Gli Assaltatori subacquei: l’arma segreta della Regia Marina nella seconda guerra mondiale

(di Tiziano Ciocchetti)
19/12/18

Il personale impiegato nel Raggruppamento di Assaltatori della Regia Marina (inquadrato dapprima nella 1ᵃ Flottiglia e successivamente nella Xᵃ Flottiglia MAS) si suddivideva in due branche principali: gli assaltatori di superficie (destinati ad operare con i barchini) e quelli subacquei (a loro volta suddivisi in nuotatori d’assalto e in assaltatori di profondità equipaggiati con S.L.C.).

L’addestramento era lungo, duro e complesso, dal momento che nel campo subacqueo – come pure in quello della fisiologia e della medicina subacquea – non si avevano grandi capacità ma si stavano muovendo ancora i primi passi. Si pensi che il primissimo progetto prevedeva l’impiego di marciatori, ovvero di uomini addestrati a marciare, con opportune zavorre, sul fondale dei porti nei quali erano attraccate le navi da colpire.

Comunque, tra mille improvvisazioni, difficoltà ed esperienze vissute sul momento il piccolo ma agguerrito corpo riuscirà a raggiungere una coesione ed una efficienza tali da permettere agli operatori di affondare, impiegando tutta la gamma dei mezzi a disposizione, ben 264.872 tonnellate di naviglio avversario, tra l’entrata in guerra del Regno d’Italia e l’armistizio dell’8 settembre 1943. Per la precisione vennero affondate, o comunque messe fuori uso, due corazzate, un incrociatore, due cacciatorpediniere, 4 navi cisterna e 23 piroscafi.

Nell’attacco al porto di Alessandria d’Egitto venne utilizzato il Siluro a Lenta Corsa, ovvero un normale siluro per sommergibili da 533 mm e lungo 6,70 metri, il quale era stato modificato per permettere ad un equipaggio di due uomini di manovrarlo agevolmente utilizzandolo come mezzo di trasporto per sé stessi e per una grossa carica esplosiva. Per prima cosa erano stati rimossi il motore e le batterie speciali che consentivano al siluro di raggiungere una velocità di alcune decine di nodi, ed erano stati rimpiazzati con un motore meno potente e da una batteria da 30 elementi in grado di fornire una tensione complessiva di 60 volt. Per mezzo di un reostato a volantino il pilota, che sedeva a cavalcioni dell’ordigno in posizione anteriore, regolava l’alimentazione del motore variando così la velocità fino ad un massimo di di circa 5 km/h.

Subito dietro la testa di guerra e a poppa si trovavano due casse assetto che, riempite o svuotate tramite l’immissione o la fuoriuscita di aria compressa contenuta in bombole, permettevano di governare il siluro come un mini sommergibile. Dietro il pilota trovava posto l’altro operatore, incaricato principalmente delle operazioni di fissaggio della testa esplosiva e della rimozione di eventuali ostruzioni e reti parasiluri. La testa, lunga 1,80 metri, conteneva 300 kg di esplosivo; era munita di due spolette ad orologeria e di un congegno di autodistruzione, congegno questo che si trovava anche nella sezione motrice del mezzo.

La durata massima del tempo di spoletta era di due ore e mezza. Dopo aver minato il bersaglio gli operatori potevano allontanarsi pilotando il siluro senza più testa esplosiva, oppure potevano affondarlo, dopo aver attivato l’autodistruzione e mettersi in salvo raggiungendo la riva.

(foto: web)