Per chi ha vissuto gli ultimi giorni con conoscenti in coda all'aeroporto di Kabul, quello che è accaduto ieri sarà un ricordo indelebile.
Ho personalmente insistito a lungo affinché rimanessero fermi, esattamente all’Abbey Gate, in attesa di una chiamata.
Hanno trascorso giorni sotto al sole, a lungo immersi in acque di scolo, per superare i talebani che avevano bloccato l’accesso all’aeroporto.
Sapere, due ore prima delle detonazioni, della chiusura dei varchi... per chi, come me, è certo che il "terrorismo" non esista, è stato l’innesco di un conto alla rovescia.
Non voler tuttavia annullare la speranza in persone che potevano essere prossime ad una chiamata mi ha impedito di dire “FUGGITE!!!”, ma solo di “mettere in guardia” da possibili e probabili attacchi dell’ISIS.
Apprendere dell’annientamento della folla in quella precisa area, per sette lunghe ore mi ha ucciso. Il telefono dei miei contatti in coda non rispondeva più e le prime immagini lasciavano poco da sperare…
A tarda sera, quando stavo inviando foto agli ospedali di Kabul, nella speranza che fossero solo feriti… “Stiamo bene!”
Oggi è un nuovo giorno, per me che torno a respirare, per loro che sono scampati, ma non per centinaia di afgani dilaniati o gravemente feriti.
Quelli che odio, profondamente, sono coloro che non hanno il coraggio di mettere al muro centinaia di persone ed aprire il fuoco. Preferiscono raggrupparle, avvicinarvi i propri uomini e donne (l'alibi!), e poi compiere la strage. Saranno i soliti “esperti in terrorismo" a busta paga ad assolverli... quelli che basta inventare un nome per far realizzare tomi di analisi, ricerche e biografie indimostrabili ma verosimili.
Il tutto per distogliere l’attenzione della gente dal pensiero più banale: a quale governo torna utile un attentato?
Si possono ancora far esplodere bombe e definirle “terremoto”?
Fotogramma: Twitter