L'evoluzione delle relazioni tra il Vaticano e lo Stato di Israele ha conosciuto, nelle ultime ore, un episodio particolarmente emblematico delle tensioni sottostanti.
Un incidente diplomatico di notevole portata si è materializzato attorno alla gestione comunicativa della morte di Papa Francesco, rivelando dinamiche geopolitiche più ampie e stratificazioni complesse nei rapporti tra le due entità.
Il ministero degli Esteri israeliano ha disposto la rimozione sistematica dei messaggi di cordoglio pubblicati dalle proprie rappresentanze diplomatiche sparse nel mondo, generando un'ondata di reazioni critiche sia all'interno che all'esterno dell'apparato diplomatico israeliano. Ciò che appare particolarmente significativo è la sequenza temporale degli eventi: messaggi di condoglianze espressi, successivamente cancellati, e infine giustificati come "errori di pubblicazione".
La vicenda si inserisce in un contesto di relazioni già deteriorate dalle posizioni assunte dal Pontefice riguardo al conflitto nella Striscia di Gaza. Le dichiarazioni papali, che avevano descritto le operazioni militari israeliane con toni fortemente critici – arrivando a evocare il concetto di "genocidio" utilizzato a più riprese dalle Nazioni Unite – hanno evidentemente contribuito a una risposta istituzionale israeliana caratterizzata da una deliberata distanza comunicativa.
Questa reazione si articola su molteplici livelli:
Dimensione istituzionale: Il contrasto tra l'atteggiamento del presidente Herzog, che ha espresso cordoglio, e il silenzio del premier Netanyahu e del ministro degli Esteri Sa'ar, evidenzia una frammentazione nella postura ufficiale israeliana.
Dimensione diplomatica: La frustrazione manifestata dagli ambasciatori israeliani, particolarmente nei paesi a maggioranza cattolica, segnala preoccupazioni concrete per le conseguenze relazionali di questa scelta comunicativa.
Dimensione comunicativa: La direttiva di cancellare i messaggi senza fornire spiegazioni adeguate rivela un approccio centralizzato ma non adeguatamente articolato nella gestione della crisi.
Ciò che emerge con particolare evidenza è la tensione tra pragmatismo diplomatico e posizioni ideologiche. Gli ambasciatori israeliani hanno colto immediatamente le potenziali ripercussioni negative dell'azione sulle relazioni con le comunità cattoliche globali, stimando i costi reputazionali di una simile strategia comunicativa.
L'episodio solleva interrogativi più ampi sulla gestione delle relazioni interstatali in contesti di crisi e sulla ponderazione tra reazioni emotive immediate e considerazioni strategiche di lungo periodo nella diplomazia contemporanea.
La successiva giustificazione ufficiale – "il tweet è stato pubblicato per errore" – appare come un tentativo di depotenziare la portata simbolica dell'accaduto, pur mantenendo nei fatti la distanza comunicativa.
Questo caso evidenzia come, nell'era della diplomazia digitale, anche le scelte comunicative apparentemente minori possano assumere valenze geopolitiche significative, influenzando la percezione globale degli attori statali e condizionando le relazioni internazionali in modi non immediatamente prevedibili.