Il ruolo sociale dei carabinieri nell’educazione alla legalità

11/06/14

Siamo abituati a vederli pattugliare il territorio, effettuare controlli lungo le strade, intervenire per fermare i malviventi, prevenire reati, garantire il mantenimento dell’ordine pubblico, ma i militari dell’Arma svolgono anche un importante ruolo sociale.

Sono infatti impegnati in attività di educazione alla legalità e prevenzione contro l’abuso di alcol e sostanze stupefacenti, rivolte soprattutto ai giovani. Un’attività spesso sconosciuta, ma fondamentale, soprattutto nei piccoli comuni di montagna, come i paesi del Cadore, in provincia di Belluno, dove abbiamo incontrato il maresciallo aiutante sostituto ufficiale di PS Antonio Alibrandi, comandante della stazione di S. Stefano di Cadore. Un territorio che comprende sei comuni – S. Stefano di Cadore, S. Pietro di Cadore, Sappada, S. Nicolò di Comelico, Comelico superiore, Danta di Cadore - e i due comprensori sciistici di Sappada e Padola, per un totale di circa 10mila abitanti, che diventano 20mila nel periodo stagionale.

In che modo Carabinieri svolgono attività di educazione e prevenzione?

<Interveniamo attraverso il contatto diretto con i giovani, attraverso il rapporto continuo con le autorità scolastiche locali e tramite servizi di prevenzione dell’abuso di alcolici e l’uso di sostanze stupefacenti. L’attività di prevenzione viene concordata con il comando superiore diretto - la compagnia di Cortina, al comando del capitano Eugenio Fatone - e non viene curata solo sotto l’aspetto legale, ma anche dal punto di vista umano, con il contatto quotidiano con la cittadinanza.

In particolare, lavoriamo attraverso il confronto con i ragazzi, sia perché percepiscano il maresciallo e i carabinieri come persone a loro disposizione e instaurino con loro un rapporto umano e sociale, sia per fugare i dubbi di questi ragazzi, che vivono in realtà particolari, distanti dalla città.>

Il vostro intervento è rivolto in particolare ai giovani. Come operate all’interno delle scuole?

<Nelle scuole svolgiamo attività a scopo preventivo, attraverso il confronto periodico con il dirigente scolastico. A questo si aggiungono il contatto diretto con i giovani, durante la ricreazione, e alcune iniziative particolari. Negli anni scorsi, per esempio, ho preso parte al corso per il patentino. E’ stata una bella esperienza: da un lato, mi vedevano come il maresciallo, dall’altro come professore. E’ stata una grande soddisfazione vederli promossi e poi incontrarli per strada e vedere la loro percezione dei militari dell’Arma come persone che in quell’occasione li hanno aiutati.>

A quali risultati ha portato negli anni questo tipo di attività?

<Nei 17 anni di comando in queste zone, ho notato un avvicinamento graduale e positivo della popolazione, sia da parte dei ragazzi, sia da parte di persone in una situazione di bisogno ma non si erano mai aperte, magari per timore o per vergogna, legati a situazioni delicate, come per esempio i maltrattamenti in famiglia. Un po’ alla volta, hanno aperto il guscio, acquisendo fiducia nell’Arma e riconoscendoci come punto di riferimento, permettendoci così di aiutarli sotto l’aspetto legale, ma anche umano.>

Come viene accolta dalla comunità?

<L’attività di prevenzione viene accolta in maniera positiva. La prevenzione è spesso seguita da azioni di repressione, in particolare per l’uso di stupefacenti, la guida in stato di ebbrezza o il bracconaggio. Per quanto riguarda l’abuso di sostanze alcoliche, in questi anni abbiamo assistito a una netta riduzione del problema, con grandi risultati sotto l’aspetto umano e professionale. Grandi bevitori hanno smesso di bere dopo essere stati sanzionati e oggi ci sono grati.

I giovani ci tempestano di domande, dimostrando grande interesse e curiosità per l’istituzione, ma anche fiducia, perché riconoscono l’apertura da parte dell’Arma. Tra le curiosità vi sono domande come “cosa succede se scappo in motorino?”, quesiti relativi alle problematiche specifiche del territorio, ma anche al percorso per diventare Maresciallo dei Carabinieri.>

Trattandosi di interventi all’interno della comunità, qual è il vostro rapporto con gli enti e le realtà sul territorio?

<Rappresentando l’unico punto di riferimento di autorità nel paese, l’Arma lavora in costante contatto con le autorità istituzionali, che possono informare sulle realtà del territorio. Lavoriamo in sinergia con la scuola; con le istituzioni, in particolare il Comune; i servizi sociali e i medici di famiglia.>

Qual è il ruolo del comandante di stazione?

<Il ruolo del comandante di stazione è affascinante, richiede tanti sacrifici, e quindi un grande impegno. Dà tante soddisfazioni, grazie anche alla sinergia tra il comando di stazione e i comandi superiori, che consente di raggiungere risultati di un certo livello.>

Lo scorso dicembre, il prefetto di Belluno Giacomo Barbato ha conferito a dieci cittadini bellunesi l’onorificenza dell’Ordine “Al Merito della Repubblica Italiana”. Tra loro c’era anche lei. Cosa significa questo riconoscimento?

<E’ stata una delle più grandi soddisfazioni della mia vita professionale. Di ciò devo ringraziare l’istituzione di cui faccio parte, che mi ha dato la possibilità di svolgere il mio lavoro in serenità e raggiungere questo risultato. Dedico quindi il mio cavalierato all’Arma dei carabinieri, in particolare ai miei superiori, che mi hanno guidato a compiere le scelte giuste, e ai miei collaboratori, sempre pronti a sostenermi nel lavoro di tutti i giorni.>

Elisa Di Benedetto