Primato mondiale nella crocieristica e diversificazione nella difesa USA per Fincantieri

(di Leonardo Chiti)
13/06/16

Lo sviluppo economico-industriale di un dato paese non può essere ridotto ad una sola causa determinante, su di un processo di così grande complessità agiscono – combinati tra loro in una molteplicità di varianti - una pluralità di fattori politici, economici, ideologici, geografici. Questi ultimi riguardano ad esempio la composizione geologica (presenza di materie prime, fertilità del suolo, ecc.), o la morfologia del territorio.

In questa combinazione multiforme di fattori, un aspetto di primaria importanza è rappresentato dall’idrografia che notoriamente è stato uno degli elementi su cui si è basata proprio la nascita dell’Italia industriale, in particolare la sua parte settentrionale ricca di “carbone bianco”.

L’abbondante disponibilità di acqua garantita dalla presenza dei grandi laghi e del bacino del Mississippi-Missouri (3.328.000 km2 che si estendono lungo un corso risultante dalla combinazione dei due grandi fiumi, di oltre 5.600 km), ha svolto un ruolo fondamentale per lo sviluppo del Midwest e quindi in generale per l’ascesa al rango di potenza industriale degli Stati Uniti.

Ovviamente, essendo vie di comunicazione naturali, i corsi d’acqua navigabili presentano grande utilità anche dal punto di vista militare: durante la guerra di secessione si diceva che chi controllava il Mississippi, controllava il Sud. In effetti le sue acque permettevano alle truppe unioniste di effettuare in pochi giorni azioni di penetrazione in profondità nel territorio confederato che avrebbero richiesto settimane nel caso fossero state condotte via terra.

Benché non sia certo il più grande, il San Lorenzo resta uno dei fiumi di maggiore importanza economica di tutto il Nord-America grazie alla sua connessione con il sistema dei grandi laghi, collegati tra loro da una rete di canali navigabili fra i quali spicca per importanza il Canale di Welland che collega il Lago Erie al Lago Ontario permettendo di superare un dislivello di 42 metri, aggirando le Cascate del Niagara alte 50 metri.

Attraverso le 16 chiuse del Canale di Welland transitano ogni anno 3.000 imbarcazioni commerciali, principalmente grandi lakers, navi progettate specificamente per la navigazione lacustre con una capacità di carico che può raggiungere le 30.000 tonnellate.

Del Sistema Laurenziano fanno parte i laghi: Superiore, Michigan, Huron, Erie ed Ontario, che raccordati insieme da canali navigabili costituiscono complessivamente una superficie d’acqua continua di oltre 240.000 km2. Questa, oltre ad essere un’importante via navigabile utilizzata per i trasporti delle merci di una delle regioni più industriali del mondo, è anche una risorsa sfruttata dalle enormi centrali idroelettriche che forniscono energia alle industrie e alle città della regione.

In termini di potenziale energetico il punto di forza del flusso d’acqua che alimenta le cascate del Niagara, non è costituito tanto dall’altezza del salto, che è meno di un terzo se paragonato alle umbre Cascate delle Marmore (165 metri), quanto da una portata d’acqua molto elevata.

Durante la seconda guerra mondiale le acque del bacino del San Lorenzo erano anche il campo di addestramento delle unità della U.S. Navy varate nei cantieri delle due coste e del Sud, fra i quali figuravano lo stabilimento di Bethlehem-Fairfield a Baltimora (Maryland), e i Permanente Metals Yards, di proprietà di Henry J. Kaiser, a San Francisco. Nell’area dei grandi laghi però non ci si limitava alle sole attività di collaudo e a mettere alla prova le nuove navi, infatti qui erano presenti anche insediamenti produttivi locali.

Nella cittadina di Marinette, nel Wisconsin, si trovano gli impianti della Marinette Marine Corp. di proprietà di Fincantieri Marine Group, divisione statunitense del gruppo Fincantieri. L’attività dei cantieri di Marinette è focalizzata sulla produzione di navi militari, mentre gli altri siti produttivi del Wisconsin targati FMG sono: Sturgeon Bay, dove si trovano gli impianti di Bay Shipbuilding Co. specializzata nella realizzazione di navi commerciali e nelle riparazioni, e Green Bay, sede della ACE Marine LLC, concentrata sulle costruzioni in alluminio.

Questi importanti centri della cantieristica USA entrano a far parte della famiglia Fincantieri nel gennaio del 2009 con il perfezionamento dell’acquisizione di Manitowoc Marine Group, che portava in dote 1.400 dipendenti e un fatturato di 320 milioni di dollari.

Essendo MMG specializzata nella cantieristica militare, questa operazione permetteva di entrare nel mercato americano della difesa, accelerando un percorso di internazionalizzazione e diversificazione, nel quadro di una strategia industriale che mirava alla conquista di nuovi mercati sia in termini geografici che di tipologia di prodotti, divenuta ancora più inaggirabile con il precipitare della crisi finanziaria mondiale nell’autunno del 2008, con pesanti ripercussioni sulla cantieristica civile per commercio e turismo.

Il primo semestre del 2008 era stato da record in termini di commesse ma nella seconda metà dell’anno non solo gli ordinativi erano diventati nulli, ma i committenti chiedevano anche di dilazionare i tempi di consegna di quelli precedenti. A livello internazionale in tutto il 2008 il settore navalmeccanico registrava un calo degli orinativi del 39%, con ad esempio le unità portacontainer che in giugno totalizzavano investimenti per quasi 7 miliardi di dollari, praticamente azzerati a novembre dello stesso anno.

Si capisce bene quanto risultasse vitale una politica industriale di diversificazione geografica e produttiva, in special modo nella direzione di un ambito come la difesa che in molti casi può vantare un andamento anticiclico. Inoltre l’acquisizione di Manitowoc Marine Group – divenuta Fincantieri Marinette Marine – apriva la strada ad un’importante partnership industriale data la presenza di Lockheed-Martin nel capitale dell’azienda del Wisconsin, con una quota valutata attorno al 13%.

Il gruppo diretto da Marillyn Hewson (Chief Excutive Officer dal gennaio 2013), è infatti alla guida del team industriale, di cui per l’appunto è parte importante Fincantieri, a cui la U.S. Navy ha assegnato la costruzione delle unità della classe Freedom nell’ambito del programma Littoral Combat Ship che come recitano i comunicati stampa del consorzio: è uno dei principali programmi militari di costruzione navale degli USA e prevede la fornitura di una nuova generazione di navi multiruolo di medie dimensioni, particolarmente innovative e adatte a essere impiegate sia per attività di sorveglianza e difesa costiera che per operazioni in acque profonde in diversi tipi di missioni nell’ambito della difesa da minacce di tipo “asimmetrico” quali mine, sottomarini diesel silenziosi e navi di superficie veloci.

Questa importante commessa coinvolge una catena di subfornitura che interessa 40 stati USA essendo composta da circa 9.000 piccole e medie imprese. Fra queste, le principali (una sorta di “prime suppliers”), sono 490, e mostrano una maggiore concentrazione territoriale dato che oltre 200 hanno la loro sede nel Midwest, mentre il primato per singolo stato spetta alla California con 154 seguita da Florida e Texas, con rispettivamente 72 e 35.

Nel mese di aprile l’azienda di Trieste ha comunicato l’avvenuta contrattualizzazione dell’undicesima unità della classe Freedom, LCS-25, la cui consegna è prevista per il 2020. La direzione di Lockheed-Martin sottolinea come i cantieri impegnati sul programma LCS stiano lavorando a pieno ritmo valorizzando al massimo la propria capacità produttiva, conseguendo così economie di scala che hanno permesso di dimezzare il costo per esemplare (attestandosi sui 360 milioni di dollari), rispetto all’assemblaggio dell’unità pilota (lead ship).

In effetti se prendiamo la cifra assegnata alla fine dello scorso novembre dalla US Navy al consorzio guidato dal gruppo di Bethesda, per il completamento della decima unità del programma, LCS-23 “Cooperstown”, questa era pari a 279 mln di dollari e andava ad aggiungersi ai 79 mln del finanziamento anticipato (advanced procurement funding), nel precedente mese di aprile.

Nella stessa ottica di efficienza produttiva, particolare importanza è attribuita al costo dell’intero ciclo di vita (Life-Cycle Cost), delle unità varate e in programma, che, stando ai dati forniti da Lockheed-Martin, risulta significativamente contenuto nel confronto con le altre tipologie di naviglio: 82% rispetto a una fregata (FFG), 47% rispetto a un cacciatorpediniere (DDG), e 36% rispetto a un incrociatore (CG).

Pare che sia nata proprio nel Midwest l’attenzione ai costi dell’intero ciclo di utilizzo di un prodotto industriale, dato che il primo vero e proprio servizio post-vendita può essere fatto risalire alle reti di assistenza alla clientela messe in piedi dai costruttori statunitensi di macchinari agricoli a partire dalla seconda metà del XIX secolo.

Grazie alle macchine brevettate da Jerome Increase Case e Benjamin Holt la trebbiatura fu meccanizzata molto presto e già nel 1907 una mietitrebbia era in grado di svolgere in una piccola frazione di tempo il lavoro di molti uomini dato che il taglio, la trebbiatura e l’insaccamento del frumento erano riuniti in un’unica sessione di passaggi di lavorazione.

L’aratura a vapore era più praticata in America, con i suoi vasti campi piani, che non in Europa ma un trattore a vapore era pesante e poco maneggevole, oltre a richiedere un tempo eccessivo per la messa in moto. Furono i trattori a benzina, come il “Farmall”, che a partire dagli anni ’20 del secolo scorso permisero di ovviare a questi svantaggi generando un ulteriore salto di produttività per l’agricoltura.

Generalmente un contadino non era in grado di riparare in proprio macchine agricole che diventavano sempre più complesse e gli intermediari che gestivano il circuito delle vendite non ne conoscevano sufficientemente a fondo il funzionamento, così furono direttamente i costruttori ad organizzare una propria rete commerciale e di assistenza post-vendita che tra l’altro portò ad un notevole ampliamento del giro d’affari.

Oggi le indagini di mercato riguardanti questo settore dimostrano che l’assistenza logistica al prodotto, ha un peso cinque volte superiore a ogni altro fattore nel processo di acquisto e riacquisto. Questo non riguarda solo il contenimento dei costi della vita utile dei macchinari ma anche – in modo particolare in determinati periodi dell’anno legati al ciclo aratura-semina-raccolto – il mantenimento di una funzionalità operativa il più possibile costante.

Non è un caso se nell’ambito delle forniture militari non c’è contratto, soprattutto naturalmente quando si tratta dei programmi “di punta” relativi ai grandi sistemi d’arma, che non contempli l’assistenza post-vendita, ed eventuali sessioni di adeguamento operativo logistico, per un periodo che può arrivare a essere misurato in decenni come nel caso dei 12 sottomarini Shortfin-Barracuda ordinati dall’Australia alla francese DCNS.

L’impostazione statistica alla base della suddivisione tra industria e servizi sottostima costantemente l’importanza delle imprese manifatturiere, la cosiddetta “economia dei servizi” deve la sua esistenza alla produzione industriale di macchinari complessi.

Proprio dal turismo, uno dei rami emblematici della categoria servizi, viene una recente e orgogliosa dichiarazione che conferma quanto i settori terziario e manifatturiero siano le proverbiali due facce di una stessa medaglia, rappresentata dall’affermazione della società industriale.

In un mondo dove l’economia è spesso virtuale, noi con le nostre commesse diamo un contributo all’economia reale e creiamo posti per i lavoratori metallurgici (Pierfrancesco Vago, direttore esecutivo di MSC Crociere, “Le Figaro”, 07/04/2016).

Allo stesso modo delle automobili, degli elettrodomestici, dei prodotti dell’Information and Communication Technology, anche per le produzioni dell’industria della difesa sono indispensabili un’adeguata attività di manutenzione e riparazione e la disponibilità di pezzi di ricambio. Da questo discende in modo chiaro come il continuo sacrificare di anno in anno la voce Esercizio all’interno della Funzione Difesa del bilancio del relativo ministero, significhi mettere sempre più a rischio l’effettiva capacità operativa delle forze armate.

Mediamente l’equipaggio di una portaerei è composto per il 25% da tecnici e meccanici specializzati e gli hangar di queste grandi unità presentano molti tratti che li fanno assomigliare a veri e propri capannoni industriali, dove si sostituiscono o riparano le parti danneggiate o in avaria dei velivoli e in caso di necessità si può procedere in totale autonomia all’assemblaggio di intere componenti, come nel caso del motore.

Nell’estate del 2015, Fincantieri Marine Group LLC e Gibbs & Cox Inc. (una delle più importanti società di progettazione e ingegneria navale del Nord-America), hanno annunciato un’iniziativa congiunta per la ricerca e lo sviluppo nel settore delle navi commerciali e militari, con la dichiarata intenzione di ottimizzare la combinazione di convenienza economica ed efficienza produttiva.

In particolare l’amministratore delegato di Fincantieri, Giuseppe Bono, e il CEO di Gibbs & Cox Rick Biben (foto), hanno voluto sottolineare le potenzialità in termini di sviluppo di una visione unitaria (“end-to-end”), della collaborazione tra i progettisti di Gibbs & Cox e gli ingegneri ed esperti di Fincantieri, in modo da poter far fronte alle esigenze dei programmi nel corso dell’intero ciclo di vita delle navi.

Fincantieri è l’unico costruttore europeo di navi militari ad annoverare tra le proprie attività anche un’importante presenza nella navalmeccanica civile. Tra il 2004 e il 2005 il gruppo ha fatto il proprio ingresso nel settore dei megayacht, siglando un accordo con l’azienda viareggina Azimut-Benetti, uno dei marchi leader della nautica di lusso.

Allo stesso tempo il costruttore triestino ha sviluppato il refitting: riparazioni e trasformazioni, uno dei comparti che garantisce i margini più elevati. Fra queste attività spicca, per importanza economica e spettacolarità, la cosiddetta “jumboizzazione”, che consiste in una sorta di upgrade di navi da crociera la cui trasformazione ne accresce la dimensione e ne allunga la vita utile.

In pratica si tratta di operare un taglio della nave in modo da separare il troncone centro-poppiero dalla sezione prodiera che viene fatta scorrere in avanti di qualche decina di metri, in modo da posizionare e fissare il troncone di allungamento. A seguito dell’operazione di taglio si deve procedere a scollegare e riallacciare una quantità di cavi e condutture il cui numero si misura in un ordine di grandezza delle migliaia (mediamente 2-3 mila), e per di più si deve procedere per una buona parte manualmente.

Così, mettendo in campo competenza, abilità e una dose non indifferente di pazienza, le squadre di tecnici e operai specializzati di Fincantieri aggiungono ponti, cabine, sale da ballo, cinema, ristoranti, sale fitness, parchi a tema e così via, come nel caso della MSC Armonia, “jumboizzata” nell’estate del 2014 nei cantieri di Palermo.

Nel 2013 Fincantieri ha rilevato il 55,6% della compagnia norvegese STX OSV, ribattezzata VARD, un’impresa di livello mondiale specializzata nella costruzione di piattaforme per l’estrazione e la lavorazione di gas e petrolio. Con questa acquisizione il costruttore italiano aveva registrato praticamente un raddoppio del proprio fatturato, da 2,3 a 3,8 MLD di euro.

I forti ribassi che hanno interessato il settore energetico e delle materie prime, e in particolare il petrolio, hanno generato una situazione di difficoltà per la VARD, soprattutto per le sue collegate brasiliane (VARD Niteroi SA e VARD Promar SA), sulle quali pesano anche le ripercussioni della crisi politica che sta interessando il paese sudamericano, di cui i casi di corruzione emersi intorno ai bilanci di Petrobras, sono stati il principale fattore di innesco.

I siti produttivi italiani specializzati nelle navi militari sono: Riva Trigoso (Genova), e Muggiano (La Spezia), dove sono state realizzate e assemblate le sezioni della Nuova Unità Maggiore, portaerei Cavour, consegnata a livello di piattaforma il 27 marzo 2008. Per questi cantieri era stato impostato un progetto di integrazione sulla cui effettiva realizzazione vengono avanzate delle perplessità da parte dei rappresentanti dei lavoratori (cfr. la rubrica “Lettere” su questa stessa testata).

Fincantieri rimane soprattutto il leader mondiale nella costruzione di grandi navi da crociera assemblate negli stabilimenti di Monfalcone (Gorizia), Marghera (Venezia), e Sestri Ponente (Genova). Delle 55 grandi navi passeggeri che ad oggi risultano in costruzione (54 in Europa e 1 in Giappone), ben 22 fanno capo al gruppo di Trieste che può vantare così un totale pari alla somma di Germania (12) e Francia (10), che occupano la seconda e la terza posizione in questa graduatoria.

Si tratta di un settore che sembra veramente non conoscere crisi con un numero di passeggeri che per il 2016 si stima raggiungerà i 24 mln, con una notevole crescita rispetto ai 17,8 mln del 2009. D’altra parte se non si può parlare di un’offerta proprio per tutte le tasche, si può affermare che è ormai per molte, dato che la grande capienza di queste navi permette di conseguire importanti economie di scala, differenziare al massimo i servizi inclusi nei pacchetti vacanze e quindi anche i prezzi presentati alla clientela.

Per dare un’idea del livello raggiunto da questi colossi si può prendere in prestito un esempio dai cugini d’Oltralpe, con cui tra l’altro non mancano le collaborazioni attraverso la joint-venture Orizzonte Sistemi Navali (51% Fincantieri e 49% Leonardo-Finmeccanica), che realizza le fregate FREMM e nell’ambito del programma Orizzonte ha costruito le unità Andrea Doria e Caio Duilio, varate come cacciatorpediniere in sostituzione della classe Audace e in affiancamento ai DDG Durand de la Penne, soggetti a riclassificazione come fregate.

Lo scorso 15 maggio l’Harmony of the Seas, la più grande nave da crociera mai costruita, ha lasciato i cantieri di Saint-Nazaire sull’Atlantico (Pays de la Loire)), alla volta di Southampton, meta del viaggio inaugurale. L’Harmony è stata costruita da STX France per l’americana Royal Caribbean Cruises, è lunga 362 mt e larga 66, ha 16 ponti e può imbarcare quasi 8.500 persone, 2.100 uomini di equipaggio e 6.360 passeggeri.

I paragoni sensazionalistici si sprecano sulla stampa e nei notiziari francesi: basti pensare che questa nave è lunga come 5 A-380, oltre 90 mt in più del Titanic che poteva portare 385 persone di equipaggio e 2.471 passeggeri. Qui ci si può limitare da aggiungere che degli oltre 8.000 comuni italiani, circa il 70% ha meno di 5.000 abitanti.

Osservando i numeri di quelle che, con ragione, vengono definite “piccole città galleggianti”, non si può fare a meno di riflettere su di un aspetto legato al fatto che la Marina Militare è l’arma “dual use” per definizione, tanto che il famoso storico navale e teorico del potere marittimo, Alfred Thayer Mahan (1840-1914), riteneva che la marina fosse uno strumento migliore rispetto all’esercito per supportare la politica nazionale, in quanto può vantare un profilo meno aggressivo rivelandosi più flessibile nei modi d’impiego e quindi maggiormente sensibile alle direttive politiche.

Quando si parla di uso duale di un determinato prodotto industriale, bisogna tenere presente che questo concetto non è interpretabile a senso unico, intendendo automaticamente un progetto nato per scopi militari che può essere utilizzato anche in ambito civile, perché vale anche la relazione inversa e a questo proposito gli esempi nella storia non mancano.

All’inizio di settembre del 1914 il generale Joseph Simon Gallieni (1849-1916), governatore militare di Parigi, ordinò di requisire tutti i mezzi di trasporto disponibili in città tra i quali figuravano 1.200 taxi che permisero di portare al fronte circa 8.000 fanti che contribuirono in maniera decisiva a bloccare la penetrazione dell’offensiva tedesca nella battaglia della Marna.

Anche se dopo il crollo dell’URSS è diventato di moda credere che un conflitto tra grandi potenze sia divenuto impossibile (un’illusione tanto pericolosa quanto ciclicamente ricorrente, come insegna lo scritto di Stefan Zweig, “Il mondo di ieri”), non si può escludere che in futuro le grandi navi da crociera non conoscano un utilizzo militare, trasportando attrezzature non destinate certo allo svago e tutt’altra tipologia di passeggeri rispetto ai vacanzieri appassionati di escursioni sulle onde di mari e oceani.

(foto: Fincantieri / MSC / US DoD / Gibbs & Cox / Marina Militare)