Il Garibaldi: la prima unità navale lanciamissili balistici

(di Tiziano Ciocchetti)
17/09/19

Varato nel 1933, l’incrociatore Garibaldi con un dislocamento pari a 11.000 tonnellate a pieno carico era l’unità (insieme al Duca degli Abruzzi) più grande della classe Condottieri.

Alla fine del conflitto rimase in linea con la ricostituita Marina Militare, subendo nel 1958 nell’Arsenale della Spezia, profondi lavori di ammodernamento.

Proprio in quel periodo, l’allora Ministro della Difesa Antonio Segni ricevette il capo di Stato Maggiore della Marina Militare, ammiraglio Pecori-Giraldi, accompagnato dal capitano di vascello Glicerio Azzoni. Lo scopo della visita era quello di mettere a conoscenza del Ministro la realizzazione, da parte di Azzoni, di un efficace ed economico sistema per il lancio di missili balistici - del modello Polaris americano - che potesse essere imbarcato su unità navali di superficie.

Il progetto rappresentava qualcosa di veramente innovativo nel settore degli armamenti ma soprattutto in quello politico.

Nel campo Occidentale, a quei tempi, l’unica nazione a detenere il monopolio della forza nucleare erano gli Stati Uniti. Tuttavia altri paesi spingevano per potersi dotare di armamenti atomici, primi fra tutti la Francia e la Gran Bretagna, che già avevano avviato studi di progettazione.

I costi per creare un arsenale nucleare a livello nazionale erano elevatissimi. Il vettore più idoneo per coniugare costi/efficacia venne individuato nell’accoppiata sottomarino a propulsione nucleare e missile balistico intermedio con testata nucleare.

Infatti, la U.S. Navy indirizzò i suoi sforzi nella costruzione dei primi battelli SSBN della classe George Washington e del missile a raggio intermedio Polaris.

La Marina Militare decise di intraprendere un’altra strada, finalizzata alla realizzazione di un missile strategico imbarcabile.

Lo Stato Maggiore intraprese un proficuo lavoro tecnico-scientifico di ricerca. Esperienze e progettazioni di lancio e strutturali, di definizione delle strumentazioni di navigazione, individuazione dei riferimenti necessari alla guida di telearmi, di determinazione dei complessi movimenti delle navi rispetto alla precisione dei lanci, insomma tutto quello che concerneva la complessa operazione di lancio di un missile diretto contro un obiettivo posto a 4.000 km di distanza.

Nell’arco di un solo anno, Azzoni insieme ad un gruppo di ufficiali e tecnici, progettò un sistema di lancio da navi di superficie, in linea con le possibilità economiche dell’Italia.

Nel 1961 venne installato a bordo dell’incrociatore Garibaldi (pronto a rientrare in servizio dopo una vera e propria ricostruzione) un complesso di quattro pozzi per l’alloggiamento di missili balistici. Ad ottobre dello stesso anno iniziarono le prove di collaudo dei tubi. A dicembre iniziarono i lanci, con simulacri di Polaris, a nave ferma e a gennaio del 1962 fu la volta di quelli con l’unità in navigazione. Ovviamente tutto questo attirò l’attenzione degli americani, che non nascosero un certo interesse tanto da considerare l’imbarco del Polaris italiano sull’incrociatore nucleare Long Beach. Anche in ambito europeo l’interesse non fu da meno, in una prospettiva di realizzazione della Forza Multilaterale (MLF) della NATO.

Nonostante gli esiti positivi delle prove, il progetto venne abbandonato, sia per gli alti costi di realizzazione sia per il dissenso con gli Alleati ma soprattutto per il rifiuto degli Stati Uniti di fornire informazioni tecniche relative ai sistemi d’arma e di bordo installati sui loro sottomarini lanciamissili.