Ramstein, 30 anni dopo

(di Andrea Troncone)
28/08/18

Chiunque abbia nel cuore i valori di professionalità e di abnegazione dell’Aeronautica Militare o che abbia la passione del volo non può non ricordare quella maledetta domenica 28 agosto 1988.

Idem dicasi per chi si sente italiano solo di domenica, perché quell’incidente aereo ha legato in un'unica eterna sorte di tragico dolore semplici appassionati e piloti militari fra i migliori del mondo.

Doveva essere un pomeriggio di svago e di orgoglio nazionale per i nostri compatrioti residenti in Germania, invece 3 fra i migliori Piloti Militari del mondo e 67 appassionati fra il pubblico si unirono per l’eternità in una palla di fuoco ripresa da televisioni e giornali di tutto il mondo.

La dinamica di questo che resta fra i più gravi incidenti aerei verificatisi durante un’esibizione acrobatica ci è stata ripetuta migliaia di volte e non sarebbe nostra volontà ripeterla. Tuttavia fare informazione vuol anche dire permettere a chi non ne dovesse aver mai sentito parlare prima, di avere una descrizione oggettiva e analitica.

Tutto avvenne in soli 7 secondi quando la pattuglia acrobatica italiana Frecce Tricolori si apprestava a completare la figura detta della "Cardioide", una figura in cui i 10 Aermacchi MB339-PAN si dividevano in due formazioni minori (dette “sezioni”) durante un’ascensione verticale, per poi disegnare nel cielo di fronte al pubblico un cuore durante la fase discendente. Questa si concludeva e con un incrocio nella parte inferiore che coinvolgeva anche il solista, proveniente di fronte al pubblico.

Una figura storicamente fra le più apprezzate e di forte impatto scenico perché questo incrocio avveniva esattamente al centro della “display line” nel punto più vicino al pubblico. A Ramstein quel giorno la sorte si accanì oltre ogni modo, perché di tutte le possibili occasioni per far nascere un tragico incidente scelse proprio il momento peggiore.

Il velivolo del solista (“Pony 10”), tenente colonnello Ivo Nutarelli, impattò contro il velivolo del dal tenente colonnello Mario Naldini (“Pony 1”, capo pattuglia) e dal capitano Giorgio Alessio (“Pony 2”, 1° gregario sinistro). Gli aerei numero 1 e 2 precipitarono in fiamme sulla pista e il numero 10 si abbatté sulla folla.

Il bilancio fu ovviamente catastrofico. Oltre ai tre piloti, fra i migliori in forza alla nostra Aeronautica Militare e del mondo, persero la vita 67 spettatori (51 il giorno dell’incidente e 16 nelle settimane successive), per la maggior parte tedeschi: tra essi anche molti bambini. I feriti, ricoverati in 46 ospedali, furono circa 1.000, di cui 347 gravi.

Filmati e foto fecero e fanno ancora oggi notizia in tutto il mondo e per questo motivo, furono successivamente riviste le misure di sicurezza nelle esibizioni aeree, allontanando il pubblico dall'area delle evoluzioni acrobatiche.

Oggi tutto avviene quindi in piena sicurezza per il pubblico, ciononostante la nostra Pattuglia Acrobatica è riuscita a portare avanti con immutata spettacolarità il Suo compito di ambasciatore italiano nel mondo, suscitando ovunque unanimi apprezzamenti di eccellenza.

Noi ci fermiamo qui, nel rispetto di chi quel giorno ha lasciato la Sua esistenza terrena per un ideale di passione e sacrificio. Non importa se furono militari che hanno profuso anni di addestramento e sacrifici, o bambini che avevano rinunciato ad un pomeriggio di vacanza per andare a vedere un ideale di perfezione e di passione: tutti hanno lasciato nel dolore questa terra ed i loro cari e da noi va il più sincero cordoglio, tutt’ora immutato a 30 anni di distanza.