quella dei carri armati. Già il conflitto siriano aveva fatto sorgere seri dubbi sulla capacità di sopravvivenza dei carri sul moderno campo di battaglia. Le severe perdite subite ai Leopard 2A4 turchi distrutti da missili filoguidati di seconda generazione tipo TOW e Konkurs avevano fatto seriamente riflettere.

La guerra in Ucraina, con le stragi di carri di concezione russa ad opera dei Javelin e dei lanciarazzi portatili occidentali, non ha fatto che confermare le apprensioni dei carristi sulla propria capacità operativa nei moderni scenari bellici ad alta-media intensità.

Tali perplessità sono comuni naturalmente anche a quelle dei fanti meccanizzati e dei reparti esploranti che sono equipaggiati con veicoli molto meno protetti dei carri da battaglia e quindi destinati a subire analoghe, se non maggiori, perdite.

La minaccia dei sistemi missilistici di terza generazione lancia e dimentica con profili d’attacco dall’alto è veramente micidiale, come quella dei lanciarazzi portatili con doppia carica cava in tandem o con testate termobariche. Non meno pericolosi sono i missili controcarri a guida laser o a fibra ottica ed anche le ultime generazioni di TOW con cariche belliche potenziate e capacità di attacco dall’alto, seppur di impiego più lento e macchinoso, conservano una elevata letalità.

A peggiorare la situazione sono intervenuti i droni killer o munizioni circuitanti, che già in Nagorno-Karabakh avevano evidenziato tutte le loro potenzialità come armi controcarri, essendo in grado di colpire dall’alto obiettivi in postazione o in movimento ben oltre l’orizzonte con assoluta precisione. Tali sistemi d’arma hanno rivoluzionato il combattimento terrestre, risultando economici, di facile impiego, grande gittata, elevate capacità distruttive, costituendo una valida alternativa agli elicotteri d’attacco e, in determinate circostanze, anche al tiro d’artiglieria.

Contro tali minacce l’unico modo per consentire alle formazioni corazzate di operare sul campo di battaglia con un certo grado di sicurezza è il ricorso generalizzato ai sistemi di protezione attiva, da installare non solo su tutti i carri armati ma anche su ogni tipo di mezzo corazzato destinato ad operare a contatto balistico con l’avversario. In pratica tutti i mezzi corazzati in dotazione alle unità dell’arma base e di cavalleria dovrebbero disporre di tali sistemi in grado di avvistare e colpire in volo con munizioni esplodenti i missili/razzi in arrivo.

La corazzatura passiva, anche se di elevato spessore e di tipo speciale multistrato non è più in grado da sola di garantire la sopravvivenza dei carri armati, specie per la difficoltà di proteggere le parti superiori dello scafo. Anche le corazzature aggiuntive di tipo esplosivo, largamente diffuse in oriente, non sembrano efficaci contro sistemi missilistici più avanzati. Già prima del conflitto tra Russia e Ucraina i principali eserciti della NATO avevano deciso di acquistare per la protezione dei propri Abrams, Leopard-2, Challenger e Leclerc il sistema di difesa attivo Trophy di concezione israeliana. Dopo l’esperienza ucraina si prevede una diffusione ancora maggiore di tali sistemi, in modo da dotarne anche i veicoli da combattimento della fanteria cingolati e ruotati 8x8.

Per l’autodifesa contro i droni killer da parte dei carri armati non è emersa ancora una soluzione pratica. Vi è l’idea di ricorre a mitragliatrici ad asservimento radar/camera termica montate su affusti automatizzati a controllo remoto sul cielo della torretta in funzione anti loitering munition. Sono in valutazione anche lanciarazzi antidrone accoppiati ad apparati di disturbo elettronico.

L’Esercito italiano ancora non si è deciso a ricorrere a tali sistemi di autoprotezione attiva dei mezzi corazzati. Il programma di rimodernamento del carro Ariete (foto apertura) non prevede l’adozione del Trophy o di un sistema analogo. Pure la blindo Centauro-2 (nella seconda foto, a sx) sta entrando in servizio priva di sistema di difesa attivo. Da rilevare che il carro Ariete, in linea dal 1996, non ha una corazza particolarmente spessa, risultando di tipo spaziato solo sull’arco frontale, e certamente inferiore a quella dei carri occidentali della sua epoca che erano dotati tutti di corazze composite multistrato, come la Chobham. Per l’impiego in Iraq sono stati acquisiti due diversi moduli di corazzatura addizionale da montare esternamente a protezione della parte frontale e parzialmente di quella laterale. Si tratta, comunque, di protezioni convenzionali di tipo passivo non particolarmente sofisticate e che lasciano scoperto il settore superiore.

La situazione non è migliore per la Centauro-2, la cui corazzatura in acciaio balistico è stata studiata per arrestare solo il tiro di mitragliatrici pesanti.

F.C.

Foto: U.S. Army / Esercito Italiano