Mentre il Marocco concede il “perdono reale” ad alcuni terroristi, l’Ue accusa gli eroi della resistenza contro il Califfato

(di Marco Valerio Verni)
29/08/17

Nella guerra al terrore qualcosa non va: mentre, all’indomani degli attentati di Barcellona e della cattura di uno dei (presunti) killer (il marocchino Younes Abouyaaqoub), proprio il re di Marocco, Mohammed VI, ha deciso di concedere il perdono reale (royal pardon) a quattrocentoquindici persone, di cui quindici condannate per terrorismo, senza alcuna reazione da parte di qualche leader europeo (per carità: l’atto in questione è interno ad uno Stato sovrano, ma ricomprendendo anche alcuni terroristi, forse, almeno per questi ultimi, qualche rimostranza politica si sarebbe potuta fare, anche avuto riguardo al contesto storico in cui esso sia stato posto in essere), il presidente del Consiglio italiano, Paolo Gentiloni, dal canto suo, preso atto che nessun Paese (quindi neanche l’Italia) possa ritenersi immune dal rischio attentati, si ostina però ad andare avanti con frasi che ormai suonano vuote e di comodo anche al più ottuso dei cittadini (“I terroristi non ci costringeranno a rinunciare alla nostra libertà”: al netto della paura delle persone, che è un parametro variabile e di difficile riscontro oggettivo, ci si domanda come poter definire, allora, i mezzi dell’esercito per strada, le barriere anti-schianto - c.d. Jersey - che circondano i siti più sensibili, e via dicendo, se non, invece, proprio come una “rinuncia” - necessaria, data la situazione - alle libertà, anche solo avuto riguardo alla deturpazione estetica che ne deriva - il riferimento è alle barriere) ed a sposare politiche (vedasi, ad esempio, quella di riformare - semplificandola nelle modalità - la normativa sulla cittadinanza, con particolare riguardo al c.d. ius soli) a dir poco non opportune in questo momento storico.

Proprio al riguardo, un fugace cenno merita un articolo comparso a giugno scorso sul “The Guardian” (v. link), nel quale, tra i motivi secondo cui l’Italia, fino ad oggi, sia rimasta esente da attacchi terroristici vi è, oltre alla abilità ed esperienza acquisita da polizia e intelligence italiane negli anni di lotta a terrorismo e mafie, e la mancanza, fortunatamente, di enormi periferie di tipo parigino (territori difficili da controllare), anche il fatto che, nel nostro Paese, non sia presente un’ampia popolazione di immigrati di seconda generazione, dotati di cittadinanza e, quindi, più facili da tenere sotto sorveglianza.
Ma, soprattutto, al netto di queste considerazioni, continua a stupire, al riguardo, la politica estera dell’Unione Europea che lo scorso 17 luglio - fatto poco pubblicizzato dalle cronache - ha deciso (Council Implementing Decision –Cfsp- 2017/1341of 17 July 20171) di imporre sanzioni contro sedici (presunti, amo aggiungere, da giurista) persone, tra ufficiali e studiosi siriani (“In view of the gravity of the situation in Syria, in particular the use by the Syrian regime of chemical weapons and its involvement in chemical weapons proliferation, 16 persons should be added to the list of natural and legal persons, entities or bodies subject to restrictive measures in Annex I to Decision 2013/255/CFSP”), con l’accusa di aver preso parte, a vario titolo, ad alcuni attacchi chimici nel paese ai danni della popolazione civile. Ebbene, tra i nuovi iscritti nella lista annessa alla 2013/255/CFSP2 (“concerning restrictive measures against Syria”), risulta anche il generale dei paracadutisti Issam Zahreddine, comandante della roccaforte siriana di Deir Ezzor,che, proprio in questi giorni (v. articolo), dopo ben cinquanta mesi di assedio ininterrotto, è al centro di un intenso attacco da parte delle milizie jihadiste che, spinte dall’avanzata dell’esercito regolare, sono letteralmente incalzate e costrette ad ammassarsi tutte intorno all’Eufrate, dove probabilmente avverrà la madre di tutte le battaglie.

Limitandosi ad analizzare la posizione del generale Zahreddine, la decisione del Consiglio UE in questione, che è scaturita a seguito di apposita proposta dell’Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini (foto), in realtà, sembra carente di una valida motivazione, non suffragata non solo da un benché minimo paniere probatorio, ma neanche da un insieme di indizi che possano far ritenere presuntivamente colpevole il diretto interessato.

Tra le “Reasons”, infatti, è scritto che il suddetto (Sig. Zahreddine), sarebbe implicato nella violenta repressione contro la popolazione civile, compreso l’assedio di Baba Amr nel Febbraio 2012 (“Holds the rank of Brigadier General, a senior officer in the Republican Guard, in post after May 2011. As a senior military officer he is responsible for the violent repression against the civilian population, including during the siege of Baba Amr in February 2012”): non si conoscono, però, né i dettagli di una simile accusa, nè le prove, come detto, su cui essa si basi.

Quel che pare certo, è che il militare in questione sia da sempre uno dei maggiori combattenti contro il Califfato, avendo peraltro inflittogli numerose sconfitte.

Se dei crimini sono stati commessi, da parte del suddetto, è chiaro che ne debba esser chiamato a rispondere, ma nelle sedi opportune e con le dovute garanzie che spettano ad ogni imputato; senza contare che, senza nulla voler giustificare, è anche vero, però, che la storia è piena di esempi nei quali si sia preferito soprassedere ad alcuni fatti quando commessi da persone che, al dunque, hanno contributo a sconfiggere o distruggere mali considerati in quel momento peggiori. E, comunque, dato il contesto, l’Unione Europea non sembra aver brillato per tempismo od opportunità politica per quanto fatto.

La procedura

Come si evince dal testo normativo della Decisione 2013/255/Pesc del Consiglio del 31 maggio 2013 (relativa, come già sopra detto, a misure restrittive nei confronti della Siria), gli Stati membri possono adottare una serie di misure contro le persone fisiche e giuridiche responsabili della repressione violenta contro la popolazione civile in Siria: tra di esse, oltre al divieto di vendita del petrolio, il congelamento di alcuni investimenti ed asset della banca centrale di Damasco detenuti dalla stessa UE, la cessazione di collaborazioni sul piano commerciale e tecnologico, quelle di cui al Capo VII, rubricato “Restrizioni all’ammissione”, art. 27, co. 1, secondo cui “Gli Stati membri adottano le misure necessarie per impedire l’ingresso o il transito nel loro territorio delle persone responsabili della repressione violenta contro la popolazione civile in Siria, delle persone che traggono vantaggio dal regime o lo sostengono, nonché delle persone ad esse associate, elencate nell’allegato I”, e quelle di cui al Capo VIII (“Congelamento di fondi e risorse economiche”), art. 28, co. 1, a mente del quale “Sono congelati tutti i fondi e le risorse economiche appartenenti, posseduti, detenuti o controllati dalle persone responsabili della repressione violenta contro la popolazione civile in Siria, dalle persone o dalle entità che traggono vantaggio dal regime o lo sostengono, nonché dalle persone e dalle entità ad esse associate, elencate negli allegati I e II”.

L’iscrizione delle persone nelle liste di cui ai predetti allegati avviene da parte del Consiglio stesso, che delibera su proposta di uno Stato membro o dell'alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza (art. 30, co. 1: “The Council, acting upon a proposal by a Member State or the High Representative of the Union for Foreign Affairs and Security Policy, shall establish and amend the lists in Annexes I and II”).

Successivamente, il Consiglio dovrà trasmettere la sua decisione (sull'inserimento nell'elenco e relativi motivi - vedasi, su questi ultimi - quanto affermato all’art. 31, co.1, secondo cui “Annexes I and II shall include the grounds for listing the persons and entities concerned”) alla persona o all'entità interessata, direttamente in caso sia noto l'indirizzo, o mediante la pubblicazione di un avviso, in caso contrario, dando alla stessa (persona o entità) la possibilità di presentare osservazioni (art. 30, co. 2: “The Council shall communicate its decision on listing, including the grounds therefor, to the person or entity concerned, either directly, if the address is known, or through the publication of a notice, providing such person or entity with an opportunity to present observations”).

Insomma, tra un assedio e l’altro, il generale in questione dovrà trovare il tempo di controllare la Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea (“Official Journal of the European Union”), sempre che qualche solerte postino, superando i miliziani dell’Isis, non sia, nel frattempo, riuscito ad entrare a Deir Ezzor, per portare la preziosa decisione nelle mani dell’imputato o, a quanto pare, del già condannato.

1http://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=uriserv:OJ.L_.2017.18...

2http://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/?uri=CELEX:32017D1341

(foto: web / EUNAVFOR MED)