ACP 62/70: non aveva una bella linea, ma era alto e massiccio

(di Gianluca Celentano)
13/12/17

Andare così indietro nel tempo per scavare nella storia di qualche valido mezzo che ha fatto la storia della motorizzazione militare, ti fa talvolta comprendere come sia passato il tempo molto di più di quanto lo possa fare un compleanno. Del resto il mezzo che vi proporrò - almeno nella sua seconda “edizione” -, ha la mia età.

Massiccio, accattivante, squadrato e con due fanali tondi ai lati di una presa d’aria verticale a forma di tempio greco, la semplicità non lo rende certo bello, ma nessuno può negare i suoi pregi, tra i quali spiccano praticità e robustezza. Stiamo parlando dell'ACP 62/70 Fiat 6602 4x4 e 6x6, dove le iniziali ACP equivalgono alla classificazione di “autocarro a carico pesante”.

Affiancava il lavoro del più piccolo e leggero “baffone” ACM 52 quando nelle caserme gli ACL e ACM non erano ancora arrivati a dargli il cambio. Ha fatto la storia e riempito i ricordi di migliaia di giovani e di militari professionisti che, in base al loro incarico, si interfacciavano tutti i giorni con questo mezzo, magari solo per pulire i contatti delle batterie e isolarli con della vasellina passata con un pennello, o più semplicemente per i controlli di rito imposti dall’Ufficio Automezzi di battaglione o per tirarlo a lustro, sempre con un con pennello, ma in questo caso con il gasolio.

L’ ACM 52 si associava di più al concetto di “camionetta militare”, forse per le sue linee arrotondate o magari per la sua comune presenza, nelle versioni adibite alla pubblica sicurezza, negli animati cortei degli anni ’70. L’ACP, il più pesante, era considerato “il vero camion militare”, ma c’è anche da dire che il più delle volte perdeva la A ed era chiamato semplicemente CP.

Versioni diesel aspirate, ma nel ’62 era anche a benzina

Il concetto di camion a benzina, anche se sarebbe più corretto parlare di “autocarro” non era in realtà una novità, infatti le motorizzazioni della prima metà del ‘900 prevedevano, anche se non molto diffuse, propulsori a ciclo otto - a benzina - per incrementare le potenze, visto che il turbo non era ancora disponibile. Alcune di queste pesanti versioni militari appartenevano soprattutto al Regio Esercito e si caratterizzavano per la sigla B benzina piuttosto che la N nafta. Negli Stati Uniti fino agli inizi degli anni ’90 non era difficile imbattersi in enormi autotreni o autoarticolati della Kenworth piuttosto che Mack con motorizzazione a benzina. Del resto basta ricordare il motore di qualche carro armato come il Lee/Grant M3 o l’M1 Abrams, ma anche dell’M113 che, come sappiamo, derivava da quello di un'automobile americana.

La versione a benzina del CP 62 consumava un litro ogni 700 metri e, nonostante avesse 90 cavalli e buone prestazioni, venne convertito dalla OTO Melara nella versione con alimentazione a gasolio.

L’identificazione numerica distingueva la tipologia di motore e le caratteristiche del mezzo; il 6602 era un due assi mentre il 6607 ne possedeva tre, ma entrambi come tutta la serie, potevano chiaramente inserire la trazione integrale e utilizzare le marce ridotte e nei casi più difficili oltre al differenziale posteriore, si poteva bloccare anche quello anteriore, una novità questa.

Il suo cambio di velocità non prevedeva, come per l’ACM 52, il passaggio alle mezze marce e sotto questo aspetto era più ambito dai conduttori. Esisteva anche la versione trattore, cioè una motrice adibita al traino di pesanti rimorchi che era classificata 6605TM ossia trattore medio.

Pneumatici singoli, gemellati e carrozzeria “cabriolet”

In funzione del suo impiego e delle richieste dei reparti di destinazione, il suo robusto telaio poteva appoggiare posteriormente su coppie di ruote gemellari oppure singole che avevano le stesse misure delle coperture montate sull’ACM80. I pneumatici gemellari lo rendevano più adatto ai carichi pesanti, ma il consumo saliva e insieme ad esso anche la facilità di impantanarsi nel fango. La meccanica posteriore del differenziale ma anche quella del motore erano simili a quella CM 52 con opportune modifiche e maggiorazioni rivisitate per sopportare i maggiori sforzi.

Le novità

La trasmissione era innovativa e di serie aveva il servosterzo e il freno pneumatico. Le sue cinque marce erano sincronizzate ma la doppietta era comunque consigliabile per rendere più fluide e magari divertenti le cambiate; il freno motore non era più inseribile con una leva sul cruscotto ma con un pedale pneumatico posto vicino alla frizione e che occludeva, azionandolo, parte del collettore di scarico.

Ma l'aspetto forse più innovativo è un certo richiamo coloniale e sahariano, dettato dall’apertura posteriore della cabina che vedeva l’utilizzo di un telone arrotolabile con lo stesso sistema della Citroen 2 cavalli.

La cornice del parabrezza non era vincolata alla struttura ma fissata su cerniere e poteva essere rimossa o abbassata, così come le portiere che si aprivano controvento e potevano anche essere bloccate aperte sulla fiancata. Queste erano le caratteristiche che rimanevano forse più impresse dopo aver visto per la prima volta il CP in caserma. Tuttavia le versioni a tre assi, diffuse nel Genio e negli Alpini, potevano avere la doppia cabina, ma in questo caso era tutta in lamiera.

CM 52 e Lancia ACL, in mezzo il CP 70

Il grosso del lavoro logistico e operativo è stato senz'altro svolto dall' ACM 52 che era il più diffuso, tuttavia ad alleggerire i compiti dei due autocarri, arrivò in soccorso nel '75 la prima serie “avveniristica” per l'epoca dell' ACL marchiato Lancia.

L'autocarro pesante CP quando non faceva il jolly tra queste due macchine lo doveva fare con i veicoli della serie Astra BM 200, più confortevoli e di derivazione civile e utilizzati nelle versioni ribaltabile o rimorchio carri d’artiglieria, La prerogativa a “freddo” di questi mezzi, CP compreso, metteva alla prova l'abilità del guidatore. Era un po' la caratteristica dei freni a tamburo che, se con il bagnato allungavano gli spazi d’arresto, d’inverno rendevano traumatiche le prime frenate. Generalmente il conduttore, prima di iniziare il servizio, lanciava nel piazzale di manovra il CP e successivamente faceva due o tre inchiodate per scaldare i ceppi dei tamburi che, una volta raggiunta la temperatura adeguata, erano davvero molto efficienti.

Le caratteristiche più salienti

Guida rigorosamente a destra, almeno sino alla versione del ’70, quando fu spostata a sinistra e, grazie all'enorme disponibilità dei ricambi, questo autocarro ha continuato a svolgere il suo servizio sino alla fine degli anni ’80.

La versione diesel aveva una cilindrata di 9816 cc per poco meno di 200 cavalli e una velocità superiore agli 80 km/h, la portata si attestava a cinque tonnellate a fronte del suo peso pari a sette tonnellate e mezza. L'altezza di 3 metri, oltre ad essere apprezzata nel traffico e dai conduttori, gli permetteva di immergersi nei guadi sino ad un metro e mezzo abbondante. Un vero mulo per quanta riguarda il traino che poteva spingersi sino a 10 tonnellate. Era disponibile poi, un sistema innovativo ad arpionismo Hill Holder per evitare, a carico, l’arretramento in salita. Sul cruscotto oltre alle poche e spartane spie a 24volt e l’ingresso per il “chiodo” c’era la leva dell’acceleratore a mano, utilizzata anche per dare più potenza alla presa di forza.

Veri autisti vs patentati

Di questa differenza si è già parlato e sappiamo che è sottolineata anche nei forum dei colleghi autisti. In effetti, non si può negare che vi è un'enorme differenza tra chi dopo aver conseguito la patente con qualche ora di guida è convinto - con un “pizzico” di presunzione - di essere un autista completo e coloro che invece sono sul volante di un mezzo pesante e sulle strade tutti i giorni. Fare l'autista è anche una filosofia di vita che si comprende solo facendo questo lavoro, ma soprattutto è un impegno che richiede malizia ed esperienza, due abilità che si raffinano durante tutta la vita lavorativa.

Tuttavia l'era dei touch screen e dei joystick ha rappresentato per i più giovani una fisiologica e drastica perdita della competenza manuale meccanica; va ricordato invece che, benché il “CP” fosse più moderno dell’ACM 52, la scuola guida militare ha continuato a utilizzare per la formazione il più complesso “baffone CM 52” fino agli anni ’80.

Una buona e utile “palestra” quella militare per formare i conduttori, molti dei quali, grazie al servizio di leva, hanno intrapreso questa professione, che oggi ahimè sembra minata dalla globalizzazione economica e dai guadagni ormai irrisori; a questo proposito, le stesse associazioni di categoria stanno lanciando sonori anche se inascoltati segnali d’allarme.

Il racconto di un amico, un luogotenente

Amico lo è ora, ma al tempo era il mio superiore diretto del quale ricordo anche qualche sonoro “cazziatone” che mi aveva sollevato da terra rigido e sull'attenti. Il maresciallo maggiore aiutante Filippo Formica, del 3° btg trs Spluga, oggi 1° rgt trasmissioni, mi ha voluto raccontare un episodio della sua carriera proprio a bordo dell'ACP 70. C'è da dire che oltre alla sua grande preparazione in materia di trasmissioni era ed è tutt'ora una persona umana e dotata di un grandissimo umorismo, tanto da sdrammatizzare qualsiasi evento.

Quando era sergente maggiore aveva avuto l'ordine assieme alla sua squadra di raggiungere a bordo di un ACP una sperduta località in alta montagna dove, come mi spiegava, c’era una sorta di “visibilità elettromagnetica” ideale per installare sistemi radio a valvole AN Rmc 69 posti all’interno degli Shelter trasportati sul piano di carico del Fiat 6602 CP. I sistemi satellitari non erano ancora raffinati e le comunicazioni viaggiavano con “ponti di ripetizione” sino al centro nodale.

Durante la missione, dopo un abbondante diluvio durato due giorni, il suo ACP rimase impantanato e bloccato nel terreno trasformato in un acquitrino. Fu solo grazie a un verricello da 9 tonnellate di tiro presente anteriormente e posteriormente e all’inserimento della presa di forza che riuscì a venir fuori da un'esperienza non certo facile. Tuttavia, Filippo Formica rimane dell'opinione che il CP è stato uno dei migliori e riusciti automezzi in dotazione alle Forze Armate.

Un simpatico commilitone

Originario di una località al confine tra il Lazio e la Campania, di cognome faceva Pica, un ragazzone che già prima del militare lavorava come autista avendo conseguito la patente appena compiuti i 21 anni ed essendo riuscito a rinviare di qualche anno il servizio di leva.

Io, di qualche anno più giovane, cercavo sempre di affiancarlo come capo macchina e lui, durante le manovre vicino ai magazzini in caserma, mi insegnava tanti particolari del CP. Nella vita civile trasportava roulotte con una bisarca e dopo le saponate nel corridoio delle campate in maglietta, boxer e ciabatte, si divertiva a simulare con la bocca lo sfiato dell’aria del camion quando si staziona e persino il rumore delle cambiate. Davvero unico e singolare questo ragazzo di cui ho purtroppo perso i contatti. Questa era la leva militare, tante esperienze che formavano forse con più umiltà gli uomini del futuro.

Una seconda vita. Le elevate qualità e affidabilità hanno permesso ai CP 70 di essere convertiti, una volta dismessi dalle Forze armate, in veicoli di pubblica utilità, come spazzaneve, traino gru eccetera. Molti sono finiti in Africa e altri sono stati trasformati in camper 4x4, come gli ACM.

Concludo salutando con affetto tutti gli alpini e i reparti del genio che hanno fatto migliaia di chilometri nei trent'anni di vita dell'ACP 62/70.