"Libertà o terrorismo": mostra sul patrimonio archeologico siriano

07/02/15

Giovedì scorso è stata inaugurata una mostra fotografica organizzata da Solidarité Identités e dalla Comunità siriana in Italia. Il dibattito “Libertà o terrorismo”, nella splendida cornice romana della Basilica di Santa Maria in Cosmedin ("Bocca della verità", ndr) ha dato il via all’esposizione sul patrimonio archeologico siriano.

Le immagini, allestite con il patrocinio del ministero del turismo siriano, vogliono porre l’accento su un aspetto che sistematicamente viene ignorato: a causa di una guerra inconcepibile ed inaccettabile si sta realizzando la più grande distruzione, mai avvenuta al tempo d’oggi, di un patrimonio storico, artistico e archeologico senza eguali.

La Siria è stata il punto centrale della storia dell’umanità, tanto che l’UNESCO contava, ben prima del conflitto, sei siti patrimonio mondiale: le città di Damasco e Aleppo, i più antichi insediamenti urbani tutt’ora abitati, Bosra, antica capitale del Regno nabateo e capitale provinciale romana, le rovine di Palmira, il castello crociato del Krak dei Cavalieri, considerato il più importante esempio d’ingegneria militare medioevale del Vicino Oriente, la cittadella del Saladino, vicino ad Al-Haffah, costruita sui resti di una fortezza fenicia.

Oltre questi siti principali ne esistono decine di altri di inestimabile valore, perché tutto in Siria, ogni angolo, ogni scorcio di strada, lungo la costa mediterranea a Latakia o nel suq di Damasco, testimonia la sua storia millenaria. I numerosi luoghi di culto, come le chiese cristiane o anche le tombe di importanti personalità dell’Islam, sono sistematicamente attaccati dai terroristi e fondamentalisti islamici e difesi dai siriani, siano essi soldati dell’Esercito regolare o semplici cittadini; proprio su questo si è incentrato il dibattito inaugurale della mostra moderato dal presidente di Sol.Id. Ada Oppedisano, la quale ha esordito citando Andrè Parrot, l’archeologo francese di inizio Novecento e primo direttore del museo Louvre di Parigi secondo il quale “Ogni persona civile in questo mondo deve dire che ha due patrie, la propria e la Siria”.

Il primo illustre ospite a prendere parola è stato mons. Hilarion Capucci, arcivescovo di Gerusalemme, che si è soffermato sulla trasformazione della Siria, centro di tutto il mondo arabo, da paradiso ad inferno, per colpa della guerra: “Ripristinare la pace in Siria è assolutamente indispensabile. Nella guerra non ci sono vincitori né vinti: siamo tutti perdenti”.

La guerra è quindi l’inesorabile causa di distruzione della storia, che ha devastato la Siria e che, in termini di violazione di sovranità e distruzione del patrimonio, sta interessando anche l’Iraq; in nome di questo Paese è intervenuto l’ambasciatore iracheno presso la Santa Sede, Habeeb Mohammad Hadi Ali Al Sadr. “Lo spirito d’Oriente che aleggia sulle nostre città, ne fa motivo di invidia, e rigonfia l’odio in chi, in nome di un credo religioso, sta distruggendo tutto ciò che di culturale e bello splendeva sui nostri Paesi”. L’ambasciatore si è soffermato sul pluralismo religioso che da sempre caratterizza paesi come Iraq e Siria, negando quindi che dietro le atrocità commesse dai terroristi ci siano elementi che possano ricondursi al mondo musulmano; conclude invitando l’Occidente a recepire i saggi inviti del Sommo Pontefice Francesco: “Se l’Occidente non smette di finanziare il terrorismo, sarà costretto a combatterlo nel proprio territorio, perché in Siria e Iraq si combatte il terrorismo per salvare l’intera umanità”.

Significativo l’intervento dell'imam Ali Hasan Ramadan, dell’Alta Commissione degli Scienziati Islamici in Siria, che ha ribadito la convivenza assolutamente pacifica di ciascuna confessione religiosa in terra siriana: “Hanno voluto che ogni siriano prendesse con forza l’ala della propria religione, hanno voluto dividerci per creare odio e distruzione; hanno ucciso in nome della libertà, della democrazia, delle riforme e del cambiamento, ma a cosa siamo invece arrivati? Questo non ha fatto altro che distruggere le scuole, le università, le chiese e le moschee”.

L’Imam ha poi proseguito prendendo in esame i gruppi terroristici che vengono finanziati da quelli stessi leader del mondo scesi in piazza per portare solidarietà alle vittime del giornale Charlie Hebdo: “perché non sono scesi in piazza per le migliaia di bambini siriani uccisi? Hanno forse loro il sangue blu?” L’Imam ha poi concluso rimarcando che l’Islam è la religione dell’amore e della misericordia e che quindi è inconcepibile ed inaccettabile uccidere in suo nome.

La parola è poi passata al padrone di casa, il mons. Mtanious Haddad, archimandrita cattolico greco-melchita, il quale ha prima di tutto fatto osservare un minuto di silenzio per tutte le vittime, poi ha parlato della speranza di un ritorno alla Siria della pace, quella nella quale i cristiani hanno accolto a braccia aperte i musulmani, e con i quali hanno convissuto in armonia per più di quattordici secoli: “questo è il nostro patrimonio da salvare; in Siria non si parla di ‘minoranze’, ognuno ha propri diritti e doveri, ma prima di tutto siamo tutti siriani”.

L’unica soluzione per porre fine al terrorismo, secondo Padre Haddad, è quella di chiudere le frontiere con la Turchia, prosciugare i pozzi del Qatar e fermare i finanziamenti destinati a questo nuovo terrorismo di matrice internazionale.

Significativo l’intervento del giornalista ed invitato di guerra Gian Micalessin, il quale ha parlato della difficoltà riscontrata nel voler raccontare la guerra in Siria, una guerra oltre che combattuta sul campo, anche mediatica; dove sin dall’inizio c’è stato un chiaro sabotaggio della verità.

“Sono partito la prima volta per la Siria nel 2012 perché non mi era del tutto chiara l’immagine fornita dai media occidentali che parlavano di un solo ‘cattivo’ il presidente Assad, che con il suo esercito massacrava il proprio popolo. La realtà era esattamente l’opposta; tutti quei gruppi fondamentalisti, di cui l’Occidente si è accorto solo oggi, c’erano già da prima; peccato che proprio da quell’Occidente veniva armato: Hollande chiedeva di fermare l’embargo per poter armare i ‘ribelli’, stessa cosa Camerun, nel mentre che Obama voleva bombardare Damasco. La colpa della degenerazione che ne è seguita è nostra, la colpa è dell’Occidente”.

Importante l’intervento di Marco Hosseyn Morelli, portavoce dell’ass. islamica “Imam Mahdi”, il quale ha ribadito l’inesistente connessione tra la religione islamica ed i gruppi ed i movimenti terroristici che uccidono i civili e seminano terrore.

“L’Islam non professa l’odio e la distruzione: per la religione islamica invece bisogna invece combattere gli oppressori e difendere gli oppressi”.

Poi è intervenuto il direttore dell’Istituto culturale iraniano (foto sotto), dr. Pourmarjan il quale si è soffermato sulle bellezze archeologiche e storiche di questa parte di mondo, sottolineando la decisa volontà dei siriano di non poter permettere prevaricazioni in termini di sovranità. “Per decidere il destino della Siria lasciate liberi i siriani di decidere il proprio destino”, ha concluso.

Infine è intervenuto il dott. Jamal Abo Abbas (nella foto al centro), presidente della comunità siriana in Italia, che insieme a Sol.Id. ha organizzato la mostra; dopo aver ringraziato il mistero del turismo siriano che ha fornito le immagini ha elencato dieci punti che hanno spiegato in maniera chiara e precisa i reali motivi della guerra, a distanza di quattro anni ormai assolutamente evidenti.

La guerra sta distruggendo il presente della Siria, ma ne vuole distruggere anche il passato. In questo spirito la mostra, aperta al pubblico sino a domenica 15 febbraio quando alle ore 10.30 ci sarà la Messa per la Pace officiata da Mons. Hilarion Capucci, vuole far aprire gli occhi su quanto di assolutamente grave ed irrimediabile sta avvenendo nel Paese che è la culla della civiltà.

Fonte/foto: Associazione di volontariato internazionale Solidarité Identités