Il dirottamento dell’Achille Lauro

(di Tiziano Ciocchetti)
13/02/18

A metà degli anni ’80, un comunicato ufficiale del Ministero degli Interni della Repubblica italiana, il cui titolare allora era Oscar Luigi Scalfaro, annunciava che le Forze di Polizia erano ormai pienamente operative circa l’attività di contrasto al terrorismo, sia interno che estero, anche perché il fenomeno si era drasticamente ridotto.

Quasi a voler confutare tale positiva visione, il 7 ottobre 1985, giunse la notizia del dirottamente della nave da crociera italiana Achille Lauro, al largo delle coste egiziane. Un commando di quattro terroristi, del Fronte per la Liberazione della Palestina, aveva preso il controllo della grande nave passeggeri, con a bordo oltre 500 persone tra turisti – tra cui molti cittadini statunitensi – e membri dell’equipaggio.

Tra i Palazzi del potere di Roma si diffuse il panico, emanando la pressante richiesta alla Difesa di fare subito qualcosa.

Comunque la Difesa si attivò come poteva. Al largo della Sicilia orientale vi era in navigazione l’incrociatore portaelicotteri Vittorio Veneto, che fu inviato urgentemente verso il Mediterraneo orientale. Contemporaneamente vennero attivati gli unici due reparti di Forze Speciali delle Forze Armate italiane: il 9° Battaglione d’Assalto Col Moschin dell’Esercito di base a Livorno e il Gruppo Operativo Incursori della Marina Militare di base al Varignano.

I vertici militari italiani navigavano alla cieca in quanto l’unico precedente, di un dirottamento di una nave passeggeri, riguardava una imbarcazione portoghese nel 1961, e nessuno aveva mai pensato ad elaborare una dottrina operativa per una tale emergenza.

Venne allertata anche la 46ᵃ Aerobrigata di Pisa, dove giunsero i distaccamenti delle Forze Speciali, scortati dai carabinieri. Ad attenderli due aerei da trasporto C-130H Hercules con i motori accesi, una volta decollati fecero rotta verso la base inglese di Akrotiri sull’isola di Cipro. Durante il trasferimento, i comandanti dei reparti cercarono di elaborare un piano operativo. A quanto è possibile sapere, ne fu messo a punto uno che prevedeva l’utilizzo di elicotteri imbarcati AB-212, i quali si sarebbero dovuti avvicinare da poppa all’Achille Lauro, sfiorando il pelo dell’acqua, stazionando in hovering sopra i ponti superiori, infiltrando gli operatori delle Forze Speciali con la tecnica del fast rope.

Ovviamente l’azione era piena di incognite, in quanto non si sapeva il numero dei terroristi né che tipo di armi avessero a disposizione.

Il dirottamento fu risolto attraverso una estenuante trattativa, tuttavia i terroristi avevano ucciso un turista americano di religione ebraica, costretto su una sedia a rotelle. In base agli accordi per il rilascio degli ostaggi, il gruppo di terroristi venne trasportato da un aereo egiziano in Tunisia, ma subito dopo il decollo venne intercettato da una coppia di F-14 Tomcat della 6ᵃ Flotta e costretto ad atterrare sull’aeroporto militare di Sigonella, dove poco dopo atterrò un aereo da trasporto, con a bordo elementi del 1ᵃ Distaccamento Operazioni Speciali Delta (Delta Force) del U.S. Army. Il confronto che ne scaturì, circa la giurisdizione sull’aereo egiziano, sfiorò la crisi diplomatica tra i due alleati. Alla fine riuscì a spuntarla l’allora Presidente del Consiglio Bettino Craxi e i terroristi furono imbarcati alla volta di Belgrado.

Gli americani non si dimenticarono della vicenda e quando nel 2003 invasero l’Iraq riuscirono a rintracciare e catturare Abu Abbas - capo e fondatore del Fronte per la Liberazione della Palestina fin dai tempi del sequestro dell’Achille Lauro - il quale godeva della protezione di Saddam Hussein. Rinchiuso in un carcere irakeno morì in circostanze poco chiare nel 2004.

(foto: web)