Nigeria, viaggio nel caos

08/09/14

Alcuni amici che lavorano in Nigeria, nei mesi scorsi, chiedevano come mai certe notizie di interesse strategico, sociale e giornalistico non vengono divulgate nel resto del mondo. Questa domanda me la sono posta anch’io fino a quando ho deciso di fare chiarezza sui fatti in prima persona. Il tempo di fare qualche richiamo alle vaccinazioni, passaporto vistato e biglietto di sola andata fatto!

Lascio il freddo milanese e mi catapulto nel calore di Abuja. Arrivato all`aeroporto nella tarda serata mi attende il vice capo della polizia di Abuja che mi scorta fino al mio alloggio. Non scelgo di alloggiare ne all`Hilton ne allo Sheraton, diversamente da quanto raccomandato dalla polizia e da alcuni colleghi giornalisti, ma in un appartamento in un compound di una società italiana.

Ancor prima di andare a dormire e smaltire le 7 ore di volo, chiedo insistentemente di avere subito delle informazioni sulla situazione.

In questo breve periodo ho percepito che la questione nigeriana è ben più complessa di quanto mi aspettassi.

Nonostante il suo cognome, sembra che il president Goodluck non abbia proprio fortuna.

Il president Goodluck, di fede Cristiana, non è un vero e proprio politico e non è stato neanche eletto dal popolo. La sua ascesa all'esecutivo federale è stato un caso e non un volere popolare. Infatti lui è succeduto, in qualità di vice presidente dopo la morte del presidente in essere che aveva guidato il Paese nigeriano già per 3 anni. Questo ha fatto si che si interrompesse quello che era un abitudine consueta ovvero l'alternanza quadriennale tra cristiani e mussulmani.

Da questa situazione di sfavore da parte dei mussulmani ne è nata una vera guerra politica e civile.

In un Paese in stato di emergenza e frazionato come la Nigeria, sia etnicamente che religiosamente i numeri diventano importanti quando si parla di popolazione, che è la più numerosa dell'Africa contando circa 160 milioni di abitanti, a questi bisogna sommare tutti gli immigrati clandestini e non che trovano in Nigeria un posto di lavoro o un mezzo di sostentamento alternativo a quello dei paesi limitrofi ancora più poveri. La Nigeria è un grande esportatore di petrolio grezzo e terzializza all'estero la raffinazione, per importare il carburante finito. Ma questo strano giro ha delle ripercussioni in una economia già debole e corrotta di suo.

Infatti nella seconda settimana di gennaio è stato indetto uno sciopero contro la decisione di Goodluck di eliminare i sussidi al prezzo dei carburanti. Lo Stato sovvenzionava per quasi il 70% il costo della benzina alla pompa di carburante, riuscendo a mantenere basso il prezzo alla popolazione, che guadagna mediamente 25.000 Naire (circa 120 euro) al mese. Ma a causa dell'alto costo di reimportazione del prodotto finito e al furto illegittimo di tonnellate di petrolio grezzo dall'oleodotto (parliamo di numeri esagerati che sfiorano il valore del PIL italiano), il Governo non può più sostenere una spesa pubblica di questa natura e quindi il prezzo del carburante è stato incrementato, passando da 65Naire a 140Naire. Uno sciopero totale e di tutte le categorie, durato 8 giorni che ha inginocchiato il Paese e che è costato circa 630 milioni di dollari al giorno.

A questo, si sommava la ormai endemica lotta al terrorismo, che negli stessi giorni dello sciopero veniva annunciato l`inizio della guerra ai cristiani e al Governo centrale da pare della setta islamica filo-qaedista di Boko Haram.

Le unità di sicurezza dell'intelligence con cui ho avuto modo di parlare in questo frangente, mi hanno spiegato chiaramente che nel nord del Paese, per una mera questione di numeri, la popolazione di fede mussulmana è una maggioranza assoluta, sfiorando valori del 97% nel Sokoto. Regione questa di importanza strategica per i terroristi islamici, in quanto al confine con il Niger e quindi con ampie possibilità di comunicazione ed alleanze con le organizzazioni terroristiche del nord Africa, in particolare con quella algerina. Di una probabile affiliazione vi è prova da alcuni algerini uccisi o catturati dalle forze di polizia durante le varie azioni per il controllo del territorio.

Ma l'evento dinamitardo per eccellenza si è avuto nella seconda metà di gennaio, quando in un normale venerdì scandito dalle litanie degli imam nelle moschee, 20 bombe in 20 diversi attentati rompevano l'idillio di quegli istanti, tutti nella medesima città.

Kano divenne nel giro di 2 ore, la città più insicura di tutto il globo. Nessun posto, nessun ufficio, nessuna scuola erano sicuri. Oltre alle bombe, si fecero sentire anche i proiettili che in una guerra dove tutti sono nemici, si sparava su tutti i fronti e su civili inermi. Civili presi di mira solo perché stranieri o cristiani. Come una donna cingalese che portava al collo un crocifisso, arrivata in Nigeria qualche giorno prima dell`attentato, per riavvicinarsi al marito, operaio di una multinazionale delle costruzioni, uccisa con un colpo in fronte.

Il numero dei deceduti, nelle prime ore sembrava stranamente basso per poi arrivare a quota 186.

Quindi parto per Kano, dove nel frattempo era stato introdotto il coprifuoco di 24 ore in tutta la regione, ma grazie alla scorta degli ormai fedeli MOPOL (Nigerian Mobile Police, ndr) e a qualche buona dose di Naire, riusciamo, insieme all'amico reporter della Reuters a raggiungere la città martoriata.

Non si vedono altro che mezzi dell'esercito ed elicotteri da combattimento. Solo qualche abitante del luogo si avventura per le strade ma viene prontamente arrestato e in qualche caso ucciso senza troppi perché.

Mi metto in contatto con il capo centro degli SSS (State Security Service, intelligence nigeriana, ndr) di Kano e mi da appuntamento in una zona fuori città in luogo aperto nelle vicinanze dell'arteria stradale principale, pronti in caso alla fuga. Mi informa che sono stati mobilitati migliaia di uomini tra polizia ed esercito e che per motivi di sicurezza sono stati rafforzati i controlli in tutta la regione. Il termine “rafforzare i controlli” è stato accompagnato dal gesto di tagliare la testa e terminato il discorso con “Just in case!”

Non a caso il presidente Goodluck ha smobilitato l`intero battaglione 22 degli SSS, uomini passati alla storia per essere dei freddi sanguinari. Parte di loro sono ora nella scorta personale del presidente.

Ritornando ad Abuja, notiamo subito che anche in questa città erano state intraprese azioni atte al rafforzamento della sicurezza presso le varie sedi di governo e caserme. Forse anche perché si erano fatti sfuggire dopo l'arresto, il mandante della strage di Natale che, con un semplice stratagemma da film di Totò in “Guardie e Ladri”, riusciva a scappare dalla finestra a piano terra della toilet della stazione di polizia dove era trattenuto.

Il popolo nigeriano è sempre più convinto che l'attuale esecutivo, oligarchico e corrotto, sia totalmente inaffidabile. L'aria di insicurezza avvertita dai nigeriani è fortissima, come quella della sfiducia verso un governo ormai di minoranza, ma che resta al potere nonostante la volontà contraria del popolo sovrano.

Solo la minoranza della popolazione pensa che il presidente Goodluck abbia agito con decisione, dichiarando lo stato di emergenza, ma anche tra i sostenitori si sta diffondendo il malcontento.

Lo stato d'emergenza è esattamente il riconoscimento di una situazione anomala, molto simile allo stato di guerra e quindi l'uso, anche illegittimo, dell'esercito è richiesto e tollerato. A modo suo Goodluck, sulla lotta al terrorismo, si rifà al presidente Bush, che incalzato da tutto il popolo americano a seguito del vile attacco dell’11 settembre, attivò il suo potente apparato militare. Cosa che continuò, secondo il parere di Goodluck in un recente comunicato, il presidente Obama con l`uccisione di Osama Bin Laden.

Ma evidentemente Goodluck vuol fare della demagogia spicciola e non ammette che Boko Haram, non è una semplice setta, ma una vera organizzazione terroristica ben integrata nel sistema sociale e politico, tanto da avere contatti con membri del Partito Popolare Democratico, ostico al potere federale centrale e di essenza scissionista. Quindi non vi sono solo atti vili commessi da una setta, ma una vera e propria cospirazione atta all'indebolimento dell'esecutivo che con una analogia di casa nostra, riportata agli anni di piombo, vuol instaurare un senso di insicurezza generale.

Il Governo federale nigeriano, in qualche modo deve far sentite la sua autorità. E lo fa cambiando tutti i vertici della polizia che, fino ad allora, hanno svolto azioni fallimentari. Quindi la nuova leadership delle forze di polizia si mette all'opera compiendo rastrellamenti porta in porta in tutti i villaggi del nord. Ma una azione segreta passerà alla storia della lotta al terrorismo islamico in Nigeria: con un blitz degli SWAT, coordinati dai servizi segreti, viene arrestato il portavoce di Boko Haram.

Un successo per il Governo?

Un successo che dura meno di 24 ore, quando su internet appare un video messaggio del vero portavoce di Boko Haram, che con in braccio la figlia e attorniato dalla propria famiglia e sostenitori, smentiva di essere stato catturato, anzi stava trascorrendo una fantastica e piacevole giornata gustando Shawarma (tipico cibo nigeriano), prendendosi gioco della polizia e del presidente Goodluck.

La nostra fonte dei vertici dei servizi segreti, non ha mai voluto commentare quanto accaduto e stringendosi nella vergogna di un grave errore afferma solamente: siamo nelle mani del Signore!

Comunque, tra fallimenti e vittorie, la lotta al terrorismo islamico in una terra controversa come la Nigeria continua senza sosta e si scontra con quella parte di popolo, islamico, che in qualche modo appoggia e sostiene Boko Haram.

Molti sono stati i caduti tra le fila della polizia e dell'esercito nell'adempiere il proprio dovere. E fra questi, un caso in particolare, ci ha colpito. In una tranquilla giornata di riposo, il capo centro degli SSS di una cittadina del nord del paese, viene ucciso da una banda di terroristi islamici, con un solo colpo in testa. Alla moglie, incinta, viene inciso sul grembo la frase “ALLAH THE ETERNAL”. Be' sono questi i momenti in cui il cinismo di un reporter lotta con il disgusto e talvolta la voglia di giustizia.

Sapevo benissimo che questo viaggio non sarebbe stato facile e tranquillo e l'ho capito quando a 200 metri dal nostro hotel ½ stella nella zona sud della città di Kano, fanno esplodere un autobomba presso una stazione di polizia, dove per fortuna ne siamo usciti solo con qualche escoriazione superficiale causata dalla rottura dei vetri delle finestre. Un atto vile compiuto subito dopo la festa dell'anniversario della nascita di Maometto. Come quando, alloggiati presso una caserma dell`esercito, lungo il muro di cintra, tra le sterpaglie, ritrovano un IED con 6kg di ANFO (miscela esplosiva, ndr), pronto ad esplodere. Ma il nostro intento era ed è quello di conoscere in prima persona la realtà nigeriana per poter diffondere quello che altri non divulgano. Vivendo in Nigeria e andando in giro per le strade è facile incappare in una sparatoria o in una esplosione, cosa che mi è successa direttamente, rimanendo fortunatamente illeso ma perdendo 5 soldati della scorta durante un attacco a fuoco da parte di numerosi terroristi. Quindi continuamo il viaggio nel caos nigeriano.

Boko Haram, che letteralmente significa “l'educazione occidentale è peccato” in questo momento, sta dettando legge in tutto il territorio nel nord e vuole entrare a pieno titolo nella politica federale istituendo, nelle loro competenze regionali, la Sharia. Il capo fondatore, Ustaz Mohammed Yusuf, ucciso nel 2009, si era addestrato nei campi di Al Qaida nei pressi di Kabul, rimanendo affascinato dall'ideologia e dal carisma di Bin Laden. Intitolò la sede centrale di Yobe, proprio "Afghanistan".

Ma analiticamente, il gruppo islamico di Boko Haram, si differisce dalle altre cellule su una sostanziale caratteristica. Dal 2002, anno della sua fondazione non ha mai fatto uso di kamikaze, preferendo passare alla storia dei martiri di Maometto come veri combattenti ed ingaggiando in prima persona, arma alla mano, l`infedele cristiano o filo occidentale, ugualmente motivati al proprio sacrificio per la causa islamica.

Come analista faccio la riflessione che, indifferentemente della linea politica dell'esecutivo, il terrorista è un perdente e con questi atti non capisce che non colpisce solo il governo, ma anche il benessere sociale ed economico che la Nigeria in questi anni ha comunque assicurato a tutti. Quindi mentre l`esercito è in mobilitazione, anche il popolo nigeriano deve far qualcosa per migliorare il suo status di popolo martoriato. Deve vincere un senso di “responsabilità individuale” per la sicurezza sociale di tutto il Paese. Solo se tutta la Nigeria agirà unita con coraggio, prevarrà.

Giovanni Di Gregorio