Libia: la crisi (e le boiate) del settimo anno...

(di Andrea Cucco)
03/09/18

Stanno tutti bene: dopo la fuga della maggior parte del personale dell’ambasciata di Tripoli le notizie che rimbalzano sui quotidiani nazionali, basate principalmente su comunicati e tweet del ministero degli esteri e dell’ambasciata, tengono a sottolineare che nel caos degli ultimi giorni nessun italiano si è fatto male.

Il presidente (fantoccio) del governo di unità nazionale, Fayez Al Sarraj, quello riconosciuto da tutti tranne che dai libici, ha proclamato lo stato d'emergenza. La decisione sarebbe stata assunta "per proteggere i cittadini, gli impianti e le istituzioni vitali che richiedono tutte le misure necessarie".

Si racconta nuovamente la guerra come se si giocasse al superenalotto, sottolineando, ad esempio, che sabato un missile “aveva colpito un albergo vicinissimo all'ambasciata italiana a Tripoli (suo vero obiettivo)”.

E ora un’altra versione...

Da anni la corruzione di personaggi nati talvolta da nulla (ma sempre dalla violenza) dopo la deposizione di Gheddafi ha raggiunto livelli inauditi. Non importa saperlo a chi vive in Italia e di Libia si interessa solo quando si parla di “immigrazione”. Importa a milioni di libici presso cui buona parte di quegli immigrati clandestini andava a lavorare stagionalmente per poi tornare al Paese d’origine. Importa alle famiglie che si trovano a pagare 10 volte il prezzo dei beni di prima necessità a causa del tracollo dell’economia e dell’anarchia in cui la Libia è ridotta da sette anni.

Chiariamo un punto: gli italiani non sono - salvo mosse maldestre delle ultime ore – obiettivo di quelli che vengono ora definiti “ribelli”.

Missile finito per errore al quarto piano dell’hotel a 50 metri dall’ambasciata di Tripoli? Negativo: missile finito con precisione al quarto piano dell’hotel a 50 metri dall’ambasciata di Tripoli…

Mentre si interpretano con la solita approssimazione gli eventi (a giustificazione della fuga di alcuni), non si racconta che il quarto piano dell’hotel colpito, l’Al Waddan (foto), è stabilmente occupato (o almeno lo era fino al botto...) da miliziani filo Tajuri uno dei capi delle fazioni di Tripoli che vessano da anni la città. I missili, come i colpi di mortaio o di fucile, in aree di guerra (e in cui scarseggiano rifornimenti...) non si sparano alla buona!

Attrici della rivolta armata sono milizie di Tarhuna, chiamate “caniat”, e sono gheddafiane. L’obiettivo? Vogliono catturare i corrotti capi miliziani di Tripoli: Ghernewa, Tajuri, El Bisher, Kara e Bukbak (braccio destro di Tajuri) che hanno ridotto la città alla fame e rubato soldi per anni.

Noi che facciamo? Restiamo a guardare? Scappiamo? Avremo mai il coraggio di fare la cosa giusta? Avremo mai il conforto di sapere che i corrotti scelgono di stabilirsi a più di 50 metri dalla nostra sede diplomatica…?

Oggi paghiamo scelte, logiche e compromessi di politici che hanno preceduto l'attuale governo. Non sarà il caso di rivedere ancor più tattiche, strategie e soprattutto “amicizie”? E chi ha "consigliato" in passato... è ancora al suo posto a far danno?

(foto: ilmessaggero.it / web)