Le battaglie di Agedabia e Antelat, il III battaglione San Marco in Africa settentiornale

(di Marina Militare)
21/03/16

Poco dopo l’esaurimento dell’operazione Crusader (II Guerra Mondiale), conclusasi nel dicembre del 1941 con una vittoria dei britannici sulle truppe dell’Asse, “accade l’improbabile e il nemico senza alcun preavviso cominciò ad avanzare…” queste le parole del generale britannico Auchinleck a significare che il 21 gennaio del 1942 Rommel aveva deciso di passare alla controffensiva. Il III Battaglione San Marco, inquadrato nella divisione Sabratha e composto da 536 uomini, fu il primo a intraprendere l’avanzata contro le postazioni inglesi.

La manovra italo-tedesca era mirata a posizionare le truppe tra la città di Bengasi e la prima divisione corazzata inglese, al comando del generale Sir Frank Messervy e situata ad est di Agedabia, mediante una marcia di avvicinamento su due colonne, una sulla Via Balbia, l’altra nel deserto lungo Wadi Faregh, con l’obiettivo finale di accerchiare i britannici.

Il 22 gennaio del 1942 il San Marco mosse verso Agedabia: in meno di tre ore la città venne completamente occupata e non senza poche difficoltà; il Long Range Desert Group della British Army cercò di contrastare l’offensiva e gli inglesi non risparmiarono il Battaglione da logoranti bombardamenti aerei che, tuttavia, non scalfirono la prontezza di reazione degli uomini del San Marco, riuscendo questi ultimi ad abbattere alcuni velivoli nemici.

Gli alti comandi britannici a stento credettero che uno spostamento di uomini e mezzi di tale consistenza potesse avvenire in un così breve lasso di tempo e inizialmente declassarono l’operazione come una semplice ricognizione; ciò fece infuriare i soldati inglesi di prima linea i quali videro screditare il proprio operato, avendo essi stessi tentato di arginare il massiccio attacco dei fanti di Marina.

Ma l’ascesa bellica del San Marco era solo agli albori: il 25 gennaio il Battaglione attaccò Antelat città di importanza strategica primaria, di fatto divenuta una delle basi della Royal Air Force che vi stazionava da alcune settimane, sita in prossimità dell’incrocio delle piste per le oasi di Giarabub e Gialo nonché per l’altopiano di Carce. Ben si comprende come, a così breve distanza dai campi di volo avversari, il rischio di bombardamenti aerei fosse estremamente elevato per i marinai italiani.

I britannici, tuttavia, colti di sorpresa, non furono in grado di sfruttare il vantaggio tattico di cui disponevano, riuscendo a far decollare solo alcuni caccia Kittyhawk e Hurricane. Mentre le forze aeree inglesi ripiegavano a Msus, Antelat cadde alle ore 15:30.

Era la seconda vittoria del San Marco in meno di tre giorni. Nelle 48 ore successive alla battaglia, a causa della rapida avanzata, i rifornimenti vennero a mancare: fu solo grazie alla ferrea disciplina, al senso del dovere e all’incondizionata abnegazione che il morale dei 481 fanti di Marina, rimasti in forza al battaglione dopo lo scontro, poté mantenersi costantemente alto.

L’occupazione di Antelat fu così rapida e improvvisa che nei dispacci inglesi si sostenne che ad intraprenderla fosse stato un vero e proprio commando ossia forze speciali d’élite altamente addestrate. L’uso del termine “commando” andrebbe considerato in altro modo lusinghiero se rapportato al fatto che il San Marco fu impiegato per lo svolgimento di compiti e azioni ben diversi da quelli per i quali gli uomini del Battaglione erano stati preparati. Giunto in Africa Settentrionale nel novembre del 1941, addestrato principalmente per la guerra di posizione, il San Marco venne dispiegato al fronte in tutta fretta, tant’è che l’addestramento e l’amalgama vennero effettuati in loco, e impiegato in operazioni d’assalto.

Fu così che gli inglesi dovettero amaramente riconoscere che la riuscita dell’operazione era stata superiore a ogni previsione da essi posta in essere. Antelat fu così il primo banco di prova del coraggio e della resistenza degli uomini del San Marco in Africa.