Dal libro del Siracide
Sir 27,5-8 (NV) [gr. 27,4-7]
Quando si scuote un setaccio restano i rifiuti;
così quando un uomo discute, ne appaiono i difetti.
I vasi del ceramista li mette a prova la fornace,
così il modo di ragionare è il banco di prova per un uomo.
Il frutto dimostra come è coltivato l'albero,
così la parola rivela i pensieri del cuore.
Non lodare nessuno prima che abbia parlato,
poiché questa è la prova degli uomini.
Indubbiamente i tratti caratteriali di un individuo si svelano quando si confronta con un altro in una discussione e, sovente, questo accade a prescindere da ciò che egli dice, basta osservarne gli atteggiamenti che accompagnano le parole. Se poi si tratta di Trump o di Putin, non è nemmeno necessario uno sforzo di decrittazione semiologica e decodifica psicologica del para-verbale. Entrambi sono l’incarnazione del concetto di glasnost, nell’accezione di “trasparenza”, che tutti abbiamo illusoriamente ed entusiasticamente abbracciato all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso.
Ecco, allora, la scelta di citare il “libro del Siracide” per fare una rapida riflessione sullo spettacolo offerto dall’incontro Trump-Zelensky (uno share così non l’ha mai avuto nemmeno il festival di Sanremo!) per poi passare ad un confronto tra le modalità di comunicazione adottate da Trump e quelle del presidente russo Putin.
Il “setaccio” dello pseudo-dialogo intercorso tra il paternalistico nonno Trump che redarguisce severamente Zelensky, nipote discolo e ingrato entrerà, anzi, è già entrato nella storia della comunicazione ed ha efficacemente scremato i rifiuti/difetti dei protagonisti, in particolare quelli di Trump. Zelensky, costretto all’angolo da un’aggressività verbale e posturale che certamente non faceva pensare ad un incontro tra capi di Stato, è riuscito solo ad accennare qualche obiezione di rimessa e ben poco ha potuto contro l’accoppiata Trump-Vance, altro elemento cardine del triumvirato stretto dal presidente americano con lui ed Elon Musk. E proprio l’intervento “a due” sovente adottato da Trump rappresenta un elemento di originalità.
La ricerca costante del “rinforzo” offerta ora da Musk, ora da Vance, che partecipano ai suoi interventi ufficiali con un ruolo che lo collocano come un primus inter pares è un elemento decisamente innovativo. L’atteggiamento è quello di un individuo che, senza esprimersi apertamente, dice all’interlocutore: “Parla pure senza meravigliarti e senza riserve, loro sono con me…”
Si tratta del modello “ras del quartiere con guardaspalle”, una forma di prevaricazione dove il potere del leader è sostanziato dai suoi principali accoliti. Se Trump da solo, segnatamente nell’incontro con Zelensky, ricorda il “nonno severo” sopra citato, il duo con il vicepresidente Vance sembra uscito da una puntata de I Soprano: due sgherri che, con fare intimidatorio, chiedono il pizzo – in questo caso da versare in terre-rare – alla vittima di turno.
A questo proposito, la faccenda delle terre-rare di cui l’Ucraina è ricca (non solo grano, dunque!) induce a una riflessione. Trump vuole i minerali. In tempi non sospetti, scrivevo dell’importanza che il litio riveste per la Russia, che non appartiene alle terre-rare, ma è pur sempre un minerale pregiato, anche per le sue applicazioni in ambito militare:
“Vogliamo partire da una lettura particolare delle ragioni dell’invasione dell’Ucraina dell’ostinazione con cui il Cremlino vuole a tutti i costi occupare il Donbass. In questo caso le motivazioni russe non vanno cercate nelle problematiche legate alla difesa della popolazione russofona nell’area, bensì alle sue risorse minerarie”1
Anche Putin vuole i minerali. Dunque, potrebbe non essere più un problema di identità nazionale, o, almeno, non solo.
L’altro aspetto interessante che emerge dal “setaccio” è proprio quello della modalità di gruppo, così diversa da quella dell’”uomo solo al comando” caratteristica di Putin.
Putin è un monarca assoluto, uno zar che tiene a distanza i membri del “cerchio magico” di cui si circonda, sempre e comunque.
A titolo esemplificativo, ricordiamo l’emblematica immagine di lui seduto ad un estremo di un lungo tavolo, che conferisce con il generale Valerij Gerasimov, capo di stato maggiore della Difesa della Federazione Russa e con Sergej Šojgu, all’epoca Ministro della Difesa, seduti uno accanto all’altro ad una notevole distanza dal presidente russo. Per non parlare di come tratta sistematicamente tutti coloro i quali, ancorché appartenenti all’inner circle, quando non mantengono il ruolo di yes-men a loro richiesto. I membri dell’establishment putiniano, a differenza di quello trumpiano, non hanno la dignità dei “pari d’Inghilterra”, ma sono solo dei portavoce.
In ogni caso, che si tratti di “leader con rinforzo” o di “leader solitari” l’approccio di questi autocrati si fonda sempre sull’etica del Marchese del Grillo interpretato dal grande Alberto Sordi.
Un elemento che, invece, accomuna il presidente degli Stati Uniti e quello russo è quello dell’adozione di forme di propaganda surreali, con cui si cerca di rendere accettabili contenuti evidentemente in contraddizione con la realtà e, generalmente inverosimili o antistorici.
Fino all’avvento di Trump, Putin ha rappresentato l’esempio paradigmatico del ricorso a queste tecniche di comunicazione, compresa la “negabilità plausibile”2, ben rappresentate dalla narrazione relativa alla “denazificazione” dell’Ucraina, per giustificare l’”operazione speciale” – guai a chiamarla “guerra” – o la missione divina intrapresa dalla Russia santificata dal patriarca ortodosso Kirill I, contro l’Occidente corrotto e latore di disvalori. Oggi l’auto-santificazione di Trump, sfuggito per volontà divina agli attentati durante la campagna elettorale, lo avvicina moltissimo al suo nuovo alleato, arrivando a fagli affermare che la Russia non ha invaso l’Ucraina e che Zelensky è un dittatore. Da oscar il videoclip di Gaz Vegas. Ciò che realmente conta è che ci sia un’audience pronta a recepire questi messaggi e a fare da cassa di risonanza dei loro contenuti.
Negli anni Settanta, passeggiando per le vie delle città, era frequente imbattersi nella scritta vergata sopra i muri: “Fuori l’Italia dalla Nato!” Per tanto tempo i fautori dell’ideologia filo-sovietica o, comunque, anti-americana, hanno auspicato se non il dissolvimento dell’Alleanza Atlantica, almeno l’allontanamento della nostra Penisola dalla area di influenza degli Stati Uniti. Ora non c’è più bisogno che coloro che ancora avversano con vigore l’ombrello militare americano si agitino più di tanto: ci sta pensando Trump a sfilarsi dall’Alleanza o, quantomeno, a metterla in discussione.
Quel che è certo è che, a prescindere da ciò Trump attuerà realmente e dall’onda lunga o meno che seguirà il termine del suo mandato, l’Europa deve imparare la lezione.
Mi unisco al coro lamentoso delle democrazie in sofferenza per evocare un’unità sia economica, sia relativa alla difesa comune. Soprattutto per una Difesa (con la maiuscola) comune. Una Difesa che, al netto, della partecipazione a stelle e strisce, veda i governi europei coesi qualora, in assenza del gatto americano, al topo russo non punga vaghezza di saggiare la reazione del mondo libero – e, pertanto, debole nell’accezione putiniana – cominciando con il condurre un’ “operazione speciale” nei Paesi Baltici, per proseguirla magari in Finlandia e, perché no, oltre il confine polacco, in attesa che qualcuno, al di là degli indignati proclami, non dimostri la pelle si vende a caro prezzo, come avvenuto in Ucraina. Già, in Ucraina, dove con buona pace dei pacifisti tout-court (perdonatemi il bisticcio) la resistenza e la volontà di combattere avevano poche speranze di prevalere, ma quantomeno hanno dimostrato che un’invasione non è una passeggiata di salute come Putin credeva (o gli yes-men gli hanno fatto credere).
L’aspetto più volgare di tutta la vicenda è il tradimento di una donna (l’Ucraina) dapprima aiutata a sfuggire ad uno stupratore (la Russia), a cui poi si chiede una prestazione sessuale (le terre-rare) in cambio dell’aiuto fornitole. E mentre lo si fa, le si sussurra anche all’orecchio che in fondo se l’è cercata.
1 N. Cristadoro, Il comparto militare-industriale russo ai tempi delle sanzioni. Il “gioco delle tre carte”, Difesa Online, 25/08/2022. https://www.difesaonline.it/geopolitica/analisi/il-comparto-militare-ind....
2 N. Cristadoro, Il principio della “negabilità plausibile” in Russia. I limiti della propaganda e gli errori dei servizi segreti del Cremlino, Difesa Online, 06/02/2025. https://www.difesaonline.it/mondo-militare/il-principio-della-negabilit%....
Immagini: The White House / Cremlino