La notizia apparsa su alcuni organi di stampa nei giorni scorsi, riguardante la condanna di un carabiniere che, secondo quanto ivi riportato, avrebbe, nel febbraio dello scorso anno, mostrato l’arma di ordinanza a due ragazze, delle quali aveva evidentemente “attirato l’attenzione”, consentendo loro di maneggiarla e di scattare delle foto con i cellulari, offre l’occasione per trattare del reato di “omessa custodia delle armi” che, come si vedrà dalla copiosa giurisprudenza della Corte di Cassazione in materia, può concretizzarsi in variegate condotte commissive od omissive.
Tale fattispecie criminosa è stata disciplinata dal Legislatore già a partire dal 1930, allorquando venne prevista nel codice penale italiano che, all’art. 702 (rubricato “Omessa custodia di armi”), così stabiliva: “È punito con l'ammenda fino a lire duecentomila chiunque, anche se provveduto della licenza di porto d'armi:
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consegna o lascia portare un'arma a persona di età minore dei quattordici anni, o a qualsiasi persona incapace o inesperta nel maneggio di essa;
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trascura di adoperare, nella custodia di armi, le cautele necessarie a impedire che alcuna delle persone indicate nel numero precedente giunga a impossessarsene agevolmente;
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porta un fucile carico in un luogo ove sia adunanza o concorso di persone”.
Tale disposizione fu in seguito espressamente abrogata dall’art. 9, co. 2, del d.l. 13 Maggio 1991, n. 152 (“Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata”), successivamente convertito nella legge 12 Luglio 1991, n. 2013, il quale ha regolato la materia introducendo l’art. 20 bis nella L. 18 aprile 1975, n. 110, che così recita:
“Chiunque consegna a minori degli anni diciotto, che non siano in possesso della licenza dell'autorità, ovvero a persone anche parzialmente incapaci, a tossicodipendenti o a persone imperite nel maneggio, un'arma fra quelle indicate nel primo e secondo comma dell'articolo 2, munizioni o esplosivi diversi dai giocattoli pirici è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con l'arresto fino a due anni.
Chiunque trascura di adoperare, nella custodia delle armi, munizioni ed esplosivi di cui al comma 1 le cautele necessarie per impedire che alcuna delle persone indicate nel medesimo comma 1 giunga ad impossessarsene agevolmente, è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda fino a lire due milioni.
Si applica la pena dell'ammenda da lire trecentomila a lire un milione quando il fatto di cui al primo comma è commesso:
a) nei luoghi predisposti per il tiro, sempre che non si tratti dell'esercizio consentito di attività sportiva;
b) nei luoghi in cui può svolgersi l'attività venatoria.
Quando i fatti di cui ai commi precedenti riguardano le armi, le munizioni o gli esplosivi indicati nell'articolo 1 o armi clandestine, la pena e' della reclusione da uno a tre anni”.
Dal tenore letterale della norma testè riportata, appare innanzitutto evidente che esso sia un reato “comune” (ossia che può essere commesso da chiunque: quindi, non solo da appartenenti alle forze dell’ordine, come nel caso da cui si è tratto spunto) e di natura contravvenzionale (per il quale, cioè, è prevista la pena dell’arresto e/o dell’ammenda ex art. 17 c.p.), il che lo rende “procedibile d’ufficio” e, stante la pena prevista, di competenza del Tribunale monocratico.
La “ratio” ad esso sottesa mira alla tutela della incolumità pubblica, attraverso la prevenzione di più gravi reati contro la sicurezza comune in generale, che possano derivare, appunto, dall’omessa custodia di un’arma e dalle possibili conseguenze di una simile condotta: a tal riguardo, ha ben argomentato la Corte di Cassazione, secondo cui “Il reato di omessa custodia di armi (art. 20 bis L. n. 110 del 1975) è un reato di mera condotta e di pericolo che si perfeziona per il solo fatto che l'agente non abbia adottato le cautele necessarie, sulla base di circostanze da lui conosciute o conoscibili con l'ordinaria diligenza, indipendentemente dal fatto che una delle persone indicate dalla norma incriminatrice – minori, soggetti incapaci, inesperti o tossicodipendenti – sia giunta a impossessarsi dell'arma o delle munizioni, in quanto è necessario che, sulla base di circostanze specifiche, l'agente possa e debba rappresentarsi l'esistenza di una situazione tale da richiedere l'adozione di cautele specifiche e necessarie per impedire l'impossessamento delle armi da parte di uno dei soggetti indicati. (V Sezione Penale, sentenza 7 dicembre 2007, n. 45964).
In virtù di quanto detto, è chiara la necessità di una valutazione caso per caso delle singole fattispecie di volta in volta sottoposte al vaglio di un processo penale, potendo esse tra di loro differire per le dinamiche, sfumature e circostanze1 che, come documentato da numerose altre pronunce della stessa Corte, creano orientamenti spesso discordanti: così, se da una parte si è arrivati a stabilire che “Ai fini della sussistenza del reato previsto dall’art. 20 bis comma secondo della L. 18.4.1975 n. 110, è sufficiente la semplice omissione delle cautele, a nulla rilevando la mancata effettiva apprensione delle armi da parte dei soggetti indicati nel comma precedente dello stesso articolo, tanto evincendosi dalla lettera e dalla ratio della norma incriminatrice, intesa a realizzare una tutela anticipata del bene protetto” (ex pluribus: Cass. Sez. pen. I 21 gennaio 2004 n. 1809; Cass. I, 4 maggio 2004 n. 20950), dall’altra, in un’ottica meno restrittiva, si è affermato che “Ai fini della sussistenza del reato previsto dall’art. 20 bis comma secondo della L. 18.4.1975 n. 110, (omessa adozione delle cautele necessarie nella custodia delle armi, munizioni ed esplosivi) è sufficiente la semplice omissione delle cautele commisurate alla diligenza dell’uomo medio e proporzionate al pericolo che la norma intende scongiurare quale si presenta nel caso concreto. Ne consegue che la custodia dell’arma all’interno di un mobile ed in un ambiente nella particolare disponibilità del legittimo detentore (nella specie: nella camera da letto) va ritenuta cautela adeguata non richiedendo la norma incriminatrice né l’effettivo impossessamento da parte dei soggetti indicati nel comma precedente dello stesso articolo né l’adozione di precauzioni atte a precludere in modo assoluto a costoro l’impossessamento” (Cfr. cass. Pen. Sez. I, 15 marzo 2004 n. 12295).
Insomma, anche se è vero che una sentenza del 1999 abbia stabilito che “In tema di armi, per l’integrazione del reato di cui all’art. 20 bis, secondo comma non è sufficiente la mera possibilità che taluna delle persone suindicate si impossessi delle armi, munizioni ed esplosivi lasciati incustoditi, in quanto è necessario l’effettivo impossessamento di esse da parte dei detti soggetti.
La mera possibilità che i soggetti entrino in possesso di armi ed esplosivi lasciati alla loro portata per mancanza di diligenza ricade, invece, nella disciplina dettata in termini generali dall’art. 20 comma primo prima parte della L. 110/75. (Cfr. Cass. Sez. Pen. I, 3 dicembre 1999 n. 13894), si può affermare con una certa sicurezza che, in linea di massima, tuttavia, viga il divieto di “lasciare in giro le armi”, restando al buon senso di qualsiasi possessore di esse il tenerle lontane da eventuali pericoli di sorta. Un concetto, questo, che, nonostante l’apparente ovvietà, non ha impedito il verificarsi di episodi di grossolana negligenza al riguardo, se è vero- come è vero- che gli Ermellini sono stati costretti addirittura a dover sentenziare che “Integra gli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 20 bis della legge 110/75 la custodia in una stanza soggiorno frequentata da bambini, di alcune armi all’interno di un mobile con le ante di vetro che rendono ben visibile il contenuto e con la chiave del mobile posta sullo stesso in posizione ben visibile ed accessibile” (Cass. Pen. Sez. V, 1 marzo 2005 n. 07573).
Per questo tipo di reato, come già accennato, non sono consentite le misure pre-cautelari dell'arresto e del fermo, così come tutte le altre misure cautelari personali, mentre sono applicabili quelle di natura “reale” del sequestro preventivo (art. 321 c.p.p.) o probatorio (art. 354 c.p.p.).
Quanto al regime sanzionatorio ed alle possibili soluzioni, occorre dire che mentre nell'ipotesi di cui ai commi 2 e 3 è ammissibile l'oblazione (discrezionale - o speciale - ex art. 162 bis c.p., per il primo; semplice, ex art. 162 c.p., per il terzo), con conseguente estinzione del reato, medesima possibilità non è invece prevista per le restanti fattispecie descritte, per le quali occorrerà obbligatoriamente proseguire con le vie ordinarie del processo (con eventuale richiesta, in questo caso, di riti alternativi).
1 Vedasi quanto affermato da E. Mori, “Codice delle armi e degli esplosivi”, ed. sesta, pag. 484: “La Cassazione non si è mai posta il problema di ricollegare queste norme con altre che regolano la detenzione e l’uso delle armi e quindi ha più volte affermato che l’art. 20 della L. 110 del 1975 indica genericamente un dovere di massima diligenza senza specificare, in concreto, il suo contenuto”.
(foto: Arma dei Carabinieri)