Lo scontro Netanyahu-Bar: crisi istituzionale in Israele tra sicurezza nazionale e potere politico

(di Claudio Verzola)
28/04/25

Il conflitto tra il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il direttore dell'agenzia di sicurezza interna Shin Bet, Ronen Bar, rappresenta una delle più gravi crisi istituzionali nella storia recente di Israele. Questo scontro al vertice, emerso pubblicamente nei primi mesi del 2025, affonda le radici in dinamiche complesse che intrecciano questioni di sicurezza nazionale, responsabilità politica e tensioni costituzionali.

Le origini della frattura tra Netanyahu e Bar risalgono al turbolento biennio 2023-2024, caratterizzato da massicce manifestazioni popolari contro la controversa riforma giudiziaria promossa dall'esecutivo. Questo clima di polarizzazione sociale aveva già eroso la fiducia tra la leadership politica e alcuni settori dell'establishment della sicurezza, creando un terreno fertile per future contrapposizioni.

La tragedia del 7 ottobre 2023 - quando Hamas condusse un attacco senza precedenti nel territorio israeliano, causando circa 1.200 vittime e oltre 200 ostaggi - ha rappresentato un momento di rottura determinante. Quello che è stato definito "il peggior disastro della sicurezza nazionale di Israele" ha inevitabilmente innescato un processo di attribuzione di responsabilità tra le istituzioni coinvolte.

Lo Shin Bet, pur ammettendo proprie falle operative nell'intelligence, ha evidenziato in rapporti interni come alcune scelte strategiche del governo Netanyahu avessero contribuito a creare le condizioni favorevoli all'assalto di Hamas. Il primo ministro, dal canto suo, ha sistematicamente rifiutato di assumere responsabilità personali, indirizzando invece le critiche verso gli apparati di sicurezza.

La contrapposizione ha raggiunto l'apice nel 2025, quando Bar ha presentato alla Corte Suprema un'affermazione giurata di straordinaria gravità. In questo documento di 31 pagine, il direttore dello Shin Bet sostiene che Netanyahu abbia tentato di strumentalizzare l'agenzia per finalità politiche personali, richiedendo operazioni di dubbia legalità.

Particolarmente inquietante appare l'accusa secondo cui il primo ministro avrebbe esplicitamente richiesto l'utilizzo del servizio segreto per sorvegliare e raccogliere informazioni sui cittadini che manifestavano contro il governo, con particolare attenzione ai finanziatori delle proteste. Bar afferma di essersi opposto a tali direttive, ritenendole estranee al mandato legale dell'agenzia.

Un altro elemento di grave tensione riguarda la questione della "lealtà personale". Secondo la testimonianza di Bar, Netanyahu gli avrebbe fatto intendere che, in caso di crisi costituzionale, il direttore dello Shin Bet avrebbe dovuto schierarsi con il primo ministro anziché con la Corte Suprema - una richiesta che configurerebbe una pericolosa personalizzazione delle istituzioni di sicurezza.

Netanyahu ha respinto con veemenza ogni addebito, definendo Bar un "bugiardo" e contestando integralmente le sue affermazioni. Il primo ministro ha ribaltato l'accusa, sostenendo che la decisione di rimuovere il direttore dello Shin Bet sia motivata esclusivamente dalla sua "responsabilità massiccia e diretta" nel fallimento dell'intelligence precedente all'attacco di Hamas.

Questa contrapposizione personale ha rapidamente assunto i contorni di una crisi costituzionale quando, a metà marzo 2025, Netanyahu ha annunciato la rimozione di Bar dall'incarico. Una simile destituzione, senza precedenti nella storia israeliana, ha immediatamente sollevato interrogativi sulla separazione dei poteri e sull'indipendenza delle istituzioni di sicurezza. La Corte Suprema è intervenuta tempestivamente, emettendo un'ingiunzione d'urgenza che ha sospeso l'efficacia del licenziamento, creando uno scenario inedito in cui il potere giudiziario blocca una decisione governativa in materia di sicurezza nazionale.

La procuratrice generale Gali Baharav-Miara ha formalmente diffidato Netanyahu dal nominare un nuovo direttore o modificare la posizione di Bar fino alla decisione definitiva della Corte, accentuando la dimensione istituzionale del conflitto. Il governo, dal canto suo, ha criticato quella che considera un'indebita ingerenza giudiziaria nelle prerogative dell'esecutivo.

Questo scontro al vertice ha trasceso la dimensione personale per diventare emblematico delle tensioni più ampie che attraversano la società e le istituzioni israeliane. Da un lato, un esecutivo che rivendica prerogative decisionali ampie in nome della sicurezza nazionale; dall'altro, i contrappesi istituzionali che tentano di preservare l'autonomia degli apparati di sicurezza da possibili strumentalizzazioni politiche.

L'annuncio delle prossime dimissioni di Bar, pur rappresentando una potenziale via d'uscita dalla crisi immediata, non risolve le questioni di fondo emerse in questo confronto. Resta aperta la domanda su quale equilibrio debba sussistere tra controllo politico e autonomia professionale degli apparati di sicurezza, soprattutto in un contesto geopolitico complesso come quello israeliano.

La vicenda evidenzia le fragilità di un sistema democratico posto sotto la duplice pressione di minacce esterne persistenti e tensioni interne crescenti. Il rischio è che conflitti istituzionali di questa portata possano compromettere non solo la coesione sociale, ma anche l'efficacia della risposta israeliana alle sfide securitarie regionali.

Guardando oltre le dinamiche personalistiche, questo caso solleva interrogativi fondamentali sull'architettura istituzionale israeliana. La tensione tra efficacia della sicurezza nazionale e salvaguardia dei principi democratici rappresenta una sfida strutturale per Israele, acuita dal protrarsi del conflitto con Hamas e dalle molteplici minacce regionali.

L'esito di questa crisi potrebbe definire nuovi equilibri tra i poteri dello Stato o, al contrario, approfondire fratture già esistenti. La speranza, espressa da diverse voci nella società civile israeliana, è che prevalgano infine le norme democratiche sugli interessi particolari, garantendo che la sicurezza nazionale rimanga guidata da considerazioni professionali piuttosto che da lealtà politiche contingenti.

In un Medio Oriente caratterizzato da instabilità cronica, la capacità di Israele di mantenere solide le proprie istituzioni democratiche potrebbe rivelarsi tanto cruciale quanto la sua forza militare nel determinarne la resilienza futura.