"Piccolo tributo agli AUC"

(di Luigi Salinaro)
01/10/15

In questo breve articolo come ex ufficiale di complemento, volevo ricordare il contributo degli AUC al sistema militare Italiano, tributo che, a mio avviso, è stato dimenticato troppo in fretta, da quando ormai la leva è stata sospesa ed i corsi dismessi.

I corsi erano molto di più di training di formazione… Li definirei un’esperienza indimenticabile e il successivo lavoro presso i reparti una vera palestra di vita.

Chi non è stato dei “nostri”, purtroppo, non può comprendere quello che si prova e quel che si è condiviso. La testimonianza di ciò sta nel fatto che, a distanza di molti anni, tutti ricordano il proprio corso ed ogni occasione è propizia per ritrovarsi. Talvolta basta uno sguardo, un gesto di cavalleria verso una signora o, comunque un “più debole” per riconoscere chi ha frequentato un corso AUC e vissuto l’esperienza di ufficiale, anche se solo “di prima nomina”.

L’esperienza acquisita facilita, non di poco, il successivo inserimento nel mondo del lavoro nella vita civile che, purtroppo ma inesorabilmente, diventa riduttiva per chi ha condiviso esperienze “forti” e crede e continua a professare determinati valori.

Da qui scaturisce la voglia, la ricerca di occasioni per poter indossare, anche se solo per un breve periodo, l’uniforme, perché anche se la vita pian piano affievolisce la fiamma, quest’ultima non si spegnerà mai del tutto. Come ha detto qualcuno “Noi siamo degli Ufficiali e lo saremo sempre e saremo sempre onorati di poter indossare la nostra uniforme”.

Tornando ai corsi AUC, senza entrare nel merito del perché siano stati sospesi, voglio semplicemente dire: Grazie!!!

Grazie al Ministero della Difesa per avermi dato questa possibilità, grazie per avermi dato una formazione, anche se piccola, militare, grazie di avermi fatto condividere la fame, il caldo, la sete, la stanchezza, con i miei compagni di corso, grazie di avermi fatto crescere nel reparto dove ho prestato servizio.

Mi dispiace che tante volte nella vita al di fuori di quella militare, non si riesca a trovare lo stesso spirito di corpo e di appartenenza. Perché non si può lavorare solo per lo stipendio (per quanto importante e determinante), perché nella vita bisogna sempre crescere e non fermarsi.

Il corso AUC inseriva nei quadri della Difesa, come ufficiali, dei giovani che, dopo il concorso e il successivo corso, arrivavano al reparto, dove dovevano subire un impatto…devastante!!! Tra militari di leva e di carriera, ci si doveva rimboccare le maniche – eccome! – per far valere la propria personalità e contribuire vantaggiosamente al raggiungimento dei risultati dell’Istituzione.

Naturalmente la formazione di 5 – 6 mesi non poteva garantire “a 360 gradi” il successivo lavoro di reparto. Così, bisognava talvolta “improvvisare per raggiungere l’obiettivo”, non creare ulteriori problemi di fronte ad un ordine, ma cercare le giuste soluzioni per portare a termine il compito. Volontà e duro impegno le parole d’ordine.

Sul momento, molte cose sembravano assurde, ma pian piano si comprendeva l’importanza di tutto quello che veniva fatto e le successive esperienze acquisite contribuivano alla propria crescita professionale.

L’ impatto emotivo con la realtà militare ti segna a vita, tanto è vero che molti sarebbero voluti rimanere e altri rientrare, dopo le esperienze nel lavoro civile. Alcuni ce l’hanno fatta altri no, ma a distanza di molti anni, quando ci si incontra in raduni o manifestazioni, il ricordo di quei mesi trascorsi insieme è sempre vivo.

Peccato che nel nostro Paese non ci sia spazio per gli ex e si venga, spesso, troppo in fretta dimenticati; talvolta le associazioni d’arma rappresentano quasi una “spina nel fianco”, anziché una risorsa che la Difesa può utilizzare e mantenere aggiornata e addestrata nella professione militare.

Nella speranza che qualcosa cambi in tal senso, ringrazio tutti per l’attenzione.

(172° AUC – Ten. Bers.)