Tra Russia e Mar Nero. Anche l'Italia nella Thracian Star 2019

(di Stefano Marras)
29/05/19

Dall'8 al 17 Maggio l'esercitazione militare a cadenza annuale Thracian Star sotto la guida della Bulgaria, nonché nazione ospitante, ha visto partecipi anche i caccia italiani Eurofighter Typhoon, insieme agli F-16 della Grecia, i Mig-21 e gli F-16 della Romania, oltre ovviamente ai velivoli bulgari, i Mig-29, L-39 Albatros e gli elicotteri Mi-24 e l'Eurocopter As-532. Obiettivo principale di Thracian Star, l'aumento dell'interoperabilità tra le forze aeree delle rispettive nazioni partecipanti, oltre che il perfezionamento di tattiche, manovre e procedure in scenari di guerra complessi.

Gli Eurofighter italiani che hanno preso parte all'esercitazione sono gli stessi dispiegati nella base militare Mihail Kogalniceanu nel sud-est della Romania e inquadrati sotto la missione “Enhanced Air Policing”, predisposta dagli alleati NATO a seguito dell'annessione russa della Crimea nel 2014 con lo scopo di rinforzare le difese aeree europee nel Mar Nero e nel Mar Baltico contro quella che sarebbe percepita come una rinnovata minaccia militare russa alla pace e stabilità regionale. In quanto parte dell'alleanza nord-atlantica, l'Italia ha già dispiegato i propri velivoli militari in Bulgaria, paesi Baltici e Islanda. La missione italiana in Romania dunque non rappresenterebbe altro che il “normale” proseguimento di una politica internazionale di deterrenza nei confronti di Mosca.

Tutta la regione attorno al Mar Nero infatti continua a rimanere una delle faglie geopolitiche più calde nel contesto delle relazioni NATO-Russia. A seguito degli eventi nella penisola di Crimea e all'incidente nello stretto di Kerch, entrambi gli schieramenti hanno incrementato la propria presenza militare nella regione. Il vantaggio tattico, almeno nel breve termine, pare tuttavia essere in mani russe, avendo negli ultimi anni potenziato il proprio sistema A2/AD in Crimea (Anti-access/Area-denial), tramite l'incremento della componente aerea e l'installazione di varie batterie anti-missile come i tanto temuti S-400. Inoltre, Mosca può vantare il fatto di poter tenere le proprie navi militari nel Mar Nero - dotate dei potenti missili anti-nave Kalibr - a tempo indefinito e poterle ancorare nella base di Sebastopoli.

Permanenza navale limitata invece a tutte le marine di quei paesi che non si affacciano nel suddetto mare sino a un tempo massimo di 21 giorni (Trattato di Montreaux del 1936). Anche il tonnellaggio è fortemente limitato, impedendo così alle unità più grosse come le portaerei americane, di poter essere dispiegate nella zona. Da qui la necessità di una maggiore integrazione e irrobustimento delle forze militari dei paesi regionali come in Thracian Star 2019, in cui potenze come Bulgaria e Romania, ancora in possesso dei vecchi aerei sovietici ed entrambe con sbocco nel Mar Nero, hanno la possibilità di condurre esercitazioni e integrazioni di alto livello con le forze aeree occidentali più moderne. Ciononostante, anche le forze NATO (Stati Uniti e Regno Unito soprattutto) hanno rinforzato la propria presenza navale e aerea nella regione, con l'invio periodico e alternato di unità da guerra sia come supporto operativo ma anche e soprattutto come segnale simbolico nei confronti di Mosca.

Accertato il riarmo e la situazione conflittuale dei due blocchi militari, rimane tuttavia la questione di fondo su quanto sia strutturale e di lungo termine tale confronto (divergenza intrinseca di interessi geopolitici, logica del realismo politico, ragioni geografiche e storiche ecc.), o se si tratti di una contingenza storica data perlopiù da una lettura geopolitica errata e stereotipata delle parti in causa, portandole al classico caso di “security dilemma”. Questione purtroppo spesso ignorata, per negligenza intellettuale o per volontà politica, ma che andrebbe probabilmente investigata più approfonditamente.

Foto: NATO - Italian enhanced Air Policing detachment / MoD Fed. Russa