La guerra del Kosovo. Vent’anni dall’attacco della NATO alla Serbia

(di Tiziano Ciocchetti)
24/03/19

Vent’anni fa cominciava il primo conflitto condotto dall’Alleanza Atlantica dalla sua fondazione.

Sintomatico il fatto che gli eventi nei Balcani si verifichino alla fine di quello che i politologi hanno definito il decennio dell’unilateralismo americano (gli Stati Uniti sono l’unica Superpotenza rimasta). Gli anni 90, infatti, sono stati caratterizzati da numerosi interventi umanitari, guidati dagli Stati Uniti, in difesa dei diritti umani violati, inaugurando quella politica di ingerenza negli affari interni degli Stati che preannuncerà l’attuale fase storica delle relazioni internazionali.

Il 24 marzo 1999, dopo mesi di violente repressioni, da parte del governo serbo, contro i guerriglieri dell’UCK (Ushtria Klirimtare e Kosoves, Esercito di Liberazione del Kosovo), ma che hanno coinvolto anche la minoranza albanese non combattente, ha inizio l’operazione della NATO ALLIED FORCE. Inizialmente gli attacchi impegnano circa 460 velivoli – di cui 240 americani - di 13 Paesi, lo scopo è quello di obbligare il Governo di Belgrado a ritirare le proprie truppe dal Kosovo.

Sostanzioso il contributo dell’Italia (l’allora Esecutivo in carica era guidato da Massimo D’Alema e sostenuto da una maggioranza di centro-sinistra) con più di 50 velivoli, dei quali 12 F-104 ASA-M, 8 TORNADO ADV (presi in leasing dalla RAF, compresi i missili aria-aria a medio raggio SKY FLASH), 6 TORNADO SEAD (per la soppressione delle installazioni radar), 10 TORNADO IDS, 12 AMX (impiegati in missioni CAS/RECCE) e 4 AV8B HARRIER II PLUS.

Il primo scontro avviene ad opera di caccia F-16 olandese, di scorta a un gruppo di MIRAGE (foto) francesi, decollati dalla base di Amendola in Puglia, che abbattono un MIG-29. Nei primi due giorni di operazioni, l’Alleanza compie 400 missioni – la maggior parte dei velivoli decollano dalla base di Aviano - colpendo 50 obiettivi in territorio serbo.

Il 27 marzo un F-117 dell’USAF precipita (forse abbattuto da un missile superficie-aria SA-3) a nord-ovest di Belgrado vicino al confine ungherese, il giorno dopo il pilota viene tratto in salvo da un MH-53J SUPER STALLION decollato dalla LHA NASSAU.

Nella nottata tra il 27 e il 28, 253 missioni vengono compiute da 66 velivoli colpendo 17 obiettivi.

Il 29 vengono distrutti a terra 7 MIG-29 serbi, lo stesso giorno cominciano le missioni di attacco al suolo degli A-10 THUNDERBOLT II.

Il 2 aprile entrano in azione per la prima volta i bombardieri strategici B-1 LANCER. Il giorno successivo viene bombardata la capitale Belgrado, mentre nell’Adriatico arriva la portaerei a propulsione nucleare ROOSEVELT.

Il 6 un gruppo formato da velivoli A-10 e HARRIER inglesi attaccano per la prima volta colonne corazzate serbe in Kossovo, distruggendo numerosi mezzi, tra cui alcuni MBT M-84.

Il 7 vengono effettuate 439 sortite colpendo 28 obiettivi.

Dopo tre settimane di operazioni il bilancio di ALLIED FORCE parla di 5.924 missioni aeree, 1.687 delle quali hanno comportato lo sgancio di ordigni, il 50% delle sortite sono state cancellate per il maltempo.

Il 14 un caccia F-16 americano colpisce per errore una colonna di profughi scortati da militari serbi nell’area di Djakovica, le vittime sono circa 75 (foto).

In tutto questo periodo di attività bellica, la Serbia cerca di migliorare il proprio dispositivo difensivo, anche nell’eventualità di un attacco terrestre da parte degli eserciti dell’Alleanza.

Al confine tra il Kosovo e la Macedonia le truppe di Belgrado interrano i carri armati e costruiscono sbarramenti difensivi, alcune fonti parlano di sagome in legno di mezzi militari impiegate allo scopo di ingannare i piloti della NATO (i serbi disporrebbero, con i riservisti, di 150.000 soldati e circa 2.000 carri e pezzi d’artiglieria di vario calibro).

Nella notte tra il 20 e il 21, viene colpito, nella notte, da tre missili da crociera TOMAHAWK, lanciati dalle unità in navigazione nell’Adriatico, il grattacielo Ceka a Belgrado, sede del partito socialista del presidente Milosevic.

Il 22 altri tre missili colpiscono e distruggono la residenza privata del presidente serbo, mentre nella notte del 23 un missile colpisce la sede della televisione di stato Rts, le vittime sono 15 più una trentina di feriti.

L’Ungheria e la Romania concedono il sorvolo dello spazio aereo alla NATO; in Albania gli americani cominciano a schierare gli elicotteri d’attacco AH-64D APACHE, insieme ai CHINOOK e ai BLACKHAWK. Mentre in Macedonia, le truppe dell’Alleanza stanziate al confine kosovaro raggiungono le 16.000 unità: chiari segnali di un possibile attacco terrestre, nel caso in cui la sola campagna aerea risulti inefficace.

Il 26 aprile il generale Clark, Comandante Supremo dell’Alleanza, chiede ai Paesi dell’Alleanza la disponibilità di altri 400 aerei. Finora i velivoli della NATO hanno compiuto più di 11.000 missioni, di cui oltre 4.000 d’attacco, causando tra le file serbe 400 morti e 4.000 feriti.

A fine aprile, nell’Adriatico, è operativa la portaerei GARIBALDI, con sei HARRIER, due SH-3D e due AB-212 armati con missili antinave MARTE.

Il 2 e 3 maggio, le centrali elettriche che forniscono l’energia a tutta la Serbia vengono colpite con bombe alla grafite. La Slovacchia annuncia l’apertura del suo territorio all’eventuale passaggio di truppe della NATO.

Nella notte dell’8 viene colpita, per errore, l’Ambasciata cinese, tra il personale diplomatico si registrano 5 morti e 20 feriti.

Alla data del 13 maggio le missioni della NATO sono 20.000, di cui 5.000 di bombardamento con lo sgancio di 10.000 ordigni. A fine mese le sortite della NATO raggiungono la cifra record di 772 in un giorno, di cui 323 di attacco al suolo e 92 contro le postazioni radar serbe. Il tribunale internazionale dell’Aja mette sotto stato d’accusa il presidente della Serbia Milosevic per crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

Il 2 giugno il Congresso americano decide l’invio in Europa di altri 7.000 soldati 68 aerei per il supporto alle operazioni in Kosovo. Il giorno seguente si riunisce il Parlamento serbo che, con 136 voti favorevoli e 74 contrari, accetta il piano di pace. Il presidente serbo Milosevic da il proprio assenso alla risoluzione parlamentare. Nonostante la dichiarazione di resa serba, la NATO compie nella giornata 630 sortite, con 284 bombardamenti e il lancio di 70 missili.

Secondo i dati in possesso alla NATO, i serbi avrebbero avuto, in 72 giorni di guerra, 5.000 morti e 10.000 feriti, tra militari e civili.

Il totale delle missioni aeree supera il numero di 32.000 di cui 20.000 con il lancio di ordigni.

Il 5 maggio si verifica uno stallo nelle operazioni di ritiro delle truppe serbe dal Kosovo, condizione imprescindibile perché cessino gli attacchi aerei. Il giorno successivo si scatena una violenta battaglia lungo il confine albanese tra le forze serbe e i guerriglieri dell’UCK, gli aerei della NATO compiono più di 400 missioni CAS (Close Air Support) in appoggio ai combattenti kosovari.

Il 10 maggio le forze serbe cominciano realmente ad abbandonare il Kosovo, si conclude così l’operazione ALLIED FORCE, dopo 79 giorni di attacchi aerei con oltre 34.000 missioni (1.200 quelle effettuate dai velivoli italiani).

Foto: Petar Milošević / web