Diamogli il saluto che meritano!

(di Andrea Cucco)
13/07/17

Scrivere da anni di difesa e geopolitica ci ha abituato a combattere la disinformazione - dalla semplice censura alla più spudorata manipolazione dei fatti - e a convivere con la relativa conseguenza: un'opinione pubblica “democraticamente” sviata. La distorsione dell'informazione può essere considerata oramai una forma d'arte, vista la complessità della regia: si fanno cadere governi, si infangano personalità, si controlla il comune sentire. L'informazione “domestica”, quella più direttamente a contatto con la pancia dei cittadini, da molti anni sembra orchestrata magistralmente.

Mi spiego. In un Paese in grave crisi economica, politica e soprattutto sociale, le notizie in prima pagina sembrano prodotte per distogliere l'attenzione dai veri problemi – irrisolti e spesso difficilmente irrisolvibili – della nazione. Presunti retroscena, screzi o pettegolezzi occupano spazi sproporzionati alla consistenza dei fatti. La battuta di un segretario di partito spesso prevale su questioni istituzionali e problematiche astratte non di rado fagocitano temi inerenti la vita dall’uomo comune.

La stessa superficialità con cui vengono affrontate questioni epocali, spesso disorientano noi comuni mortali, dando adito a luoghi comuni o interpretazioni distorte. È il caso dello Ius Soli, discusso dagli addetti ai lavori più con la logica di una chiacchiera da bar che con la cautela e la competenza che merita.

L’importante è distogliere. Sembra questa la parola d’ordine. Distogliere senza chiarezza. È una tecnica deliberata che serve a spostare l'attenzione dai problemi che la politica è incapace di affrontare.

A questo proposito ripescare un argomento che ha diviso intere generazioni può sempre far comodo: cosa meglio dunque della strumentalizzazione delle ideologie di destra e di sinistra?

A lungo gli italiani che “percepivano qualcosa di strano” sono stati divisi ed etichettati come fascisti o comunisti. A lungo sono stati disorientati facendo credere che l'antagonista per eccellenza fosse un saluto romano o un pugno chiuso socialista.

Credo fermamente che il significato di una mano alzata – aperta o chiusa – sia stato spesso solo il desiderio di rompere un equilibrio per cercare, in modi spesso anche discutibili, verità e giustizia. Per tutti.

In questi giorni, casualmente proprio quando i dati economici indicano un ulteriore rallentamento della nostra economia (!), si cerca di nuovo di mischiare il mazzo, creando questioni artificiose, ma in qualche modo comunque tese alla limitazione della libertà individuale, fosse anche solo quella di incazzarsi.

Forti di una tradizione e figli di un’epoca in cui compagni e camerati sono considerati nemici e non alleati naturali, forti di una tradizione in cui il pensiero non è quello del “disapprovo quello che dite, ma difenderò fino alla morte il vostro diritto di dirlo”, gli strateghi della politica confidano ancora nella soluzione più machiavellica: la divisione sociale favorirà comunque il potere garantendo stabilità alle poltrone e continuità politica.

Che fare dunque?

Subire l'ennesima presa per i fondelli indignandosi o compiacendosi per la limitazione della libertà d'espressione del pensiero altrui, oppure... trovare un'alternativa.

C'è un gesto antico che può oggi ben riassumere lo stato d'animo della stragrande maggioranza degli italiani. Un braccio levato che non può essere ancora bandito. Una manifestazione popolare di dissenso che potrebbe avere un significato chiaro: non ci caschiamo più, la misura è colma... e questo braccio non lo potete censurare!

Siate più furbi di loro e unitevi sotto un nuovo segno di protesta. Il tempo della resa dei conti arriverà. Prima o poi.

(nell'immagine dettaglio de "Pollice Verso", del pittore francese Jean-Léon Gérôme)