L’ignoranza è il bene comune

(di Paolo Palumbo)
28/02/19

Sfogliando le pagine elettroniche di Repubblica, nella sezione di Torino, sono state dedicate ben sette foto ad un esemplare replica del pugnale degli arditi della prima guerra mondiale, venduto da un negoziante torinese. La cosa, di per se, non farebbe alcun scalpore se non per il fatto che un oggetto del genere, esposto in una vetrina di un elegante negozio torinese, abbia destato scalpore presso molti passanti, tanto da scomodare un quotidiano nazionale facendone un “caso” da indagare.

Il quotidiano cita: Qualcuno ha storto il naso vedendo quel pugnale in una vetrina del centro di Torino, adagiato accanto a una foto dei primi anni del '900 con il motto “A chi l'onore? A noi” e pensando al gesto di un negoziante nostalgico ha fatto partire la segnalazione indignata.

Per fortuna il negoziante ha saputo usare le parole giuste per chiarire che non si tratta di un oggetto fascista, tantomeno nostalgico, dando una spiegazione sensata del valore dell’oggetto venduto. Quello che però colpisce maggiormente è l’ormai inarrestabile “ignoranza” che devasta la mente degli italiani: è un’ignoranza senza colore politico, che proviene sia da destra, sia da sinistra e che tende a polverizzare, con frasi fatte, tutto ciò che non si capisce: così un coltello diventa per forza un simbolo fascista, mentre un ragazzo di colore si trasforma subito in un probabile spacciatore. Ignoranza si, ma soprattutto superficialità e nessuna voglia di conoscere, sapere, studiare o indagare a fondo le diverse questioni che giornalmente si pongono davanti ai nostri occhi.

Non tutti siamo tenuti a conoscere la storia, allo stesso modo ci troviamo di fronte ad un’informazione sempre più veloce, superficiale, che esige dal lettore un interessamento successivo alla lettura che, teoricamente, dovrebbe completare la notizia. Accade invece che la maggior parte dei lettori rifugga da ogni tipo di approfondimento, preferendo leggere solo le righe che interessano, soprattutto quando etichettano o infamano qualcuno o qualcosa. Per questo succede che una banale replica del pugnale degli arditi si trasformi improvvisamente un emblema nostalgico poco gradito, sfrontatamente esposto da un commerciante subito messo alla gogna come “estremista di destra”.

In questa circostanza il vocabolo “nostalgico” potrebbe assumere una valore diverso, soprattutto se pensiamo a chi, brandendo quella lama, ha ultimato la geografia italiana facendolo – guarda caso – proprio per una dinastia regnante che a Torino aveva le sue radici storiche.

A cosa serve dunque la storia? Che fine ha fatto il suo valore? Destra e sinistra sono oramai distanti da un’epoca in cui le due ideologie avevano un profilo chiaro, distinto, che riassumeva due valori in antitesi per i quali gli italiani scendevano nelle piazze arrabbiati e pronti a menar le mani. Nostalgia – poco ma sicuro – di uomini come gli arditi che sul Col Moschin difesero l’onore degli italiani respingendo un nemico superiore e agguerrito, solo per conquistare un misero pezzo di suolo patrio. Il sacrificio di quei soldati ci aiuta a riflettere su cosa volesse dire “difendere la patria”, un’attitudine che oggi viene sbandierata come un vessillo da uomini i quali non hanno la minima percezione su cosa significhi imbracciare un fucile, fronte al nemico, giocandosi la vita. Il problema è che assistiamo inermi allo sgretolarsi di una generazione “banale” che non conosce il suo passato, ma che imita tutto e anela vivere “vite di altri” più fortunati e magari più belli. Un’Italia cieca, con una classe dirigente inadeguata e incapace di comprendere come l’unico investimento possibile sia il patrimonio culturale nazionale.

Da diversi anni oramai il termine “cultura” sembra essere diventato sinonimo di debolezza, una cosa da cui stare lontani. Etichettare la cultura come una prerogativa di sinistra ha, ahimè, la stessa valenza del pugnale come emblema della destra: una insensata idiozia. L’ignoranza (sia per la destra, sia per la sinistra) è assurta ad unico valore perseguibile per godere di una vita migliore, tranquilla senza chiedersi troppi perché, mentre gli slogan sono la massima espressione di chi cerca spiegazioni semplici e dirette.

Malinconia degli arditi? Eccome. Tutti gli uomini dovrebbero stringere nella propria mano un pugnale poiché incarna una gestualità fiera e orgogliosa di un’Italia che non c’è più, che non si nascondeva dietro degli indifesi per farne il proprio manifesto politico. Gli arditi, impavidi, guardavano in faccia il proprio destino, oggi al contrario vanno di moda le maschere e gli anfratti dietro i quali nascondersi.

Concludiamo con una nota amara, ma che dovrebbe far sollevare la testa a quanti nelle proprie mani – al posto del pugnale – stringono un libro, anch’esso un oggetto che sembra destinato a diventare “nostalgico”. Nel 2019 entriamo nell’anno in cui ricordiamo la figura di Leonardo da Vinci, una rappresentazione universale della genialità, ma soprattutto un italiano che ha incantato il mondo con la sua mente, lasciando un segno eterno nell’arte e nella scienza. Oggi i Leonardo non ci sono più, tuttavia il nome degli italiani nel mondo è tenuto alto da quanti, con coraggio e sacrificio, sono stati costretti ad uscire dai confini nazionali per studiare in strutture efficienti, dove vige la regola del merito e dell’investimento su chi produce conoscenza.

La domanda che ci poniamo è se oggi, un uomo come Leonardo – parimenti un genio nel campo militare – avrebbe trovato spazio in questa Italia, dove probabilmente sarebbe stato messo al bando dagli invidiosi e soffocato da una perenne mancanza di fondi per i suoi studi.

Foto: web