L’ANPd’I alla commemorazione dei Paracadutisti della Folgore: “A quei soldati dobbiamo riconoscenza”

(di Giusy Federici)
29/05/17

Il volo è stato alto, eticamente e moralmente e non perché la questione riguardasse i paracadutisti. Aquile, decisamente, o leoni se si preferisce, in ogni caso persone alpha, gente con la schiena dritta, che non si vergogna di quel che è e anzi ne va fiero, ieri come oggi, “orgogliosi del nostro passato, sempre degni del nostro immancabile avvenire…”, come recita la preghiera del Paracadutista, che tira avanti nonostante, in questo momento storico, vada di moda “sparare” sulle uniformi e sulla Patria. Salvo poi invocare la presenza dei soldati e delle forze dell’ordine un giorno sì e l’altro pure. E di chi non c’era non si è sentita la mancanza. 

Al cimitero monumentale del Verano, domenica 28 maggio, la sezione romana dell’Associazione Nazionale Paracadutisti d’Italia, ANPd’I, ha commemorato i paracadutisti della Folgore - anche Nembo e Azzurro - con la cerimonia che ogni anno ricorda il sacrificio di quei ragazzi che scelsero di morire sul fronte di Nettuno e Anzio. Moltissimi i baschi amaranto di tutte le età, un filo conduttore di ideali e amor di Patria che andava da Santo Pelliccia, leone della Folgore di El Alamein, a Narilli, Mario Tema e Harold Citterich che aderirono alla Repubblica Sociale, agli odierni istruttori di paracadutismo dell’ANPd’I fino agli allievi dell’ultimo corso. Molte le altre associazioni d’Arma, Bersaglieri, Aereonautica, Marina tanto per citarne solo tre, perché quando gli ideali sono condivisi è giusto esserci, non importa il colore dell’uniforme. Mancavano invece, pur invitati ufficialmente, le delegazioni di Stati Uniti, Inghilterra, Germania, Francia e Polonia. “Inghilterra e Germania hanno declinato per impegni precedenti, gli altri non hanno nemmeno risposto all’invito. Solo la Russia lo ha fatto, ed è presente con il suo addetto militare…”, ha osservato il presidente dell’ANPd’I di Roma Adriano Tocchi, che nel suo discorso ha voluto ricordare il perché quei ragazzi fecero la scelta di andare a combattere contro gli angloamericani, nonostante sapessero di dover morire. “…Non pare ragionevole liquidare tanto valore come atto di incoscienza giovanile, noncuranza del pericolo, considerazione della morte come esperienza altrui… La loro fu, al contrario, una scelta di profondo significato morale, operata in assenza di costrizioni, senza punti di riferimento precostituiti, in regime di assoluta autonomia di giudizio, condizione senza la quale l’approvazione e la disapprovazione morale non trovano fondamento. E’ in questo modo che la storia del Reggimento Folgore si configura come “mito collettivo “, un mito sociale che ha motivato e finalizzato l’agire… Per questo i miti sono il collante morale di un gruppo, di una comunità che intenda presentarsi come motore di rinnovamento…Al mito si lega, dunque, il senso di solidarietà e di adesione alla comunità stessa, e la straordinaria dedizione di tutti …”.

È stata una mattinata piena, di sole e di significato. Una messa celebrata con rito tradizionale, in latino. E le note del Silenzio, la preghiera del Paracadutista, una riflessione collettiva sul senso dell’onore, sulla Patria, sull’importanza dei soldati, che lavorano in silenzio anche quando noi “civili” pensiamo che non dovrebbero, per l’Italia e nonostante l’Italia, indispensabili per un Paese che voglia continuare ad essere sovrano e che dovrebbe tornare a certi ideali fondanti e condivisi, che sono di vincitori e vinti e di tutti onorarne la memoria.

“Ma cosa s’intende per memoria?”, ha esordito il presidente nazionale dell’Associazione nazionale Paracadutisti d’Italia, generale Marco Bertolini. “…C’è una memoria della nostalgia, il desiderio di tornare ai 20 anni, che tanto non torneranno. C’è una memoria del rimpianto... C’è poi un’altra memoria, direi la più brutta, la memoria del rancore: è una memoria che sgomita, è una memoria che mette steccati, è una memoria che considera la storia un’ordalia, una specie di giudizio di Dio che dà la vittoria ai giusti e la sconfitta agli ingiusti, che premia i primi e che punisce i secondi, a partire dall’oblio, la punizione dell’oblio. E c’è un’altra memoria, ed è quella che celebriamo oggi noi. È la memoria della riconoscenza, che tutti i popoli devono ai loro soldati. Perché sono quell’ingrediente indispensabile che fanno di una società, di una comunità, che fanno di un Paese una Patria. Non esiste Patria senza che esistano i soldati che per lei sono morti. Parlo dei soldati in generale, di tutte le epoche, di tutte le guerre che hanno visto lo sviluppo di questa Patria. Noi siamo il frutto di lavoro ma anche di sacrifici di soldati che si sono espressi nei secoli, spesso combattendo gli uni contro gli altri. Tutti questi soldati, i vincitori e i vinti, hanno la stessa dignità. …Loro fanno del nostro Paese una Patria, della quale dobbiamo essere orgogliosi”. Concludendo, Marco Bertolini ha ricordato come l’ANPd’I sia nata nel dopoguerra e voluta da tutti i paracadutisti (come è successo per tutte le altre associazioni d’Arma), che si erano anche combattuti su fronti opposti, perché hanno saputo ritrovare un’identità di valori che ha contribuito a ricostruire un’ideale di amor patrio in un Paese che era distrutto.

I paracadutisti della Folgore riposano sotto una stele al centro del Verano. Prima erano in un altro punto del cimitero monumentale, lo stesso luogo dove i superstiti della battaglia per Roma, che hanno vissuto come senso di colpa il non essere caduti con i loro commilitoni, hanno voluto essere seppelliti, tutti insieme. Anche loro sono stati omaggiati con una corona di alloro, la pianta per eccellenza dei poeti e degli eroi.