Pillole di cerimoniale: la recente visita di Trump da Papa Francesco

(di Eleonora Spalvieri*)
03/06/17

Il recente viaggio in Italia del neo-eletto presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, da poco conclusosi, che lo ha visto impegnato dapprima in una visita ufficiale al Papa, dipoi tra i partecipanti al G7 di Taormina, offre l'occasione per trattare alcune questioni legate al c.d. cerimoniale che, sovente, viene purtroppo confuso, da alcuni organi di stampa e da certo pubblico, con il galateo, se non, addirittura, come un semplice e riduttivo “sapersi vestire”, divenendo spesso argomento di puro gossip.

Cerchiamo, allora di fare un po' di chiarezza.

Cosa si intende per "Cerimoniale": differenze con il galateo.

Innanzitutto, come accennato, occorre distinguere tra cerimoniale e galateo. Il primo si può considerare l'insieme delle regole (alias protocollo, dal greco πρωτόκολλον, comp. di πρῶτος «primo» e κόλλα «colla», termine col quale s’indicava il primo foglio di un rotolo di papiro costituito dalla giustapposizione, per mezzo di colla, di più fogli) che disciplinano le forme istituzionali, cui devono attenersi tanto le istituzioni e le cariche pubbliche, quanto i privati che hanno contatto con esse, e che riguardano l'individuazione e l'uso dei simboli, il rango ed il comportamento ufficiale delle cariche, i rapporti formali tra le istituzioni nazionali e internazionali, nonchè quelle pubbliche relazioni che attengono alla vita di rappresentanza ufficiale1.

Il secondo, invece, riguarda la persona nella sua individualità, ed è naturalmente sottinteso al primo, sebbene le reciproche norme possano in alcuni casi essere tra loro contrastanti: per fare un esempio, mentre nel cerimoniale non esistono differenze di genere (maschile-femminile) perché ogni carica pubblica è considerata neutra, non può dirsi la stessa cosa per il galateo.

Cosa si rischia quando non si rispetta il cerimoniale

Occorre subito premettere che, sebbene le regole del cerimoniale non siano in realtà molte e che il loro rispetto non sia affatto obbligatorio, è chiaro che, una loro violazione, potrebbe comportare delle spiacevoli conseguenze sotto diversi aspetti: da quello della reciprocità, a quello del giudizio di stile (di certo non lusinghiero) che, inevitabilmente, ne conseguirebbe, ad opera della controparte, e che offuscherebbe l'immagine dell'Istituzione interessata.

D'altronde, se si considera che, a partire dal Primo Protocollo stipulato in occasione del Congresso di Vienna del 1815 (al quale parteciparono le principali potenze europee che, per la prima volta, decisero che il modo più opportuno di risolvere i grandi conflitti e le questioni internazionali fosse quello di indire riunioni a cui partecipavano tutte le nazioni coinvolte: idea che, da allora, permeò sempre di più la cultura della diplomazia europea, portando poi, un secolo dopo, dapprima alla nascita della Società delle Nazioni e, a meno di 150 anni dalla chiusura del Congresso, a quella delle Nazioni Unite), si cercò proprio di codificare alcuni comportamenti al fine di facilitare le relazioni internazionali e renderle il più possibile intellegibili, soprattutto tra culture molto lontane tra loro, con l'obiettivo ultimo di evitare ulteriori e sanguinose guerre, ben si comprende la loro valenza che, oggi, si riverbera a pieno titolo tra gli ingredienti utili alla buona riuscita di un qualsiasi incontro di una certa importanza.

La visita di Trump al Papa

Nel caso di visite di Stato al Pontefice, si attiva un protocollo molto dettagliato (Protocollo Vaticano, detto anche cerimoniale civile, che va tenuto distinto da quello c.d. liturgico, che si applica, invece, alle cerimonie religiose), che prevede, in particolare, tutta una serie di regole, dall'arrivo in Piazza S. Pietro a quelle riguardanti l’abbigliamento dei visitatori, i regali per omaggiare il Santo Padre, le posizioni durante le foto di rito e, ovviamente, quelle da assumere durante il relativo colloquio.

Generalmente parlando, infatti, dopo l'arrivo nella suddetta Piazza (S. Pietro), l'ospite viene condotto, attraverso l'ingresso all'arco delle campane, nel cortile di San Damaso, dove vi è il picchetto delle guardie svizzere e la banda musicale: lì, mentre una delegazione di gentiluomini di Sua Santità riceve la corrispettiva (delegazione) che lo accompagna, il suddetto (ospite d'onore), viene accolto dal prefetto della casa pontificia, che lo introduce poi nell’anticamera papale attraverso i saloni del palazzo apostolico.

Esso viene poi ricevuto dal Papa alle ore 11, nella sua biblioteca privata, per il colloquio di rito (durante il quale l’ospite siede davanti a lui, se di pari rango, o accanto, se di rango inferiore) che, generalmente, non dura mai più di trenta minuti. Al suo termine, vengono introdotti il consorte ed i delegati al seguito, che vengono presentati al Pontefice. Seguono poi eventuali discorsi, foto ufficiali, scambio dei doni e commiato, l’eventuale visita al Segretario di Stato, per poi (ospite e relativi accompagnatori) discendere nel cortile di San Damaso con la resa di onori finali ed inno vaticano (all’andata, invece, l’inno è quello del Paese dell’ospite).

Il colloquio con Trump è avvenuto con i due seduti uno di fronte all’altro, divisi dalla scrivania che, in questa, come in altre occasioni, è addobbata con servizio di scrittoio soltanto dalla parte del Pontefice, volendo con ciò sottintendere una posizione di preminenza da parte del Papa, che si pone più come un pastore che come un Capo di Stato. Lo stesso tavolo di cui sopra, la sua posizione, ed il grande crocifisso che vi si erge, ricorda, non a caso, un confessionale.

L’abbigliamento

Quanto all'abbigliamento, è previsto che le donne si presentino al cospetto del Papa vestite completamente di nero, con la gonna sotto il ginocchio, le calze nere, il capo coperto da veletta, senza profumi o gioielli (per non dimostrare vanità, a meno che non si tratti di perle): d’altronde, la figura sacrale del Pontefice (che è, non a caso, già Lui vestito di bianco) impone un cerimoniale molto verticistico, nel quale ogni aspetto è destinato a porre l’attenzione sulla Sua figura, affinchè si possa meglio cogliere il messaggio che, nelle diverse occasioni, Egli invia, e si possa ricevere la sensazione, anche formale, che esso (messaggio) superi i confini meramente umani e terreni2.

Per quanto riguarda gli uomini, invece, anche essi devono vestirsi in maniera sobria, con un completo di sartoria e con la cravatta o, meglio ancora, con frac (munito di gilet nero) e decorazioni.

Sul punto, i coniugi Trump sembrano aver rispettato in pieno il protocollo.

Le fotografie

Per quanto concerne le foto da concedere alla stampa, invece, come per gli altri protocolli, anche per quello Vaticano vige la cosiddetta “Regola della destra”, secondo cui la personalità più importante deve porsi, appunto, alla destra, mentre, nel caso di visite fra "pari grado", viene lasciato alla sensibilità del padrone di casa il rispetto della buona norma di cedere tale posizione all’ospite, in segno di rispetto e, appunto, ospitalità.

Anche qui, se nella foto di gruppo il presidente americano è alla destra del Pontefice, in quella singola (scattata alla fine del colloquio), è, invece, alla Sua sinistra: sono due momenti, se ci si pensa, diversi, di cui il secondo è probabilmente quello più importante, essendosi affrontate, in esso, questioni afferenti alla politica internazionale, su molte delle quali, peraltro, sono note le divergenze tra i due.

Quanto alla prima fotografia (quella con i familiari al seguito), non sono mancate le critiche per il sorriso, da molti ritenuto inopportuno, di Trump, a fronte degli atteggiamenti più seriosi dei suoi familiari e dello stesso Pontefice. Ma forse un sorriso (a meno che non si voglia vedere in esso un atteggiamento irrispettoso o canzonatorio, ma non sembra certo questo il caso) si può perdonare, soprattutto tra le mura vaticane.

I doni.

Da ultimo: i doni. Nei sistemi democratici essi hanno un valore esclusivamente simbolico ed il loro valore, oltre a non dover superare, generalmente parlando, i limiti eventualmente previsti da alcune legislazioni nazionali, devono tener conto delle regole di convenienza ed opportunità comunque valide in ogni luogo, e che impongono una scelta sobria (che però - si badi - non deve andare a detrimento della eleganza e del buon gusto). Inoltre, non devono essere mai troppo personali, per non apparire confidenziali.

Così, tra quelli che il Papa ha presentato a Donald Trump, c'è stato il messaggio per la Giornata mondiale della pace intitolato "La non violenza, stile di una politica per la pace" ed i tre documenti programmatici del Pontificato: l'Evangelii gaudium, la Laudato sì e l'Amoris laetitia. Trump ha invece consegnato al papa una scatola blue, dicendo che conteneva "libri di Martin Luther King. Penso che le piaceranno, lo spero".

Significativo anche l’altro dono rivolto dal Papa al presidente americano: il medaglione con il ramo di ulivo che unisce la pietra divisa, e le battute che ne sono seguite. "Questo glielo regalo perché lei sia strumento di pace", ha detto, infatti, il Pontefice a Trump dopo avergli spiegato che esso rappresentava un "simbolo di pace". Quest’ultimo, a sua volta, ha risposto: "Abbiamo bisogno di pace".

Speriamo tutti che sia davvero un passo verso la pace, il gran dono di cui gioverebbe tutto il mondo.

 

*Eleonora Spalvieri è laureata in Lingue e Letterature moderne. Frequenta il Corso per Esperto in Cerimoniale e Protocollo nazionale ed internazionale presso la S.I.O.I.- Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale.

 

1 Massimo Sgrelli, Il Cerimoniale, Di Felice Editore, ed. 2016

2 ibidem

(foto: White House / Twitter / Web)