La notizia di arresto e detenzione di Cecilia Sala presso le patrie galere della felice repubblica islamica dell'Iran, appartiene ormai alla cronaca passata.
Lungi dal partecipare i perché e i percome del fermo, se non che la reporter sembra aver contravvenuto in qualche modo alla legge islamica, l'Iran è riuscito a confermare la sua fama illiberale e di abile contravventore (lui si) di prassi e diritto internazionali, elastici elementi di concettualità spesso soggette a pericolose geometrie variabili.
Se trovasse facile conferma che il fermo operato verso Cecilia è stato frutto di una rivalsa per l'arresto di un cittadino iraniano coinvolto in reati di una certa gravità, lasciare libero detto cittadino creerebbe un precedente che renderebbe il nostro Paese, corretto esecutore della richiesta di arresto, facile preda di chiunque avesse modo di sequestrare un nostro connazionale pur di non conformarsi ad obblighi e leggi oltremodo scomode.
C'è da pensarci, come c'è da pensare che, forse, non è da stigmatizzare chi ha chiesto legittimamente l'arresto ma chi fraudolentemente e per rivalsa l'ha operato cercando religiosamente sui suoi codici una motivazione che non compende il poco credibile abigeato.
La libertà d'opinione è fondamentale, ed è giusto è sacrosanto reclamarla per Cecilia Sala come per tutti gli italiani indebitamente reclusi, compreso il troppo a lungo dimenticato Andrea Costantino. Non c'è quindi dubbio che sarebbe quanto mai attesa e auspicata una generale presa di posizione Vs il regime iraniano, del resto ben noto in circostanze come queste.
In cauda venenum; affetti orgogliosamente dalla sindrome del salmone ribelle, risaliamo come d'uso i fiumi placidi e andiamo controcorrente dissociandoci da chi lapida Cecilia Sala per opinioni espresse nel 2013 sulla querelle dei fucilieri di marina che, sia ben chiaro, abbiamo difeso e difenderemo sempre per ciò che sono e ciò che rappresentano. Quando Cecilia ha twittato con giovanile irruenza, da buona minorenne, forse non aveva ben chiare dinamiche più grandi e complesse. Del resto, chi può dirsi innocente e immune da colpe per quanto detto e fatto in adolescenza? Nessuno. Qualcuno nemmeno per cose dette o fatte nella cosiddetta e indefinita età della ragione, figurarsi.
Come voti augurali per l'imminente 2026 speriamo che Cecilia sia presto libera, che magari il diritto trovi soddisfatte le sue ragioni; che, magari, con occhi diversi e più saggi, anche le vicende coinvolgenti in altri tempi altre persone possano essere visti con altro animo, più umano e comprensivo.
Coraggio Cecilia!