Un faro illumina la nuova rotta tra Italia e Somalia

(di Denise Serangelo)
18/09/15

Alberto Alpozzi prima del 2011 scattava fotografie nella sua bella Torino, professionista apprezzato e docente brillante della Facoltà di Architettura ha deciso di raccontare la vita di chi porta una divisa e il loro lavoro.

La prima volta nel 2011 il nostro fotografo approda in Afghanistan con la Brigata Sassari, prima, e con la Taurinense, dopo. Successivamente Libano e Kosovo ed infine salpa con una nave della marina militare direzione Golfo di Aden, missione antipirateria.

Io e Alberto condividiamo una innata e smodata passione per una terra tanto lontana quanto tumultuosa: la Somalia.

Una terra, la Somalia, che ha regalato ad Alberto un pezzo di Storia meraviglioso della nostra Italia: la Storia del Faro di Guardafui.

Il faro viene immortalato per la prima volta dopo decenni, proprio durante l'imbarco con i ragazzi del San Marco impegnati nella missione Atalanta. Era solo un puntino, su una vetta affacciata sul mare.
Se sia stato un colpo di fulmine oppure destino non ci è dato sapere ma da quel momento Alberto smuove mari e monti per trovare tutto quello che è possibile su quel faro che lo ha così tanto colpito.

Il Faro Guardafui è una creatura misteriosa e altrettanto introvabile, il lavoro di ricerca dura due anni, nei quali da fotografo, Alberto, si trasforma in ricercatore.

Fino al 1941 le terre su cui sorge il faro erano italiane. Riecheggiano ancora nell’aria le spedizioni di fine ’800 dei primi esploratori che si avventurarono in queste regioni sconosciute, anni prima che imparassimo la parola “colonialismo”.

Qui migliaia di italiani vissero, lavorarono, combatterono, costruirono, studiarono e insegnarono, si sposarono e vi morirono.

Il Faro si presenta come una grande torre alta 20 metri a forma di fascio littorio.
Certo, trovare un gigantesco fascio littorio che funge da faro in piena Africa suscita qualche domanda la prima di tutte è: come è possibile?

La fama del promontorio africano che si erge a 244 metri sul livello del mare, dividendo l’oceano Indiano dal mar Rosso, affonda le sue radici nella notte dei tempi quando il Capo (Ras) era chiamato dagli arabi “Ras Asir” dove la parola asir aveva due significati: prigionia e tristezza. Si indicava con queste due parole la probabilità di essere catturati dai predoni somali in caso di naufragio e alla tristezza delle disavventure che si incontravano in quel luogo.

Il problema dei naufragi in prossimità del Corno d'Africa essendo da sempre, com'è tutt'oggi, un crocevia di traffici internazionali da e per l'Oriente pose dunque la necessità della realizzazione di un faro utile a proteggere la navigazione. Una necessità tanto più sentita dopo l'apertura del canale di Suez, avvenuta il 17 novembre 1869.

Nel 1889 la Migiurtinia, la regione più a nord della Somalia, corrispondente al Corno d'Africa, diviene protettorato del Regno d'Italia.

Ed è proprio all'Italia che si dovrà l'interruzione dei millenari naufragi e saccheggi presso il famigerato capo con la realizzazione nel 1924, dopo 50 anni di questioni internazionali, del faro di Guardafui. Oggi, non più funzionante e dimenticato nel continente africano, risulta essere il più alto fascio littorio esistente al mondo.

L'Italia aveva già indiscutibilmente messo in piedi un ponte di collaborazione in una terra difficile come quella somala, un ponte che pare non essersi mai interrotto.

Quest'anno la storia del faro Guardafui viene pubblicata e il successo è immenso. La prima edizione del libro " Il faro di Mussolini " è finita in poco più di tre mesi.
Un libro dal titolo provocatorio ma che non deve trarre in inganno il lettore, il racconto che è stato riportato non fa riferimento al periodo in particolare.
"Il faro ha una storia di oltre 150 anni, il fascismo è durato due decenni, sarebbe inutile incentrare la storia solo su un periodo storico così piccolo" mi confessa Alberto, tranquillo del fatto che il suo libro non ha niente da temere in quanto a critiche.

"Un giorno, continua Alberto, apro le mail e una mi salta subito all'occhio. Non potevo credere a quello che leggevo: il governatore del Puntland in Somalia mi ringraziava personalmente per il libro sul faro.
Non ti nego l'emozione grandissima, una soddisfazione immensa, se Lui da somalo apprezzava il mio lavoro allora qualcosa di buono avevo fatto.
Prendiamo appuntamento telefonico dopo lo scambio di qualche mail, vorrei incontrarlo e recarmi da Lui in Somalia ma come sai è un viaggio che richiede tempo, autorizzazioni e molta organizzazione.
Il Governatore non si scompone e alla fine organizza tutto per venire a Torino a conoscere me.

Mentre Alberto mi spiega come siamo arrivati all'incontro del 16 Settembre la sua voce lascia trasparire tutta la passione e l'impegno profuso in questi due anni nel progetto del faro.
L'arrivo del governatore Abdulkadir Mohamed a Torino è il coronamento di un lavoro che dura ormai da più di due anni e che ha fatto riscoprire un pezzo di Storia dimenticata da tutti.

Questo splendido incontro però non ha finito di riservare sorprese e così grazie all'aiuto del consigliere regionale Maurizio Marrone e del gruppo Fratelli d'Italia, governatore e reporter finiscono ospiti del sindaco di Torino Pietro Fassino.
Il lavoro di fotografo che è sfociato in quello di ricercatore potrebbe diventare per Alberto anche un motivo di collaborazione tra Somalia ed Italia, se ne parla con il Sindaco che si dimostra entusiasta.
Sono bastate un paio di telefonate perché nella giornata di ieri - 17 Settembre - Abdulkadir Mohamed fosse ospite anche delle due aziende torinesi Smat e Hydroaid entrambe impegnate nel settore idrico.
Si spera che dall'incontro possa nascere una sincronia di intenti che porti le due aziende a lavorare fianco a fianco per il benessere idrico della regione di Guardafui.
Il governatore ha anche avanzato richieste per la possibilità di restauro dei vecchi edifici coloniali italiani, con particolare attenzione al vecchio ospedale “Regina Elena” di Alula e del faro di Guardafui nella speranza di poterlo rendere presto un luogo turistico.

L'apertura della città di Torino alla regione del Puntland speriamo porti presto dei frutti su cui iniziare a collaborare. Se questa sinergia di intenti si dimostrasse fruttuosa, nulla vieterebbe al capoluogo piemontese di inaugurare un gemellaggio con questa poco conosciuta parte del mondo.
I rapporti tra Somalia ed Italia sono ottimi fin dai tempi del colonialismo e visto la vicinanza che ha sempre contraddistinti i due paesi sarebbe bene supportare i progetti di sviluppo che si intendono portare avanti.

Dalla Somalia si registra uno dei più importanti flussi migratori verso l'Europa e in particolare verso l'Italia.
Il miglioramento delle condizioni di vivibilità nella loro terra natia, permetterebbe ai somali di continuare la loro vita senza dover lasciare tutto.

Alberto dovrebbe essere fiero del lavoro che ha fatto e che farà, il faro che ha salvato così tante vite nella sua carriera ora illumina la nuova rotta tra Italia e Somalia.