Il profilo dello Shahid tra addestramento e tattiche

04/02/14

Diventare un martire o meglio una bomba umana non è solo una scelta religiosa o politica, ma è soprattutto il risultato di un’abile e scrupolosa “manipolazione psicologica” basata su tecniche di comunicazione persuasiva. Molti psicoanalisti d’intelligence dei paesi occidentali hanno cercato di ricostruire la forma-mentis dell’aspirante Shahid.

Si parla perciò di “programmazione mentale” che si svilupperebbe in tre fasi: scongelamento, modificazione, nuovo congelamento. Nella prima fase, detta dello scongelamento, l’identità della persona è aggredita e disorientata. Questa fase avviene con la negazione del sonno, con la manipolazione degli alimenti, con droghe di vario tipo soprattutto allucinogeni, con l’ipnosi occulta, con l’induzione dei sensi di colpa. All’individuo, soprattutto se è un fanciullo, viene dato un nome nuovo, vestiti para-militari e indumenti nuovi, e lo si costringe a praticare riti per rafforzare la coscienza nuova di sé stessi, si impongono preparazione militare, esercizi fisici, esercizi di ascesi e di meditazione. Quindi si assiste a quello che viene comunemente denominato “lavaggio del cervello” il quale continua fino a quando l’individuo risulta come un guscio vuoto. Poi, con la seconda fase detta della modificazione, si passa a riempire l’aspirante martire con nuovi slogan creati ad hoc. Infine si passa alla terza fase, detta del nuovo congelamento, quando l’individuo, pronto a qualsiasi evento e ad essere chiamato in qualsiasi momento, viene messo in sonno, pronto ad entrare in azione ad un comando prestabilito, come se fosse un robot biologico.

E’ da precisare che, secondo gli stessi Shahid o martiri, si possono conquistare le vie dell’Assoluto attraverso la violenza, sia contro sé stessi che contro gli altri, per arrivare a conquistarsi un posto nel giardino eterno. Molti analisti sono propensi a credere che in questo caso siamo davanti alla “fede quando diventa follia pura”. Sappiamo che Al-Qaeda agisce non facendo riferimento ai conflitti regionali, ai programmi politici e agli obiettivi. Infatti tale organizzazione raccoglie volontari da ogni regione, non unite da una lingua, ma uniti solo dalla fede racchiusa in una messianica ideologia distruttrice.

La strada del martirio è quella migliore per raggiungere un obiettivo politico quale la difesa del proprio paese, componente che sta a metà strada tra la strategia militare e il fanatismo religioso. L’iter di addestramento di un aspirante suicida islamico o Shahid risponde ad un preciso criterio e segue una serie di steps progressiviben definiti e ben impostati.Analizzando il percorso formativo che porta alla formazione delterrorista islamico troviamo importanti e precisi fattori di natura psicologica.Prima di tutto gli aspiranti vengono selezionati tra due precisi bacinidi reclutamento: l’Occidente e il Medio Oriente.Comunque in entrambi i casi si può giungere ad un indottrinamentocompleto, fino all’ideologia del martirio, tramite lo stesso identico percorsoformativo, ma le motivazioni che spingono i due tipi di reclutesono profondamente diverse.

Ciascun circuito terrorista ha canali di reclutamento e di addestramento specifici e separati, anche se le metodologie operative sono simili. Le reclute provenienti dai Paesi arabi sono assimilabili a quelli europei e nordamericani per estrazione, mentre la minoranza proveniente dalla zona caucasica a forte islamizzazione spesso ha alle spalle storie simili alle reclute provenienti dal Medio Oriente. Quelli che giungono dal mondo europeo e nordamericano hanno un grado di scolarizzazione medio alto, anche se difficilmente raggiungono la laurea, sono inseriti socialmente nelle locali comunità islamiche, hanno disponibilità economica ed hanno un’età compresa tra i 25 e i 45 anni.

Mentre le reclute che provengono dal Medio Oriente, il più delle volte palestinesi e/o giordani, hanno alle spalle una storia di povertà e disperazione, o storie tragiche di famiglie vittime della guerra, e hanno un’età molto giovane, compresa tra i 16 e i 26 anni.

Nelsecondo caso, che tocca anche i commandos suicidi ceceni, la leva fondamentale su cui gli istruttori fanno presa è l’assoluta mancanza di prospettive future, un forte senso di appartenenza alla comunità e un sentimento di rabbia verso i cosiddetti oppressori, come gli ebrei o i russi. Si tratta per la maggior parte dei casi di un addestramento di “working in progress”, di un condizionamento progressivo che si apprende durante l’addestramento militare e religioso a cui il personale viene sottoposto.

Il martirio quindi è solo l’ultimo gradino di un percorso formativo comune e non speciale. Questo spiega anche come le reclute con un forte background sociale, culturale, economico e familiare possano decidere di diventare un’arma umana sacrificabile. Inoltre per gli aspiranti più poveri l’arruolamento avviene proprio a seguito di un compenso economico, come nel caso dell’arruolamento di un esercito regolare. I principi psicologici su cui si basano l’addestramento e l’indottrinamento sono simili a quelli utilizzati dalle sette religiose e sono comuni a tutti i circuiti terroristici: segretezza, isolamento dal resto del mondo, ripetizione, leadership carismatica, linguaggio specifico, scopo con finalità comune. I principi della segretezza e l’isolamento dal mondo consentono il conseguimento di un duplice obiettivo degli istruttori: oltre ad evitare il bombardamento della base di addestramento, creare una unica comunità di pensiero dove la realtà viene distorta e focalizzata, e un forte “spirito di corpo” e senso di appartenenza ad una comunità isolata considerata di élite.

Infatti le informazioni provenienti dall’esterno vengono sistematicamente bloccate e/o filtrate, così le reclute si trovano ad esaminare gradualmente la realtà attraverso il punto di vista inculcato dagli istruttori. Il principio psicologico della ripetizione viene applicato sia negli esercizi religiosi che in quelli militari, secondo una precisa routine giornaliera.

Si riesce così a controllare la vita delle reclute, portandoli ad un inesorabile abbassamento delle difese psichiche. Nei campi di addestramento si assiste anche ad un’altra azione condotta da principi psicologici per arrivare ad una basilare funzione: amalgamare reclute provenienti da culture differenti e da paesi molto distanti tra loro, anche se facenti parte dello stesso mondo islamico. Gli ultimi rituali preparativi di un aspirante Shahid sono dati dalla recitazione della “preghiera dei morti” o “Salat al-Ginaza”, e dalla “preghiera dell’alba” o “Salat al-Fagr”. Da ciò ne consegue un videomessaggio in cui lo Shahid legge in pratica il suo testamento ideologico, spesso non scritto da lui.

Addestramento

La prima fase sul campo di addestramento, oltre che indirizzata al condizionamento fisico, viene incentrata sulle conoscenze pratiche delle tecniche di combattimento. Infatti si imparano ad usare armi portatili, ad effettuare sequestri di persone, a maneggiare l’esplosivo. Le materie di insegnamento teoriche sono fondamentalmente quattro: uso delle armi da fuoco individuali, addestramento al combattimento (mimetizzazione, avanzamento, manovre diversive), topografia (orientamento), uso di materiale esplosivo. Il tutto tenuto in un ambiente estremo: caldo torrido, poco cibo, pesanti carichi e lunghi tragitti. Da sottolineare il fatto che l’esaurimento fisico predispone la recluta ad un più facile indottrinamento psicologico: condizioni di disidratazione, ipoglicemia, ipertermia. Fattori che tendono tutti a ottundere le facoltà di discernimento.

Parallelamente avviene anche l’addestramento religioso che prevede una ossessiva osservazione dei precetti religiosi e dei rituali. Per queste funzioni viene messo a disposizione un consigliere religioso o spirituale.

Dopo questa prima fase della durata di un paio di mesi, e dopo che sono stati valuti “affidabili”, nei gruppi si continua ad analizzare le motivazioni singole. Per i più motivati sono previsti dei corsi di specializzazione militare, riservati ai più abili o ai candidati martiri, comunque sempre a discrezione del comandante del campo, per ovvie ragioni di sicurezza generale. La costituzione di una èlite rende possibile ottenere l’adesione volontaria del personale senza il minimo sforzo; così il passo successivo di addestramento diventa una meta ambita. Dopo il corso di base e di quello di specializzazione, anche questo della durata di un paio di mesi, si passa al vero e proprio indottrinamento religioso, seguiti da un maestro, che di solito è un mullah. Ogni gruppo riceve uno specifico insegnamento religioso e i rituali religiosi sostituiscono quelli militari.

Quindi l’istruzione militare è gradualmente sostituita da quella religiosa e da cognizioni di intelligence, di infiltrazione; praticamente si passa all’addestramento alla guerriglia.

Al termine dell’addestramento completo, che dura quasi un anno i migliori vengono inviati all’estero per missioni speciali, che di solito sono missioni di addestramento ulteriore, missioni commerciali per l’acquisto di armi, di infiltrazione politica nei paesi islamici moderati o di reclutamento, solitamente in Europa.

Tattiche

Le tattiche utilizzate sono: attentati dinamitardi suicidi, attentati a mezzi pubblici, rapimenti ed esecuzioni. La tattica ampiamente utilizzata dai terroristi islamici è stata sicuramente finora quella dell’attentato dinamitardo con le bombe, anche sotto forma di suicidi. Questa tattica è stata usata contro i civili, contro soldati, funzionari di governo etc. L’uso degli attentatori suicidi viene visto da molti musulmani come contrario agli insegnamenti dell’Islam; tuttavia, i gruppi che sostengono il relativo uso si riferiscono spesso a tali attacchi come “operazioni” di martirio; e gli attentatori suicidi che li commettono sono definiti in arabo col termine shuhada, plurale di shahid. In merito agli attentati a mezzi pubblici c’è da aggiungere che si è trasformato ben presto in un marchio di garanzia del terrorismo islamico.

Roberto Colella