Una missione "glaciale" per la Regia Marina

(di Marina Militare)
17/07/17

"Città di Milano" fu l'unità della Regia Marina , al comando di Giuseppe Manoja, che partì il 20 marzo 1928 dal porto di La Spezia come supporto alla spedizione artica del dirigibile "Italia". Scopo della missione era dare il necessario appoggio dal punto di vista logistico e organizzativo all'impresa pianificata e fortemente voluta dal generale Umberto Nobile.

"Impresa" che avrebbe contribuito ad accrescere il prestigio della nazione e al contempo concorrere allo sviluppo del progresso delle ricerche scientifiche. Quest'unità fu costruita all'inizio del XX sec. dai tedeschi e passò in mani italiane in seguito alla vittoria del primo conflitto mondiale. La nave fu poi modificata in previsione delle particolari e avverse condizioni climatiche del Polo Nord.

Venne così ricoperta di lastre di acciaio e munita di attrezzature varie: una stazione metereologica, materiale telegrafico, una cestina per la discesa sui ghiacci, viveri per la sopravvivenza dell'equipaggio e molto altro. A bordo della nave, oltre all'equipaggio, erano presenti un gruppo di militari alpini, scienziati e studenti universitari. Prima di raggiungere la sua destinazione finale, nelle isole Svalbard, la nave fece diverse tappe per l'approvvigionamento prevalentemente di viveri freschi, tra queste: Gibilterra (27 marzo), Plymouth (3-7 aprile), Bergen (11-18 aprile), Tromso (22 aprile) ed infine, il 2 maggio giunse alla Baia del Re. Il "Città di Milano", bloccato dal ghiaccio, non poté attraccare alla banchina ma dovette fermarsi qualche miglio prima. Gli uomini, animati da un forte spirito, trascorsero diversi giorni a trasportare materiali, tra cui quelli necessari per la costruzione dell'Hangar per il dirigibile "Italia".

La missione del dirigibile, comandato dal generale Nobile, era raggiungere il Polo Nord, per acquisirne il primato. Il dirigibile "Italia", partì il 15 aprile del 1928 da Milano e giunse nella King's Bay(Baia del Re) il 6 maggio del medesimo anno.

L'equipaggio era formato da 16 uomini, tra cui scienziati, guide alpine e specialisti militari. Il dirigibile "Italia", già l'11 maggio aveva iniziato l'esplorazione della zona, ma a causa del persistere delle avverse condimeteo dovette rientrare alla stazione base. Fu nel corso del terzo viaggio esplorativo, il 25 maggio 1928, che raggiunse l'obiettivo della missione, sorvolando il Polo Nord. 

Il programma della missione, studiato nei dettagli, prevedeva che una volta raggiunto il Polo Nord, vi sarebbe sbarcato un gruppo dell'equipaggio del dirigibile che avrebbe provveduto a piantare il nostro "tricolore" e una croce donata dal Vaticano; purtroppo, la presenza di una forte perturbazione nella zona non permise quanto era stato pianificato, così il generale Nobile, dovendo prendere una rapida decisione sul da farsi, decise di lasciar cadere i due oggetti simbolo al suolo, in modo da testimoniarne il loro passaggio.

Dopo una breve parentesi di euforia e brindisi, a bordo del dirigibile, l'equipaggio si apprestava ad intraprendere la rotta del ritorno. Le condizioni meteorologiche nel frattempo andavano peggiorando e sulla rotta tracciata per raggiungere il Polo Nord, i venti gelidi spiravano contro, per cui si decise per una rotta alternativa a quella percorsa per il viaggio di andata.

La spedizione, dopo aver raggiunto con successo l'obiettivo della missione, stava andando incontro a quella che si trasformerà in una tragedia.

Le condizioni avverse ben presto fecero presa sul dirigibile creando problemi sia alla navigazione che alla propulsione, generando danni irreversibile all'involucro del dirigibile e infine decretandone loschianto al suolo. Nell'urto, la "gondola" si sganciò e l'involucro, con sei uomini all'interno, libero dal peso e senza possibilità di essere governato, si allontanò dal punto d'impatto senza che si seppe mai quale fu la sua sorte né quella degli uomini che vi erano rimasti in seno "prigionieri".

Nella "gondola", a seguito del violento impatto con il solido ghiaccio, si ebbe una vittima per emorragia interna. I superstiti, riorganizzatesi ed in attesa di eventuali soccorsi, ebbero un riparo sotto la famosa "tenda rossa".

Nello schianto, miracolosamente, si salvò la radio, ma la distanza tra la loro posizione e il maltempo non favorirono le richieste di aiuto alla stazione base, nave  "Città di Milano". Si decise poi, su base volontaria, di inviare alcuni di loro  in cerca di soccorso. Furono tre i superstiti che si incamminarono nella ricerca disperata di raggiungere i soccorsi che si ritroveranno, durante il loro percorso, isolati su un pezzo di banchisa distaccatasi e dove uno di loro (un fisico ceco) perirà per assideramento.

Nel frattempo, preoccupati del mancato rientro, come precedentemente concordato, sulla nave "Città di Milano" si erano attivate le procedure di ricerca e soccorso. Soccorso che fu alimentato nella speranza di ritrovarli in vita quando, a distanza di qualche giorno, venne captato un frammento di messaggio di aiuto da parte dei superstiti. Solo con la ricezione di un secondo messaggio, questa volta "chiaramente" decifrabile, si ebbe la certezza che qualcuno fosse sopravvissuto.

La notizia della tragedia, nel frattempo, si era diffusa e molti paesi offrirono il loro concorso nella ricerca. L'Italia inviò due aerei, tra cui un Savoia 55, pilotato dall'italiano Umberto Maddalena. Si attivarono per il soccorso imbarcazioni e aeroplani provenienti dalla Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia che inviò anche la "Krassin", nave rompi ghiaccio appartenente all'armata sovietica. Altre unità ebbero un ruolo fondamentale nel recupero dei superstiti come la Hobby, baleniera norvegese, e la Braganza.

Le operazioni di ricerca andarono avanti per giorni, fino a quando, avvistati dal pilota italiano Umberto Maddalena vennero recuperati e messi in salvo Cecioni Natale, Felice Troiani, Giuseppe Biagi, Viglieri Alfredo, Mariano Adalberto, Zappi Filippo e lo stesso Umberto Nobile a bordo della nave "Città di Milano".

Intrapreso il lungo viaggio di ritorno, il "Città di Milano" attraccò nel porto di La Spezia il 20 ottobre 1928 concludendo così la spedizione.

L'impresa, che per certi versi si rivelò una tragedia, fu comunque un successo; poiché l'Italia detenne il primato del raggiungimento del Polo Nord e portò a termine, oltre le aspettative considerando gli eventi, il programmato lavoro di ricerca scientifica ed i suoi risultati furono pubblicati a suo tempo dall'Istituto Idrografico, o direttamente o in pubblicazioni e periodici scientifici. L'impresa aveva confermato il dominio del mare dell'Italia e accresciuto il prestigio della Regia Marina.

(Questo articolo é il risultato del percorso formativo di alternanza scuola-lavoro a favore dei giovani studenti dell' Istituto d'Istruzione Superiore "G. De Sanctis" di Roma con l' Ufficio Storico della Marina Militare)