Considerazioni sulla parata a Pechino per i settant’anni della Cina comunista (oggi, ricca e di mercato)

(di David Rossi)
01/10/19

Mentre l’Occidente cazzeggia con Greta Thunberg e si fa dire in faccia quanto sia brutto e cattivo, la Cina festeggia i settant’anni dalla presa del potere da parte del partito comunista e mette al centro, come mai prima, la figura del nuovo Mao, Xi Jinping.

Il lettore che conosce un po’ di storia dell’Asia non si stupisce della crescita della Cina, negli ultimi quattro decenni: per ventuno secoli, tra la morte del primo imperatore Qin Shi Huang (210 a.C.) e la prima guerra dell’oppio (1839-1842) l’economia della Cina non è stata mai meno di un quinto, certe volte persino un terzo, di quella dell’intero pianeta. Le guerre civili e lo scellerato governo maoista avevano ridotto al lumicino tanta ricchezza: oggi, il Dragone è tornato ed è persino lontano dal suo autentico potenziale, se pensiamo che - a parità di potere d’acquisto - il PIL cinese attuale vale sì quanto quello di Stati Uniti e Giappone messi insieme, ma ancora meno del 20% di quello mondiale1. Un discorso analogo potrebbe farsi per il subcontinente indiano, ma questa è un’altra storia2

Ma torniamo alla parata che ha glorificato l’uomo che assomma in sé gli incarichi di Segretario generale del Partito comunista cinese, Presidente della Repubblica popolare di Cina e Presidente della Commissione militare centrale.

La stampa in Italia si è sprecata in commenti sulla prova di forza muscolare, sulla grandiosità dell’evento e sulla dimostrazione di unità e determinazione della leadership cinese.

Buongiorno, bellezza! Hai dormito bene?

Ti sei accorta solo adesso che non si tratta di un venditore di tappeti, né di un ricco scemo?

Che quando è venuto in Italia a farsi incensare dal governo gialloverde non era l’”amico Ping”3 ma “il padrone dei padroni”? Anzi, è il padrone effettivo della prima potenza economica del mondo, l’uomo al centro del più potente sistema di censura e sorveglianza di massa del globo, il secondo investitore in armamenti del pianeta4, colui che tira le leve di oltre venti trilioni di dollari tra banche statali e fondi sovrani, del padrone effettivo dell’economie di due terzi dell’Africa, del leader che combatte con gli USA la più grande guerra commerciale di tutti i tempi ecc.

Ecco, teniamo ben presente la potenza cinese e la sua strategia di asservimento, perché esiste il rischio che il mondo si spacchi di nuovo e siamo costretti, vista la debolezza della nostra leadership politico-economica, a fare una scelta di campo, di per sé contro natura (nel senso di “contro la nostra natura di Italiani”, portati al compromesso e alla mediazione in quanto nazione di commercianti).

A che cosa serve, poi, stupirsi per una simile prova di potenza? Meglio: a chi giova tale stupore?

La magnificenza della Città proibita era studiata, come l’evento dell’altro ieri, per impressionare ambasciatori e mercanti stranieri e farli tornare nei loro Paesi a riferire che il Regno di mezzo è imbattibile. Il messaggio è arrivato anche questa volta alle menti semplici, a chi lo voleva recepire come tale.

A voler essere più attenti, la parata cinese ci deve insegnare a non meravigliarci davanti allo sfoggio di forza: la Russia lo ha fatto ogni anno, anche nei momenti più bui della presidenza di Boris Eltsin. Casomai, deve farci capire che il centro del mondo si è spostato: il cuore del confronto non è più fra le sponde dell’Atlantico e l’Artico, ma nel Pacifico.

Insomma, tutto ora ha una lettura diversa… Quella che per noi è forza, per un cinese di Taiwan è minaccia. Quello che per noi è grandezza, per un americano è la sfida di Prometeo a Giove5. Quello che per noi è lotta per i diritti, per un giovane di Hong Kong è l’ultima disperata battaglia per non essere assimilato6,7.

Quello che per noi è una guerra commerciale, per la Cina è… Cavolo, per la Cina è un bel colpo, ma per Xi Jinping è davvero una brutta gatta, perché se il PIL cinese non cresce, il consenso cala e non permette di consolidare la presa del potere.

Per questo, una bella parata fa proprio comodo…

1 Ancora nel 1820, secondo Angus Maddison, il PIL cinese era il 32,8% di quello globale.

2 La crisi dell’economia indiana è più antica: per quasi 17 secoli i due giganti si erano contesi il primato fra le economie del mondo, producendo fra la metà e due terzi delle ricchezze del pianeta.

3 Parole dell’attuale ministro degli Esteri Luigi Di Maio, che allora forse non aveva cominciato a studiare l’inglese. E non aveva nessuno a suo fianco che lo consigliasse sui nomi cinesi…

4 Il budget cinese è meno della metà di quello degli USA, perché non devono proiettare la loro potenza militare globalmente, ma è comunque

5 Nei panni del dio mettono sé stessi… L’idea che la Cina li abbia superati in economia non li tocca.

6 Insomma, vivrebbe anche in un regime politico bloccato come Singapore, ma non certo in una dittatura pluto-comunista.

7 Il lettore penserà: l’ennesima rivoluzione pseudo-democratica sponsorizzata dagli Americani. Beh, da 40 secoli gli Stati più forti fanno ingerenze in quelli deboli. Così va il mondo, se vi pare…

Foto: Ministry of National Defense of the People's Republic of China