Dopo Strade Sicure, i militari di nuovo in campo contro il Coronavirus

(di Avv. Marco Valerio Verni)
28/03/20

Milano, Bari, Palermo: queste alcune delle principali città in cui sono già impiegati i militari dell’Esercito, messi in campo in questi giorni per aiutare la forze dell’ordine a garantire il rispetto delle norme previste per contrastare l’ormai tristemente famoso Covid-19, in particolare quelle riguardanti i divieti di spostamento (con le relative eccezioni).

Ma, i luoghi in cui saranno chiamati, sono destinati a crescere, essendo essi richiesti sempre più a gran voce, non solo da diversi sindaci, presidenti di Regione ed autorità varie, ma, soprattutto, da molti cittadini, che si augurano di vederli presto per le strade, a tutela di norme previste per la salute pubblica, in un momento di grave pericolo, non solo per l’Italia, ma per il mondo intero.

Con buona pace di chi, forse paventando nella sua testa il pericolo, per il nostro Paese, di una qualche dittatura, forse perché allergico di suo all’uniforme, continui a vedere come uno spettro questa possibilità, ignorando, peraltro, che essa sia già da tempo una rassicurante realtà, a seguito dell’operazione “Strade Sicure”, attiva già dal 2008, dai cui contingenti, già addestrati, verrà attinto gran parte del personale per questo nuovo impiego.

La domanda che sorge spontanea è, allora, riguardo a quali compiti saranno chiamati i militari in questione e quali saranno i loro “poteri” (le virgolette sono d’obbligo, per non aumentare l’allarme negli scettici e paurosi di cui sopra).

Ebbene, proprio come già avviene per la missione Strade Sicure più sopra ricordata1, costoro potranno, al pari delle forze di Polizia, procedere ad una serie di atti che, normalmente, non gli competerebbero, essendo chiaramente altre le loro funzioni.

Lo prevede la legge 5 marzo 2020, n. 13 di conversione del decreto legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante "Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19".

L’art. 3, punto 5) della suddetta, infatti, recita che “Il Prefetto, informando preventivamente il Ministro dell’interno, assicura l’esecuzione delle misure avvalendosi delle Forze di polizia e, ove occorra, delle Forze armate, sentiti i competenti comandi territoriali. Al personale delle Forze armate impiegato, previo provvedimento del Prefetto competente, per assicurare l’esecuzione delle misure di contenimento di cui agli articoli 1 e 2 è attribuita la qualifica di agente di pubblica sicurezza”.

Il nodo centrale è l’attribuzione, ad essi, della qualifica di agenti di pubblica sicurezza: in virtù di ciò, essi potranno, in buona sostanza, eseguire posti di blocco, identificare persone da segnalare alle autorità competenti e perquisirle, se necessario, restando naturalmente prerogativa delle forze di Polizia procedere ad eventuali arresti e fermi ed alle indagini giudiziarie.

Per altro verso, acquisito, di conseguenza, anche lo status di pubblici ufficiali2, potranno, pure loro, divenire soggetti passivi di alcuni reati, tra cui quelli di “oltraggio a pubblico ufficiale” ( art. 341 bis c.p.), “violenza o minaccia a pubblico ufficiale” (art. 336 c.p.), “resistenza a pubblico ufficiale” (337 c.p. ), potendo, soprattutto in quest’ultimo caso, utilizzare, in casi estremi, non solo le armi3, ma anche le manette, da intendersi non come strumento teso a “limitare la libertà personale” derivante dall’arresto (per il quale, come detto, rimangono competenti le sole forze di Polizia) ma di autodifesa contro i violenti4.

In nessun caso potranno, i militari, procedere all’arresto?

Fermo quanto detto più sopra, è da sottolineare che, teoricamente, i militari impiegati ai sensi della normativa richiamata, potrebbero procedere comunque ad un eventuale arresto ai sensi dell’articolo 383 c.p.p. (arresto da parte del privato): infatti, nei casi previsti dall’art. 380 c.p.p. “ogni persona è autorizzata a procedere all’arresto in flagranza, quando si tratta di delitti perseguibili d’ufficio”, potendosi avvalere, peraltro, sia dell’ausilio di comuni cittadini sia, nel caso di pattuglie nelle stazioni (metropolitane, treni, etc.), di quello delle Guardie Particolari Giurate (più comunemente conosciute come guardie giurate), le quali, in virtù dell’art. 139 T.U.L.P.S., “sono obbligati ad aderire a tutte le richieste ad essi rivolte dagli ufficiali o dagli agenti di pubblica sicurezza5.

Gli altri impieghi

I militari italiani, oltre che in affiancamento alle forze dell’ordine, già dall’inizio dell’emergenza legata al Coronavirus, sono (stati) impiegati, in realtà, anche in altri ambiti. Il ministero della Difesa, infatti, dopo aver curato il rientro di alcuni cittadini dello Stivale dalla Cina, mettendo a disposizione le capacità di trasporto in bio-contenimento e le strutture per il conseguente periodo di osservazione, ha inviato numerosi medici e infermieri militari di Esercito, Marina Militare, Aeronautica Militare e Carabinieri a supporto di diversi ospedali civili ed allestito, ad oggi, due ospedali da campo a Piacenza ed a Crema.

Senza considerare, inoltre, l’impiego anche del Corpo Militare della Croce Rossa Italiana, al momento impegnato, in particolare, in attività di biocontenimento.

1 L’art. 7 bis della Legge del 24 luglio 2008, n. 125, istitutiva della missione in questione, stabilisce, infatti, al comma 3, che: “Nell'esecuzione dei servizi di cui al comma , il personale delle Forze armate non appartenente all'Arma dei carabinieri agisce con le funzioni di agente di pubblica sicurezza e può procedere alla identificazione e alla immediata perquisizione sul posto di persone e mezzi di trasporto a norma dell'articolo 4 della legge 22 maggio 1975, n. 152, anche al fine di prevenire o impedire comportamenti che possono mettere in pericolo l’incolumità di persone o la sicurezza dei luoghi vigilati, con esclusione delle funzioni di polizia giudiziaria. Ai fini di identificazione, per completare gli accertamenti e per procedere a tutti gli atti di polizia giudiziaria, il personale delle Forze armate accompagna le persone indicate presso i più vicini uffici o comandi della Polizia di Stato o dell'Arma dei carabinieri. Nei confronti delle persone accompagnate si applicano le disposizioni dell'articolo 349 del codice di procedura penale”.

2 Vedasi l’art. 357 c.p. secondo cui: “Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa. Agli stessi effetti è pubblica la funzione amministrativa disciplinata da norme di diritto pubblico e da atti autoritativi e caratterizzata dalla formazione e dalla manifestazione della volontà della pubblica amministrazione o dal suo svolgersi per mezzo di poteri autoritativi o certificativi”.

3 Vedasi l’art. 53 c.p., rubricato “Uso legittimo delle armi”: “(…) non è punibile il pubblico ufficiale che al fine di adempiere ad un dovere del proprio ufficio, fanno uso, ovvero ordinano di far uso delle armi o di altro strumento di coazione fisica, quando vi sono costretti dalla necessità di respingere una violenza o di vincere una resistenza all’Autorità e comunque di impedire la consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona. La stessa disposizione si applica a qualsiasi persona che, legalmente richiesta dal pubblico ufficiale, gli presti assistenza. La legge determina gli altri casi, nei quali è autorizzato l'uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica”.

5 L’art. 139 T.U.L.P.S. recita, per intero, che: “Gli uffici di vigilanza e di investigazione privata sono tenuti a prestare la loro opera a richiesta dell'autorità di pubblica sicurezza e i loro agenti sono obbligati ad aderire a tutte le richieste ad essi rivolte dagli ufficiali o dagli agenti di pubblica sicurezza o di polizia giudiziaria”.

Foto: Esercito Italiano