Libia: al-Sarraj parla di pace con Conte (mentre sconfigge sul campo Haftar)

(di Tiziano Ciocchetti)
05/06/20

Procede lenta ma inesorabile la cacciata dalla Tripolitania dell’LNA (Libyan National Army) da parte delle milizie del GNA (Governo di Unità Nazionale).

La scorsa settimana il presidente del consiglio Conte aveva avuto una conversazione telefonica con il premier riconosciuto al-Sarraj: nel colloquio era stata ribadita, da parte di Conte, la solita litania sulla soluzione politica come unica strada perseguibile. Evidentemente, una volta ottenuto l’appoggio militare dei turchi, al-Sarraj ha preferito la via militare. Infatti, la riconquista definitiva dell’aeroporto internazionale di Tripoli, avvenuta tra mercoledì e giovedì, ha inferto un duro colpo alle forze del generale Haftar.

La riconquista dell’aeroporto va ad inquadrarsi nel piano più ampio dell’offensiva scattata lo scorso 5 maggio che ha colto di sorpresa le forze nazionaliste, incapaci di difendere la cittadina di Sabratha, località d’importanza strategica. Le truppe di Haftar hanno risposto bombardando con l’artiglieria l’aeroporto di Mitiga, da dove decollano i droni turchi e dove atterrano gli aerei (provenienti dalla Turchia) carichi di armamenti per le milizie filo-turche.

Dal punto di vista del quadro internazionale bisogna rimarcare come la posizione del nostro governo sia sempre più a favore di al-Sarraj, visto che ogni qualvolta le forze di Tripoli lanciano un’offensiva la Farnesina tace, mentre quando sono gli uomini di Haftar ad attaccare si levano immediatamente le critiche.

Un atteggiamento che ci avvicina ad Ankara, intenta a sfruttare la situazione libica per proporsi come Potenza egemone nel Mediterraneo.

Senza dimenticare (come sembrerebbe abbiano fatto i nostri politici) il contingente di militari italiani a Misurata, a presidio dell’ospedale, i quali sono vicinissimi a obiettivi militari del GNA (un deposito di munizioni dei miliziani di al-Sarraj è esploso nelle immediate vicinanze dell’ospedale).

Il problema è che questo governo (ma direi anche gli ultimi quattro) non riesce ad avere una politica estera, come comporterebbe ad un paese come l’Italia vista la sua collocazione geografica nonché gli interessi economici (e storici) presenti in Libia. Ormai ci siamo ridotti a fare da camerieri ai turchi, al massimo ci teniamo al limite delle acque territoriali libiche, per monitorare le attività delle unità della Marina di Ankara che invece navigano indisturbate nel Golfo della Sirte.

D’altronde le cause di questa emarginazione politica sono tutte da imputare alla nostra politica estera, troppo sbilanciata verso la cooperazione con gli organismi internazionali (ONU, UE), non volendo (sapendo) comprendere che il campo delle relazioni internazionali è uno stato di natura, dove vige la legge del più forte (tutti contro tutti). È ormai evidente che non esiste in Libia un interesse strategico dell’Unione Europea.

Lo ha invece perfettamente compreso la Turchia che, dall’inizio del XXI secolo, si è distaccata dalla politica americana nel Mediterraneo, perseguendo una propria politica egemonica e proponendosi quindi come asset stabilizzatore dell’intera area.

Mentre Roma continuava a blaterale di risoluzioni diplomatiche del conflitto, Ankara ha messo in campo uomini e mezzi per permettere al premier riconosciuto al-Sarraj di respingere l’offensiva (in verità maldestra) di Haftar, e di assumere un ruolo guida in Libia, ruolo guida che avremmo dovuto avere noi, se fossimo stati capaci di elaborare una politica estera.

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