Solo pochi anni addietro un capo di stato maggiore aveva lanciato un grido di allarme riguardo al numero di navi in dismissione che, già nel giro di un decennio, avrebbe irrimediabilmente compromesso la capacità operativa della Marina Militare.
Il monito non rimase inascoltato e fu approvata la cosiddetta "Legge Navale" per compensare con 11 unità (+3 in opzione) - nell'arco di un decennio - la perdita di oltre 50 navi.
Il Parlamento - ricordiamolo - finanziò solo una prima tranche del piano di rinnovamento necessario a sostituire le navi destinate al disarmo nella Marina Militare. Fu quindi "attenuata" e non di certo risolta una carenza di mezzi.
Per capire se anche qui, come per il coronavirus, "andrà tutto bene", abbiamo intervistato il promotore del salvataggio della Forza Armata nel 2014, l'ancor oggi (sottovoce...) rimpianto ammiraglio Giuseppe De Giorgi.
Dopo la telefonata fra il premier Conte e il generale Al Sisi il governo darà il via libera alla vendita della 9^ e 10^ Fremm destinate alla Marina Italiana, nonostante la ferita ancora aperta dell’assassinio di Giulio Regeni (nella foto il presidente Conte riceve i genitori). Ammiraglio, quali sono le sue considerazioni?
In primo luogo, voglio esprimere la mia vicinanza alla famiglia di Giulio Regeni e di Patrick George Zaki. La decisione annunciata, se confermata dal Parlamento provocherà certamente ulteriore sofferenza e disorientamento.
Per quanto riguarda gli aspetti più tecnici in merito alla legittimità dell’operazione, la materia è regolata dalla legge 1990 nr. 185 che, al comma 6, vieta la vendita o cessione di armamenti pesanti verso Paesi in stato di conflitto armato, la cui politica contrasti con i principi dell’art. 11 della nostra Costituzione, i cui Governi siano responsabili di gravi violazioni dei diritti umani. Gli stessi divieti si applicano alla delocalizzazione all’estero della produzione di armamenti.
L’Egitto è attivo in due coalizioni impegnate in due conflitti (Libia e Yemen), sostiene il generale ribelle Haftar nonostante l’embargo di armi alla Libia e sul rispetto dei diritti umani da parte del governo di Al Sisi c’è un’ampia letteratura in merito, oltre naturalmente al caso Regeni e Zacki di più diretto interesse italiano.
C'è chi oppone agli aspetti morali la necessità di un approccio pragmatico, vista l’imponenza della commessa in ballo: l’Egitto acquisterebbe, oltre alle due Fremm destinate alla Marina Militare, 4 fregate da costruire in Italia, una ventina di Pattugliatori da costruire in Egitto, caccia Eurofighter... Qualcuno l’ha definita la commessa del secolo.
Per il momento l’unica cosa che mi sembra certa è che l’Italia cederà le fregate Emilio Bianchi e Spartaco Schergat (intestate a due medaglie d’oro al valor militare) all’Egitto, peraltro con fondi anticipati dalla stessa Italia, per circa 1.1 Mld.€ (650 Milioni già versati a Fincantieri, a cui si aggiungeranno circa 450 Mil.€ di Cassa Depositi a Prestiti). Le altre quattro Fremm sono opzionali, senza impegno alcuno per l’Egitto. Sarebbe stato lecito aspettarsi l’opposto. Un contratto firmato per 4 Fregate e due aggiuntive in opzione. È possibile che tale opzione non si materializzi affatto, una volta ottenute le due Fremm italiane a condizioni così vantaggiose.
Per quanto riguarda la costruzione di navi da pattugliamento in Egitto da parte di Fincantieri, ciò rappresenterebbe l’ennesima delocalizzazione di attività produttive all’estero, a scapito della cantieristica nazionale, del rilancio dell’occupazione nel settore della navalmeccanica e dell’indotto. Si aggiungerebbe alle delocalizzazioni già effettuate da Fincantieri in Romania (il cui personale viene utilizzato spesso anche a Riva Trigoso), in Norvegia, negli Stati Uniti, etc.. Comprendo la convenienza per Fincantieri, ma non mi sembra una scelta nell’interesse dell’Italia. Così come rischierebbe di essere controproducente dare vita a un polo cantieristico in Medio Oriente, in grado di fare concorrenza alla cantieristica italiana negli anni a venire.
La Pandemia ha evidenziato la vulnerabilità di Nazioni avanzate dovuta alla dipendenza dall’estero di capacità produttive strategiche, perdute a seguito di delocalizzazioni industriali. Un tema che si applica ai materiali essenziali per la salute pubblica, ma anche alla capacità industriale legata all’alta tecnologia, alla cantieristica militare e alla difesa nazionale in generale.
È tempo di riportare gli investimenti industriali in Italia, con gli ovvi benefici in termini di PIL e di posti di lavoro.
In che misura verrebbe indebolita la Marina Militare dalla cessione delle due FREMM?
È la capacità marittima nazionale a venire indebolita, proprio mentre la situazione della sicurezza in Mediterraneo si fa sempre più agitata. La Marina perderebbe due delle 10 Fregate previste. Con una linea di solo 8 Fregate, potremmo disporne continuativamente di 4 o 5 al massimo. La spoliazione della Marina appare peraltro una scelta del tutto incoerente con il riconoscimento da parte del Parlamento, nel 2014, dell’esigenza urgente di rinnovare e potenziare la flotta per evitarne la progressiva estinzione.
Purtroppo, la cessione delle due unità non risulta, per quanto a me noto, nemmeno subordinata alla sottoscrizione di un contratto di costruzione, senza oneri aggiuntivi per l’Erario, di due nuove Fremm per la Marina.
In sintesi, lo Stato finirebbe per finanziare l’Egitto e Fincantieri per cedere due Fregate nuove fiammanti, senza la certezza di un pieno ristoro per l’Erario. Nei costi sostenuti dall’Amministrazione Pubblica andrebbero peraltro considerati anche quelli relativi al trasferimento del personale e delle loro famiglie dalle varie sedi a La Spezia, per equipaggiare le nuove unità e per il loro addestramento.
Credo che la firma di un contratto che impegni legalmente Fincantieri e restituire allo Stato due Fremm da costruire in Italia, al posto di quelle “anticipate” all’Egitto, debba essere una premessa irrinunciabile all’operazione, ovviamente ammesso che le forze politiche più sensibili al tema dei diritti umani accettino di superare lo spirito della legge 1990/185.
La cessione delle due navi comporterebbe anche dei ritorni importanti per Leonardo. Si parla di una vendita di Eurofighter Typhoon.
Su questo aspetto mi permetto sommessamente di osservare come l’Egitto abbia firmato nel 2020 un contratto con la Russia per la fornitura di 30/40 moderni caccia Sukhoi 35 (foto), che si vanno ad aggiungere a 50 Mig 29M, ancora in fase di consegna, a 24 Rafale (il primo consegnato a luglio del 2017), 15 Mirage 2000 e a 209 F16 , ricevuti tramite il programma pluriennale USA “Peace Vector”.
Non mi sembra realistica un’ulteriore diversificazione della linea aerotattica egiziana. Già com’è attualmente articolata mi sembra un incubo logistico.
Anche in questo caso, la cessione delle due FREMM italiane non sarebbe subordinata a un contestuale ordinativo di caccia EFA. Quindi saremmo ancora nel cosiddetto “wishful thinking”.
Come commenta le notizie relative alla contrarietà francese per questa iniziativa di Fincantieri?
Rilevo solamente che Fincantieri e il consorzio francese Naval Group hanno sottoscritto, tramite la Joint Venture Naviris, un’alleanza strategica per quanto riguarda il settore delle navi militari. Non mi sembra verosimile che Fincantieri si muova senza il consenso della partner francese.
Infine, chi immagina che sottomettendoci alla volontà del generale Al Sisi, l’Italia si assicuri la protezione dell’Egitto, a tutela dei nostri interessi in chiave anti turca, è destinato a rimanere deluso. È assai più probabile che, in Libia e nel Mediterraneo, Turchia ed Egitto finiscano per mettersi d’accordo per spartirsi la regione in aree di influenza. Com’è accaduto fra Russia e Turchia in Siria. Come sta avvenendo in Libia, a scapito di un’Italia sempre più inerme, in perenne intempestivo pendolamento fra i Potenti del momento.
Foto: Marina Militare / web / Fincantieri / MoD Fed. russa