Conflitto russo-ucraino: “do and don’t” secondo il diritto di guerra

(di Avv. Marco Valerio Verni)
10/03/22

Il Procuratore della Corte Penale Internazionale, in un suo statement del 2 marzo scorso1, ha annunciato che aprirà delle indagini su eventuali crimini di guerra commessi sul suolo ucraino a seguito dell'invasione russa.

Tale decisione è stata resa possibile anche grazie alla denuncia2, al momento, di 39 Stati parte del Trattato Istitutivo del suddetto organo giudiziario, inviata al predetto (Procuratore Internazionale) tramite lettera congiunta3.

In realtà, tale indagine sarà molto difficile e, probabilmente, troverà molti ostacoli di natura innanzitutto procedurale.

Intanto, come agisce la Corte Penale Internazionale?

Essa si attiva secondo tre modalità4:

1) risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite;

2) iniziativa, appunto, del Procuratore presso la stessa;

3) denuncia di singoli Stati.

Nel caso di specie, scartata la prima ipotesi, dal momento che, per la sua effettiva percorribilità, si sarebbe dovuto avere il voto unanime dei Paesi membri permanenti dello stesso Consiglio di Sicurezza, tra cui, però, vi sarebbe la stessa Russia (che, chiaramente, avrebbe posto il veto), la strada che si sta tentando sarebbe quella risultante dalla sommatoria delle due altre vie di cui sopra.

Competenza

Nel caso di specie, teoricamente, non avendo né la Russia né l’Ucraina aderito al suddetto Trattato, istitutivo della Corte Penale Internazionale, quest'ultima non potrebbe giudicare dei crimini eventualmente commessi nel relativo conflitto: in pratica, però, tale possibilità, seppur con delle limitazioni, sembra poter rivivere poiché l’Ucraina, dapprima nel 2014 (allorquando ha attivato la giurisdizione della Corte Penale Internazionale tramite la procedura speciale prevista dall’art. 12(3) del relativo Statuto e dall’art. 44 delle cosiddette “Rules of Procedure and Evidence, secondo cui uno Stato non membro può, tramite una formale dichiarazione depositata presso la Cancelleria della Corte, accettare la competenza della stessa relativamente ai reati previsti dall’art. 5 e cooperare con essa senza ritardo e senza eccezioni), dipoi nel 2015 (allorquando, in data 8 settembre di quell’anno, il governo ucraino ha inviato al predetto tribunale una seconda dichiarazione) ha accettato, sostanzialmente, la giurisdizione della Corte in oggetto a partire dal 20 febbraio 2014 e senza un termine temporale finale.

Qualche possibile crimine da investigare

Il primo di essi, sarebbe potuto essere, naturalmente, quello di aggressione, previsto dall'art. 8 bis del suddetto (Trattato), introdotto a Kampala del 2010, secondo cui:

1. Ai fini del presente Statuto, 'per crimine di aggressione' s’intende la pianificazione, la preparazione, l’inizio o l’esecuzione, da parte di una persona in grado di esercitare effettivamente il controllo o di dirigere l’azione politica o militare di uno Stato, di un atto di aggressione che per carattere, gravità e portata costituisce una manifesta violazione della Carta delle Nazioni Unite del 26 giugno 1945.

2. Ai fini del paragrafo 1, 'per atto di aggressione' s’intende l’uso della forza armata da parte di uno Stato contro la sovranità, l’integrità territoriale o l’indipen­denza politica di un altro Stato, o in qualunque altro modo contrario alla Carta delle Nazioni Unite. Indipendentemente dall’esistenza di una dichiarazione di guerra, in conformità alla risoluzione 3314 (XXIX) dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite del 14 dicembre 1974, i seguenti atti sono atti di aggressione:

a) l’invasione o l’attacco da parte di forze armate di uno Stato del territorio di un altro Stato o qualunque occupazione militare, anche temporanea, che risulti da detta invasione o attacco o qualunque annessione, mediante l’uso della forza, del territorio di un altro Stato o di parte dello stesso;

b) il bombardamento da parte delle forze armate di uno Stato contro il territorio di un altro Stato o l’impiego di qualsiasi altra arma da parte di uno Stato contro il territorio di un altro Stato;

c) il blocco dei porti o delle coste di uno Stato da parte delle forze armate di un altro Stato;

d) l’attacco da parte delle forze armate di uno Stato contro le forze armate terrestri, navali o aeree di un altro Stato o contro la sua flotta navale o aerea;

e) l’utilizzo delle forze armate di uno Stato che si trovano nel territorio di un altro Stato con l’accordo di quest’ultimo, in violazione delle condizioni stabilite nell’accordo, o qualunque prolungamento della loro presenza in detto territorio dopo il termine dell’accordo;

f) il fatto che uno Stato permetta che il suo territorio, messo a disposizione di un altro Stato, sia utilizzato da quest’ultimo per commettere un atto di aggressione contro uno Stato terzo;

g) l’invio da parte di uno Stato, o in suo nome, di bande, gruppi, forze irrego­lari o mercenari armati che compiano atti di forza armata contro un altro Stato di gravità tale da essere equiparabili agli atti sopra citati o che parte­cipino in modo sostanziale a detti atti”.

Orbene, generalmente parlando, in base all’art. 12 dello Statuto di Roma, la competenza sui presunti responsabili dei crimini di competenza della Corte si esercita sulla base di due criteri, tra loro alternativi: o quello territoriale (accettazione della competenza della corte da parte dello Stato sul cui territorio il presunto crimine sarebbe stato commesso) o quello nazionale (accettazione della competenza della Corte da parte dello Stato di nazionalità del presunto autore).

Per il crimine di aggressione, però, sempre nel 2010, gli Stati Uniti vollero aggiungere una condizione, circa la sua procedibilità, ossia quella dell’ulteriore consenso dello Stato nazionale del sospetto responsabile: che, in questo caso, sarebbe quello della Federazione Russa e, dunque, altamente improbabile se non, addirittura, impossibile da ottenere.

Ciò a differenza degli altri tre crimini previsti dall’art. 5 dello Statuto della Corte Penale Internazionale, sui quali potranno, invece, svolgersi indagini a tutto campo e che, nello specifico, sono:

  1. crimine di genocidio5;

  2. crimini contro l'umanità6;

  3. crimini di guerra7.

Più nello specifico, poi, potranno essere perseguiti i crimini afferenti al diritto internazionale umanitario, detto anche diritto dei conflitti armati o diritto della guerra (ius in bello): secondo quest'ultimo, che costituisce una branca del diritto internazionale (che andrebbe a valutare, invece, lo "ius ad bellum"), nella conduzione delle ostilità devono, o dovrebbero essere rispettate alcune norme e diversi principi in assenza dei quali si sarebbe in presenza di crimini, appunto, perseguibili dalla comunità internazionale (dallo Stato di appartenenza di colui che li abbia commessi, da altri Stati, secondo il principio della giurisdizione universale, o dalla stessa Corte Penale Internazionale per avocazione, secondo l'altro principio- detto di complementarietà- dell'"aut dedere aut iudicare").

Orbene, prendendo spunto da qualche notizia diffusa dalla stampa, si può affermare che:

  1. quanto alla popolazione civile8, essa non può costituire oggetto di azioni militari, a patto, però, che essa non partecipi alle ostilità: di conseguenza, per fare un esempio pratico, la persona che, nascondendo sotto il cappotto una bomba molotov, dovesse poi lanciarla contro un carro armato nemico, potrebbe, da una parte, incorrere in una violazione del diritto di guerra, dall'altro, e perciò stesso, esporsi al rischio di poter-a quel punto legittimamente- diventare un bersaglio e, in caso di cattura, non essere salvaguardata dalle apposite norme previste al riguardo dalle Convenzioni di Ginevra.

Diverso sarebbe, il discorso, ove la popolazione suddetta si organizzasse in corpi di resistenza gerarchicamente strutturati: in quel caso, ove i relativi membri si conformassero ai requisiti di appartenenza, visibilità e rispetto del diritto internazionale umanitario, andranno, allora sì, considerati veri e propri combattenti legittimi, con tutte le conseguenze (positive) del caso.

  1. Quanto alle armi in genere, ed a quelle, in particolare, termobariche9, di cui pure si sarebbe ventilato un uso da parte di una delle parti in causa, vi è da dire che, generalmente parlando, l'uso dei mezzi e dei metodi di guerra capaci di causare mali superflui o sofferenze inutili è certamente proibito. In buona sostanza, sono vietate quelle armi che possano provocare quanto appena riportato, ed in questo contesto potrebbero rientrare, sempre in riferimento all'esempio concreto, quelle termobariche, alla cui esplosione, la relativa onda d'urto può durare molto più a lungo di un esplosivo convenzionale ed essere in grado di vaporizzare i corpi umani.

  2. Riguardo l’uso dei c.d. droni10, essi, ormai, sono largamente utilizzati, sia per scopi di ricognizione ed acquisizione obiettivi sia, all'occorrenza, per vere e proprie operazioni “combat”.

Ebbene, i principi da tenere in considerazione sono i medesimi per le armi classiche: possono essere colpiti solo obiettivi militari, e non i beni civili.

Nel caso di azioni contro singoli ("uccisioni mirate"), devono essere evitati gli effetti collaterali, ossia, principalmente, l'uccisione di civili, anche accidentale. Essa potrebbe essere ammessa solo se, in concreto, il vantaggio militare ottenuto dall'aver colpito il bersaglio (militare) principale fosse così importante e necessario da poter far accettare eventuali perdite civili, appunto, che sarebbero da contenere comunque al minimo.

  1. Quanto alla protezione e salvaguardia dei Beni Culturali11, essi, in linea generale, godono di una protezione "ad hoc", garantita dalla Convenzione del 1954 e da alcune norme di diritto consuetudinario, valevoli, quindi, per tutti.

Nelle operazioni militari, dunque, occorre che le forze in campo si adoperino per evitare danni ai monumenti religiosi, di arte, scienza, educazione o carità e ai monumenti storici, a meno che essi non siano obiettivo militare (perché utilizzati, magari, dall’esercito nemico o dai movimenti di resistenza o dalla stessa popolazione civile- che si troverebbero a violare, a loro volta, dunque, lo stesso diritto internazionale umanitario-, quale “base” per operazione belliche) e, se di grande importanza per il patrimonio culturale dei popoli, non devono essere comunque oggetto di attacco tranne che per necessità militare imperativa.

La potenza occupante, peraltro, è tenuta a prevenire l’illecita esportazione di beni culturali dal territorio occupato e deve garantire che quelli illecitamente esportati vengano riconsegnati alle competenti autorità del territorio occupato.

  1. Per quanto concerne l’attacco a centrali elettriche12 e stazioni radiotelevisive, occorre dire che, tra gli obiettivi militari, rientrano anche i beni “dual use”, ossia quelli che, pur destinati all’utilizzo da parte della popolazione civile, possono sostenere lo sforzo bellico del nemico.

Tra di essi, devono certamente essere annoverati i depositi di petrolio, i porti e gli aeroporti, le stazioni radiotelevisive, le centrali telefoniche, gli impianti di produzione elettrica, le vie di comunicazione e trasporto. A patto, però, che il loro danneggiamento o la distruzione non sia teso al mero affamamento della popolazione civile.

  1. Da ultimo, ma non avendo certamente esaurito la copiosa elencazione delle situazioni che potrebbero capitare o che già sono capitate nella guerra commento, un cenno occorre doverosamente farlo agli importanti corridoi umanitari ed ai soccorsi: all’uopo, bisogna ricordare che le parti in conflitto devono autorizzare e facilitare il rapido e libero passaggio dei soccorsi umanitari per la popolazione civile, mentre questi ultimi, dal canto loro, devono avere carattere imparziale, ed essere condotti senza alcuna distinzione; possono essere soggetti a controllo, ma al relativo personale deve essere assicurata la libertà di movimento che potrà, al contrario, essere temporaneamente limitata solo in caso di necessità militare imperativa.

Da quanto detto, si evince che, al di là degli aspetti politici, vi sono, poi, quelli giuridici che, in maniera neutrale, riguardano, o dovrebbero riguardare, tutte le parti in causa, senza partigianeria: perché, altrimenti, non potrebbe che tornare alla mente la domanda che poneva S. Agostino, secondo cui “Se non è rispettata la giustizia, che cosa sono gli Stati se non delle grandi bande di ladri?”

E, naturalmente, l’interrogativo sarebbe valido, nel caso, erga omnes.

  

4 Articolo 13 dello Statuto della Corte Penale Internazionale, Condizioni di procedibilità: “La Corte può esercitare il proprio potere giurisdizionale su uno dei crimini di cui all'articolo 5, secondo le disposizioni del presente Statuto, se:

uno Stato Parte, in conformità dell'articolo 14, segnala al Procuratore una situazione nella quale uno o più di tali crimini appaiono essere stati commessi;

il Consiglio di Sicurezza, nell'ambito delle azioni prevedute dal capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, segnala al Procuratore una situazione nella quale uno o più di tali crimini appaiono essere stati commessi; oppure

il Procuratore ha aperto un'indagine su uno o più di tali crimini, in forza dell'articolo 15”.

5 Articolo 6 dello Statuto della C.P.I., Crimine di genocidio: “Ai fini del presente Statuto, per crimine di genocidio s'intende uno dei seguenti atti commessi nell'intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, e precisamente:
  • uccidere membri del gruppo;

  • cagionare gravi lesioni all'integrità fisica o psichica di persone appartenenti al gruppo;

  • sottoporre deliberatamente persone appartenenti al gruppo a condizioni di vita tali da comportare la distruzione fisica, totale o parziale, del gruppo stesso;

  • imporre misure volte ad impedire le nascite in seno al gruppo;

  • trasferire con la forza bambini appartenenti al gruppo ad un gruppo diverso”.

6 Articolo 7 dello Statuto della C.P.I., Crimini contro l'umanità: “Ai fini del presente Statuto, per crimine contro l'umanità s'intende uno degli atti di seguito elencati, se commesso nell'ambito di un esteso o sistematico attacco contro popolazioni civili, e con la consapevolezza dell'attacco:
  • Omicidio;

  • Sterminio;

  • Riduzione in schiavitù;

  • Deportazione o trasferimento forzato della popolazione;

  • Imprigionamento o altre gravi forme di privazione della libertà personale in violazione di norme fondamentali di diritto internazionale;

  • Tortura;

  • Stupro, schiavitù sessuale, prostituzione forzata, gravidanza forzata, sterilizzazione forzata e altre forme di violenza sessuale di analoga gravità;

  • Persecuzione contro un gruppo o una collettività dotati di propria identità, inspirata da ragioni di ordine politico, razziale, nazionale, etnico, culturale, religioso o di genere sessuale ai sensi del paragrafo 3, o da altre ragioni universalmente riconosciute come non permissibili ai sensi del diritto internazionale, collegate ad atti preveduti dalle disposizioni del presente paragrafo o a crimini di competenza della Corte;

  • Sparizione forzata delle persone;

  • Apartheid;

  • Altri atti inumani di analogo carattere diretti a provocare intenzionalmente grandi sofferenze o gravi danni all'integrità fisica o alla salute fisica o mentale.

Agli effetti del paragrafo 1:

Si intende per “attacco diretto contro popolazioni civili” condotte che implicano la reiterata commissione di taluno degli atti preveduti al paragrafo 1 contro popolazioni civili, in attuazione o in esecuzione del disegno politico di uno Stato o di una organizzazione, diretto a realizzare l'attacco;

per “sterminio” s'intende, in modo particolare, il sottoporre intenzionalmente le persone a condizioni di vita dirette a cagionare la distruzione di parte della popolazione, quali impedire l'accesso al vitto ed alle medicine;

per “riduzione in schiavitù” s'intende l'esercizio su una persona di uno o dell'insieme dei poteri inerenti al diritto di proprietà, anche nei corso del traffico di persone, in particolare di donne e bambini a fini di sfruttamento sessuale;

per “deportazione o trasferimento forzato della popolazione” s'intende la rimozione delle persone, per mezzo di espulsione o con altri mezzi coercitivi, dalla regione nella quale le stesse si trovano legittimamente, in assenza di ragione prevedute dal diritto internazionale che lo consentano;

per “tortura” s'intende l'infliggere intenzionalmente gravi dolori o sofferenze, fisiche o mentali, ad una persona di cui si abbia la custodia o il controllo; in tale termine non rientrano i dolori o le sofferenze derivanti esclusivamente da sanzioni legittime, che siano inscindibilmente connessi a tali sanzioni o dalle stesse incidentalmente occasionati;

per “gravidanza forzata” s'intende la detenzione illegale di una donna resa gravida con la forza, nell'intento di modificare la composizione etnica di una popolazione o di commettere altre gravi violazioni del diritto internazionale. La presente definizione non può essere in alcun modo interpretata in maniera tale da pregiudicare l'applicazione delle normative nazionali in materia di interruzione della gravidanza;

per “persecuzione” s'intende la intenzionale e grave privazione dei diritti fondamentali. in violazione del diritto internazionale, per ragioni connesse all'identità del gruppo o della collettività;

per “apartheid” s'intendono gli atti inumani di carattere analogo a quelli indicati nelle disposizioni del paragrafo 1, commessi nel contesto di un regime istituzionalizzato di oppressione sistematica e di dominazione da parte di un gruppo razziale su altro o altri gruppi razziale, ed al fine di perpetuare tale regime;

per “sparizione forzata delle persone” s'intende l'arresto, la detenzione o il rapimento delle persone da parte o con l'autorizzazione, il supporto o l'acquiescenza di uno Stato o organizzazione politica, che in seguito rifiutino di riconoscere la privazione della libertà o di dare informazioni sulla sorte di tali persone o sul luogo ove le stesse si trovano, nell'intento di sottrarle alla protezione della legge per un prolungato periodo di tempo.

Agli effetti del presente Statuto con il termine “genere sessuale” si fa riferimento ai due sessi, maschile e femminile, nel contesto sociale. Tale termine non implica alcun altro significato di quello sopra menzionato”.

7 Articolo 8 dello Statuto della C.P.I., Crimini di guerra: “La Corte ha competenza a giudicare sui crimini di guerra, in particolare quando commessi come parte di un piano o di un disegno politico, o come parte di una serie di crimini analoghi commessi su larga scala.

Agli effetti dello Statuto, si intende per “crimini di guerra”:

gravi violazioni della Convenzione di Ginevra del 12 agosto 1949, vale a dire uno dei seguenti atti posti in essere contro persone o beni protetti dalle norme delle Convenzioni di Ginevra:

omicidio volontario;

tortura o trattamenti inumani, compresi gli esperimenti biologici;

cagionare volontariamente grandi sofferenze o gravi lesioni all'integrità fisica o alla salute;

distruzione ed appropriazione di beni, non giustificate da necessita militari e compiute su larga scala illegalmente ed arbitrariamente;

costringere un prigioniero di guerra o altra persona protetta a prestare servizio nelle forze armate di una potenza nemica;

privare volontariamente un prigioniero di guerra o altra persona protetta del suo diritto ad un equo e regolare processo;

deportazione, trasferimento o detenzione illegale;

cattura di ostaggi.

Altre gravi violazioni delle leggi e degli usi applicabili, all'interno del quadro consolidato del diritto internazionale, nei conflitti armati internazionali, vale a dire uno dei seguenti atti:

dirigere deliberatamente attacchi contro popolazione civili in quanto tali o contro civili che non prendano direttamente parte alle ostilità;

dirigere deliberatamente attacchi contro proprietà civili e cioè proprietà che non siano obiettivi militari; .

dirigere deliberatamente attacchi contro personale, installazioni materiale, unità o veicoli utilizzati nell'ambito di una missione di soccorso umanitario o di mantenimento della pace in conformità della Carta delle Nazioni Unite, nella misura in cui gli stessi abbiano diritto alla protezione accordata ai civili ed alle proprietà civili prevedute dal diritto internazionale dei conflitti armati;

lanciare deliberatamente attacchi neIIa consapevolezza che gli stessi avranno come conseguenza la perdita di vite umane tra la popolazione civile, e lesioni a civili o danni a proprietà civili ovvero danni diffusi, duraturi e gravi all'ambiente naturale che siano manifestamente eccessivi rispetto all'insieme dei concreti e diretti vantaggi militari previsti;

attaccare o bombardare con qualsiasi mezzo, città, villaggi, abitazioni o costruzioni che non siano difesi e che non costituiscano obiettivi militari;

uccidere o ferire combattenti che, avendo deposto le armi o non avendo ulteriori mezzi di difesa, si siano arresi senza condizioni;

fare uso improprio della bandiera bianca, della bandiera o delle insegne militari e dell'uniforme del nemico o delle Nazioni Unite nonché degli emblemi distintivi della Convenzione di Ginevra, cagionando in tal modo la perdita di vite umane o gravi lesioni personali;

il trasferimento, diretto o indiretto, ad opera della potenza occupante, di parte della propria popolazione civile nei territori occupati o la deportazione o il trasferimento di tutta o di parte della popolazione del territorio occupato all'interno o all'esterno di tale territorio;

dirigere intenzionalmente attacchi contro edifici dedicati al culto, all'educazione, all'arte, alla scienza o a scopi umanitari, a monumenti storici, a ospedali e luoghi dove sono riuniti i malati ed i feriti, purché tali edifici non siano utilizzati per fini militari;

assoggettare coloro che si trovano in potere del nemico a mutilazioni fisiche o ad esperimenti medici o scientifici di qualsiasi tipo, non giustificati da trattamenti medici delle persone coinvolte né compiuti ne; loro interesse, che cagionano la morte di tali persone o ne danneggiano gravemente la salute;

uccidere o ferire a tradimento individui appartenenti alla nazione o all'esercito nemico;

dichiarare che nessuno avrà salva la vita;

distruggere o confiscare beni del nemico, a meno che la confisca o la distruzione non siano imperativamente richieste dalle necessità della guerra;

dichiarare aboliti, sospesi od improcedibili in giudizio diritti ed azioni dei cittadini della nazione nemica;

costringere i cittadini della nazione nemica, anche se al servizio del belligerante prima dell'inizio della guerra, a prendere parte ad operazioni di guerra dirette contro il proprio paese;

saccheggiare città o località, ancorché prese d'assalto;

utilizzare veleno o armi velenose;

utilizzare gas asfissianti, tossici o aItri gas simili e tutti i liquidi, materiali e strumenti analoghi;

utilizzare proiettili che si espandono o si appiattiscono facilmente all'interno del corpo umano, quali i proiettili con l'involucro duro che non ricopre interamente la parte centrale o quelli perforati ad intaglio;

utilizzare armi, proiettili, materiali e metodi di combattimento con caratteristiche tali da cagionare lesioni superflue o sofferenze non necessarie, o che colpiscano per loro natura in modo indiscriminato in violazione del diritto internazionale dei conflitti armati a condizione che tali mezzi siano oggetto di un divieto d'uso generalizzato e rientrino tra quelli elencati in un allegato al annesso al presente Statuto, a mezzo di un emendamento adottato in conformità delle disposizioni in materia contenute negli articoli 121 e 123.

violare la dignità della persona, in particolare utilizzando trattamenti umilianti e degradanti;

stuprare, ridurre in schiavitù sessuale, costringere alla prostituzione o alla gravidanza, imporre la sterilizzazione e commettere qualsiasi altra forma di violenza sessuale costituente violazione grave delle Convenzioni di Ginevra;

utilizzare la presenza di un civile o di altra persona protetta per evitare che taluni siti, zone o forze militari divengano il bersaglio di operazioni militari;

dirigere intenzionalmente attacchi contro edifici, materiali personale ed unità mezzi di trasporto sanitari che usino, in conformità con il diritto internazionale, gli emblemi distintivi preveduti dalle Convenzioni di Ginevra;

affamare intenzionalmente, come metodo di guerra, i civili privandoli dei beni indispensabili alla loro sopravvivenza, ed in particolare impedire volontariamente l'arrivo dei soccorsi preveduti dalle Convenzioni di Ginevra;

reclutare o arruolare fanciulli di età inferiore ai quindici anni nelle forze armate nazionali o farli partecipare attivamente alle ostilità;

In ipotesi li conflitto armato non di carattere internazionale, gravi violazioni dell'articolo 3 comune alle quattro Convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949, vale a dire uno degli atti di seguito enumerati, commessi contro coloro che non partecipano direttamente alle ostilità, ivi compresi i membri delle Forze Armate che hanno deposto le armi e coloro persone che non sono in grado di combattere per malattia, ferite, stato di detenzione o per qualsiasi altra causa:

Atti di violenza contro la vita e l'integrità della persona, in particolare tutte le forme di omicidio, le mutilazioni, i trattamenti crudeli e la tortura;

violare la dignità personale, in particolare trattamenti umilianti e degradanti;

prendere ostaggi;

emettere sentenze ed eseguirle senza un preventivo giudizio, svolto avanti un tribunale regolarmente costituito che offre tutte le garanzie giudiziarie generalmente riconosciute come indispensabili.

Il capoverso c) del paragrafo 2 si applica ai conflitti armati non di carattere internazionale e non si applica quindi a situazioni interne di disordine e tensione quali sommosse o atti di violenza sporadici o isolati di natura analoga.

Altre gravi violazioni gravi delle leggi e degli usi applicabili, all'interno del quadro consolidato del diritto internazionale, nei conflitti armati non di carattere internazionale, vale a dire uno dei seguenti atti:.

dirigere deliberatamente attacchi contro popolazioni .civili in quanto tali o contro civili che non prendano direttamente parte alle ostilità;

dirigere intenzionalmente attacchi contro edifici materiali, personale ed unità e mezzi di trasporto sanitari, che usino in conformità con il diritto internazionale gli emblemi distintivi preveduti dalle Convenzioni di Ginevra;

dirigere deliberatamente attacchi contro personale, installazioni, materiale, unità o veicoli utilizzati nell'ambito di una missione di soccorso umanitario o di mantenimento della pace in conformità della Corte delle Nazioni Unite, nella misura in cui gli stessi abbiano diritto alla protezione accordata ai civili ed alle proprietà civili prevedute dal diritto internazionale dei conflitti armati;

dirigere intenzionalmente attacchi contro edifici dedicati al culto, all'educazione, all'arte, alla scienza o a scopi umanitari, monumenti storici, ospedali e luoghi dove sono riuniti i malati ed i feriti purché tali edifici non siano utilizzati per fini militari;

saccheggiare città o località, ancorché prese d'assalto

stuprare, ridurre in schiavitù sessuale, costringere alla prostituzione o alla gravidanza, imporre la sterilizzazione e commettere qualsiasi altra forma di violenza sessuale costituente violazione grave delle Convenzioni di Ginevra;

reclutare o arruolare fanciulli di età inferiore ai quindici anni nelle forze armate nazionali o farli partecipare attivamente alle ostilità;

disporre un diverso dislocamento della popolazione civile per ragioni correlate al conflitto, se non lo richiedano la sicurezza dei civili coinvolti o inderogabili ragioni militari;

uccidere o ferire a tradimento un combattente avversario;

dichiarare che nessuno avrà salva la vita

assoggettare coloro che si trovano in potere dell'avversario a mutilazioni fisiche o ad esperimenti medici o scientifici di qualsiasi tipo, non giustificati da trattamenti medici delle persone interessate né compiuti nel loro interesse, che cagionano la morte di tali persone o ne danneggiano gravemente la salute,

distruggere o confiscare beni dell'avversario, a meno che la confisca o la distruzione non siano imperativamente richieste dalle necessità del conflitto;

D capoverso e) del paragrafo 2 si applica ai conflitti armati non di carattere internazionale e pertanto non si applica alle situazioni di tensione e di disordine interne, quali sommosse o atti di violenza isolati e sporadici ed altri atti analoghi. Si applica ai conflitti armati che si verificano nel territorio di uno Stato ove si svolga un prolungato conflitto armato tra le forze armate governative e gruppi armati organizzati, o tra tali gruppi.

Nulla di quanto contenuto nelle disposizioni del paragrafo 2, capoversi c) e d) può avere incidenza sulle responsabilità dei governi di mantenere o ristabilire l'ordine pubblico all'interno dello Stato o di difendere l'unità e l'integrità territoriale dello Stato con ogni mezzo legittimo”.