Meglio evitare un conflitto con l’Europa nelle condizioni in cui ci troviamo

(di David Rossi)
28/05/18

Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo!

Pare di sentire il presidente Sergio Mattarella avvertire il premier incaricato Giuseppe Conte - e per suo tramite i suoi stake-holder Matteo Salvini e Luigi Di Maio - circa le conseguenze di una mala gestione delle relazioni con i partner europei ed atlantici - e in primis con la Germania -, mentre si tratta non di un discorso del capo dello Stato ma del quinto capitolo del Vangelo secondo Matteo. Già, perché in questi giorni - durante il lento travaglio del primo governo di Lega e Cinque Stelle - ai commentatori - nel prendere una posizione “filoeuropea” o nel collocarsi tra i sovranisti - non riesce, forse per pudore, di scrivere una cosa molto semplice: che margine di manovra abbiamo, nello scenario di un affrancamento - solo di facciata o anche sostanziale - dal processo politico di cui l’Unione Monetaria Europea è l’elemento più palese? Detto in soldoni, allo scopo di valutare se l’Italia debba prendere una posizione, per così dire, più autonoma, prima dobbiamo capire se sia in grado di farlo.

Chi scrive non si propone di trattare questo tema in modo approfondito, ma di dare pochi elementi di riflessione al lettore, perché la sua presa di posizione non si limiti solo a tifare per gli Azzurri contro la Germania. Sì, perché il nostro Paese è - restando nella metafora calcistica - campione mondiale di partecipazione a conflitti a cui non è preparato: la guerra austro-prussiana1 nel 1866, la prima guerra italo-etiopica2 nel 1895-1896, la prima guerra mondiale3 nel 1915-1918, la seconda guerra mondiale nel 1940-1945 solo per citarne alcuni… Ecco, il punto è questo: siamo preparati a un conflitto - incruento ma potenzialmente devastante sul piano finanziario e commerciale - e, se sì, fino a che punto siamo pronti a sopportare l’urto con l’Unione Europea e le potenze regionali che vi partecipano?

Dal punto di vista diplomatico, abbiamo creato una rete di relazioni con potenze globali e regionali che faccia da “paracadute” in vista di giornate nere in Europa? Non pare proprio, se consideriamo che Francia e Germania vengono normalmente invitate a partecipare a ospitare tavoli negoziali o a svolgere funzioni di mediatore in quasi tutte le crisi dall’ex URSS al Golfo Persico (Ucraina, Iran, Libia, Qatar ecc.), mentre il governo italiano al più riceve una telefonata dai leader francesi e tedeschi dopo gli incontri e le decisioni prese altrove. Questo prescinde dal dato economico: in Iran abbiamo interessi commerciali e industriali a livello di Berlino, ma contiamo quanto la Spagna o la Slovacchia, quando si tratta di “fare sul serio”. Siamo attivi con missioni militari e umanitarie nel Vicino Oriente, ma la nuova maggioranza non sembra determinata a proseguire queste politiche.

Già, l’economia, dicevamo pocanzi. Siamo la seconda potenza industriale dell’Europa, eppure il principale articolo dell’export italiano non sono né merci di grande qualità né servizi ad alto valore aggiunto, ma i titoli relativi al nostro debito. Di conseguenza, il nostro primo interesse è di cederlo alle migliori condizioni per le nostre casse, come venditori? Ci rendiamo conto che il taglio del deficit è un modo per tenere sotto controllo la tigre dell’indebitamento, perché più ne produciamo, meno vale per i nostri “clienti” e più ci costa in termine di interessi4?!!! Non ci vuole una laurea in economia per capirlo…

Qualcuno dovrebbe spiegare ai cittadini elettori che con quello che il governo paga di interessi in mezza giornata si può costruire un ospedale da 500 posti letto con i migliori equipaggiamenti e con la spesa d’interessi di sei giorni una portaerei come la nostra Cavour (foto).

Al momento, piaccio o non piaccia, l’Italia è membro fondatore di istituzioni chiamate Unione Europea, Banca Centrale Europea, Area Schengen ecc. Non per caso, siamo il secondo beneficiario di fondi strutturali europei: siamo anche appena sestultimi per utilizzo5, il che la dice lunga sull’inefficienza del nostro sistema Paese, che va ben al di là della insipienza della classe politica.

Chi scrive potrebbe dilungarsi, ma preferisce lasciare che queste righe siano un pungolo, non un trattato. Davvero riteniamo di poter fare meglio dei governanti del 1866, del 1895, del 1915 e del 1940 proponendoci, nel 2018, di aprire le ostilità con gli altri Paesi europei - i principali clienti sia del nostro debito sia del Made in Italy - allo scopo di espandere il nostro debito pubblico contro il nostro interesse nazionale mentre rimandiamo a Bruxelles ogni anno settanta miliardi che non abbiamo saputo spendere? O piuttosto non conviene rafforzare il sistema Paese, non riversando sui nostri figli un fardello che noi a stento riusciamo a portare, rinviando la richiesta di autonomia dall’Unione ad altri tempi, probabilmente non lontani, quando forse una o più di una delle grandi banche dei Paesi leader saranno con l’acqua alla gola, come un Monte dei Paschi qualsiasi, a causa di enormi quantità di titoli derivati emessi, per importi pari a decine di volte il PIL di una potenza a caso, la Germania.

Allora, quando - tornando alla metafora iniziale - l’avversario sarà più debole, potremo decidere sul nostro futuro senza paura di gravi conseguenze. Perché le potenze regionali, che oggi sembrano “too big to fail” un domani saranno forse too big to be saved.

  

1 Che la retorica patriottica - nonché i manuali scolastici di Storia del Bel Paese - chiamano “Terza Guerra di Indipendenza”.

2 Di cui la disfatta di Adua fu il culmine, con la perdita di due terzi delle forze in campo.

3 Il Paese era ancora esaltato dalla faticosa vittoria nella guerra italo-turca del 1911-1912.

4 Tra l’altro, paghiamo 90 miliardi ogni anno solo di interessi, vale a dire quasi 2.900 Euro al secondo!

5 Abbiamo speso appena 2,4 su 73,6 miliardi di Euro concessi dall’UE.

(foto: Quirinale / Bundesregierung / Marina Militare)