"Videre nec videri", dietro il lavoro dell’acquisitore

(di Denise Serangelo)
19/04/16

Quando si arriva a Livorno e ci si addentra nel quartiere del comando della brigata Folgore sembra che qualsiasi militare che si incroci sia uguale al precedente. 

Gli abitanti della zona non ci fanno nemmeno più caso, convivono con due caserme e per loro l’urlo “Folgore” segna l’inizio della mattinata. 
Qualche basco amaranto però presenta delle differenze che per gli occhi pigri di chi si è abituati a vederli quotidianamente non è percepibile. 

Davanti al comando brigata, come dei buoni vicini di caserma, sorge il 185° reggimento Ricognizione Acquisizione Obiettivi poco conosciuto spesso confuso ma mai come ora essenziale alla vita operativa della forza armata.

Il RAO rappresenta gli occhi e le orecchie del Comando Forze Speciali dell’Esercito (COMFOSE), nei teatri operativi, svolge compiti delicati e spesso sottovalutati da chi vede nell’Esercito un mero gioco di armi e strategie.

Dall’Afghanistan ai moderni scenari operativi il reggimento ha sempre rappresentato l’eccellenza e la volontà di rappresentare questo Paese come simbolo di professionalità e umana comprensione.

Il colonnello Maurizio Fronda, comandante del reggimento, ha accettato di parlarci di com’è la vita e la storia di un acquisitore per fare finalmente luce e chiarezza.

Comandante, il reggimento acquisizione obbiettivi ha una storia ricca di avvenimenti e di momenti importanti da cui deriva gran parte della modernità del reggimento. Potrebbe spiegarci come siete arrivati ai nostri giorni?

Il 185° reggimento è sempre stato un luogo particolare, perché nel corso della sua storia ha ricoperto un ruolo esclusivo nell’ambito della forza armata.
Dagli anni ‘60 dopo la ricostituzione dei paracadutisti, il 185° era da considerarsi "artiglieria paracadutista" con un ruolo di unione unica tra fanteria ed artiglieria.
Durante gli anni ’90 abbiamo la trasformazione della forza armata in tutte le sue parti, anche noi veniamo investiti dal cambiamento e iniziamo ad operare in un settore sempre più importante per gli scenari contemporanei: l'osservazione del settore artiglieria.
Questa nuova disciplina che si stava costituendo era composta principalmente da ufficiali e truppa il cui compito era di vedere dove i colpi sparati dall’artiglieria andavano a cadere e in una fase successiva di dare indicazioni per migliorarne l’efficienza.
A queste unità dedite all'osservazione dei colpi d’artiglieria fu assegnato il nome di "distaccamento" con capacità di operare in zone semi permissive e in qualsiasi scenario praticabile dall’uomo.
Il compito non era solo quello di osservare obbiettivi e la bontà del tiro per l'artiglieria ma divenne, nel corso del tempo, un’osservazione dedicata a qualsiasi tipo di target fosse assegnato e che la forza armata ritenesse opportuno osservare.
Oggi, con l’evolversi degli scenari e con un clima di sempre maggior asimmetricità dei conflitti, anche il nostro reggimento si sta specializzando in operazioni da svolgersi in contesti urbani.

Il vostro comando è da poco passato sotto il COMFOSE, avete avuto un cambiamento nel vostro lavoro quotidiano e nel vostro modo di gestire il reggimento?

Sicuramente il passaggio sotto il COMFOSE è un grosso passo avanti per il reggimento, la lungimiranza della forza armata nell’accorpare quei reparti con particolari compiti è stato importante non solo al fine di amalgamare e coordinare meglio il lavoro di tutti.
Il nostro per esempio, era un ruolo importante e particolare all’interno di qualsiasi contesto.
Possiamo lavorare bene sia con le forze speciali sia con quelle convenzionali perché i nostri assetti ci permettono di coprire un vasto spettro di operazioni ad alto, medio e basso rischio.

Anche nel vostro caso l’economia non è un punto da sottovalutare, il transito ha giovato alle casse del reggimento oppure non avete subito alcun cambiamento?

Il trattamento economico che interessa il nostro reggimento è sicuramente in un regime di specialità, non perché ci sia qualcosa di migliore in noi ma solo perché le esigenze operative richiedono un maggior intervento economico.
Dedicandoci ad operazioni di vario genere che non si racchiudono in un solo scenario operativo il reggimento deve disporre di strumenti e tecnologie adatte a coprire queste esigenze.
Purtroppo queste strumentazioni hanno un costo, talvolta oneroso, devono avere determinate caratteristiche tecnologiche e determinate funzioni perché siano efficienti.
Essendoci un comando congiunto la spesa per ogni reggimento afferente al COMFOSE viene spesa e gestita da coloro che hanno una visione più globale delle necessità economiche ed operative, un vantaggio nell’ottimizzazione delle spese.

Comandante, abbiamo parlato di tecnologia, chi vi vede da fuori immagina i reparti speciali imbottiti di strumentazioni all’avanguardia e complesse con cui si può fare quasi tutto. Com’è il vostro rapporto con la tecnologia e in che modo ha influito ed influenzato il vostro lavoro?

Nella nostra storia abbiamo da sempre avuto una grossa unione tra passato e presente, quello che oggi ci contraddistingue dal passato è soprattutto la tecnologia che utilizziamo per assolvere ai compiti che ci sono richiesti.
Nonostante la tecnologia sia sempre più presente e si insinua in molti aspetti della vita del soldato, per noi l’Uomo rimane sempre il punto di contatto e la nostra forza più grande, se la tecnologia fallisce è l’uomo che deve tornare a casa ed assolvere alla missione.
Quello che è importante che si comprenda è che non è attraverso la tecnologia che il nostro operatore può fare il suo lavoro, sicuramente è un valido aiuto ed un valore aggiunto ma non possiamo basare tutto su questo aspetto.
I nostri uomini devono prendere delle decisioni, fare valutazioni cosa che una macchina non può fare se non attraverso delle telecamere con cui inoltrare le immagini.
Prendere una decisione delicata attraverso uno schermo è più complesso ed asettico, mentre i nostri operatori possono dare quell’apporto umano che riduce il rischio di danni collaterali quasi a zero, aspetto fondamentale nella modernità attuale.

All’interno della stessa forza armata in molti hanno difficoltà a distingue gli "acquisitori" dagli "esploratori", soprattutto perché non è ben chiara la differenza tra i due ruoli. Potrebbe aiutarci a spiegare in cosa consiste un lavoro rispetto all’altro?

Gli esploratori sono truppe che agiscono in avanguardia al grosso delle forze convenzionali, sono fatte arrivare poco prima dell’arrivo massiccio delle unità preposte all’operazione perché possano dare una chiara idea di come sia la situazione sul terreno all’arrivo dei colleghi.
E’ un lavoro importante che si occupa soprattutto di obbiettivi tattici ed operativi mai di obiettivi strategici. Noi lavoriamo ben prima dell’inizio della movimentazione, abbiamo un lavoro di pianificazione attento e molto lungo, ciò non esclude una collaborazione tra le nostre parti e quelle esploranti.
Entrambe hanno un ruolo di osservazione ma con caratteristiche ben diverse che vanno sviluppate in momenti distinti della fase di pianificazione e di operazione.
Gli esploratori possono aiutarci ad avere un quadro più completo della situazione prima di inviare le aliquote convenzionali, un lavoro di cesello che aumenti la base conoscitiva del territorio e delle forze nemiche che vi operano.
L’altro aspetto da non sottovalutare è sicuramente quello dell’addestramento, che si diversifica per intensità e compiti.
Noi siamo in grado di gestire una situazione sempre in continuo mutamento e con uno spettro di minaccia generalizzato, copriamo tutti gli ambienti operativi e dobbiamo farlo al meglio.
La preparazione fisica deve essere continua e non deve mancare la forza di volontà e la resilienza questi soldati del 185° non devono solo tenersi fisicamente attivi ma una volta svolta l’attività devono anche prendere decisioni ponderate per il livello informativo richiesto.
La stanchezza e lo stress decisionale potrebbero influire se non fossero adeguatamente addestrati.

Su questo ultimo punto immagino puntiate molto, l’addestramento è la chiave per la vostra efficienza. Può parlarcene, come si forma un acquisitore?

L’acquisitore si forma in due fasi.
La prima dura dalle 14 alle 15 settimane e si svolge al RAFOS (Reparto Addestrativo Forze Operazioni Speciali) presso la caserma del 9° Reggimento d’Assalto Paracadutisti Col Moschin, qui a tutti viene dato un punto di partenza comune.
Si svolgono le attività a livello tattico non solo per impartire le lezioni concrete ma anche per testare il grado di motivazione che deve caratterizzare il lavoro futuro.
Il salto dell’operatore per operazioni speciali dalla vita normale a quella più spiccatamente operativa caratterizzata da compiti particolari deve essere una scelta fortemente voluta e desiderata, cosa che si evince in queste settimane al rafos.
La fase di specializzazione per il nostro lavoro dura circa un anno e mezzo e si passa dalla fase di addestramento ambientale in quasi tutte le condizioni – permissive e non – all’attivazione di sorgenti di fuoco di qualsiasi genere.
E’ una formazione completa che riguarda anche la terza dimensione con i lanci in TCL e le operazioni con le truppe aviotrasportate.
Una nuova parte riguarda le attività di comparto che sono caratterizzanti le nostre attività di acquisitori.
Questi anni di addestramento non servono solo a farci comprendere cosa stiamo per andare a fare nel concreto ma è un momento anche di dura riflessione personale.
Molti lasciano perché si rendono conto che la dedizione richiesta è molto alta e il sacrificio anche nei confronti della famiglia è importante.
Per noi è una selezione necessaria anche se dura perché alla fine arrivano solo quelli veramente portati e motivati a mettersi in gioco e a lavorare nel modo richiesto.

Le condizioni psicoattitudinali immagino siano fondamentali per assolvere a compiti delicati come il vostro.
Quali sono le caratteristiche caratteriali a voi richieste e come si sente di spiegarle a chi non ha mai visto il vostro lavoro?

Bisogna premettere che il lavoro dell’acquisitore è un lavoro di pazienza, dunque le condizioni psicoattitudinali sono fondamentali per poter operare.
Uno degli aspetti che bisogna tenere in considerazione è sicuramente la forza di volontà e la passione che ci spinge a fare questo tipo di lavoro, bisogna comprendere intimamente perché lo stiamo facendo e qual è l’utilità di questo mestiere.
Utilità verso la Patria, verso la missione o verso i compagni basta che si abbia uno scopo e che lo si persegua con tutti noi stessi.
La pazienza è la virtù principe dell’acquisitore perché è un lavoro di attesa e di osservazione, non siamo così dinamici come in fase addestrativa, in operazione si osserva e si prendono decisioni.

Abbiamo parlato di come operato se le cose vanno bene ma essendo un mestiere a contatto ravvicinato con il nemico potreste essere coinvolti in uno scontro, come rispondete alla minaccia?

Anche in questo caso è necessaria la premessa quando l’acquisitore inizia un’attività esiste un lavoro particolarmente accurato che lo precede.
Nella fase di pianificazione esistono tutta una serie di nozioni ed informazioni che vengono utilizzate per non incorrere nel rischio di essere visti dal nemico una volta nelle vicinanze.
Ovviamente per quanto si possa pianificare una missione nel dettaglio il caso ha una sua componente importante dunque anche noi operiamo con dei piani di contingenza assodati.
Qualora dovesse capitare che la controparte osservata si renda conto della nostra presenza e decida di affrontarci abbiamo tutti gli elementi per rispondere a tale minaccia ma cosa ancora più importante siamo in grado di esfiltrare rapidamente. Qualora dovesse accadere esistono piani di contingenza appositamente studiati nella fase di pianificazione perché vengano messi in pratica nel momento in cui ci si trova ad affrontare una minaccia o una crisi di qualche tipo.
Ciononostante l’abbandono della missione e l’ingaggio diretto della minaccia sono opzioni che teniamo in considerazione che sappiamo affrontare ma che cerchiamo di limitare.
L’assolvimento del compito è quello che ci preme portare a termine e prima e durante l’operazione lavoriamo per poter portare a casa le informazioni che ci sono state richieste.

Coloro che agiscono nell’ombra vedendo senza essere visti creano una famiglia intorno a sé, si adattano ai posti più impervi per essere gli occhi e le orecchie di chi verrà dopo di loro.
Nel silenzio e nell’oscurità da qualche parte nel mondo un operatore del 185° reggimento acquisizione obbiettivi sta scrutando il prossimo target che ancora non sa di essere tale.