La situazione delle forze armate italiane: l’armamento della fanteria

(di Tiziano Ciocchetti)
31/07/19

Fino agli inizi degli anni ’90 dello scorso secolo, la fanteria italiana era, nell’ambito delle forze armate della NATO, quella armata in modo peggiore.

L’arma lunga standard era il fucile Beretta BM-59 in calibro 7,62x51 mm (con le varianti, con calcio in metallo pieghevole, per truppe alpine e paracadutiste), ovvero una trasformazione del semi-automatico GARAND M-1, tra l’altro ancora in servizio presso alcuni reparti di seconda linea dell’Esercito italiano alla fine del XX secolo.

Le pistole in dotazione agli ufficiali e sottufficiali erano ancora le Beretta Modello 1934 (immagine di apertura tratta dal film "Tutti a casa" con Alberto Sordi) in calibro 9x17, già in servizio da prima della Seconda Guerra Mondiale.

Un altro reduce di prima della guerra era la bomba a mano a percussione SRCM (dall’effetto deflagrante poco efficace), nonostante già dal 1982 fosse stata realizzata la O/D82.

Come mitragliatrice, a livello di squadra, vi era la leggendaria MG-42/59, ricalibrata in 7,62x51 mm nel 1959. A livello di plotone, la fanteria italiana, poteva contare sulla sempre valida Browning M-2HB in calibro 12,7x99 mm.

Per quanto riguarda il settore anticarro - nelle corte distanze - ci si affidava ai vetusti bazooka da 88 mm, quando già sul mercato esistevano lanciarazzi molto più moderni ed efficaci (si cercò, per fortuna senza successo, di introdurre il FOLGORE, una sorta di lanciarazzi/cannone da 80 mm di produzione nazionale ma dalle prestazioni assai limitate). Mentre per le gittate maggiori si disponeva di sistemi più moderni, come i missili filoguidati MILAN e TOW.

Quindi, come si evince da questa breve analisi, mancavano fucili d’assalto moderni, mitragliatrici leggere, pistole mitragliatrici, lanciarazzi moderni nonché fucili di precisione (il tiro di precisione, a parte le forze speciali, era del tutto ignorato dai vertici delle Forze Armate italiane).

Non mancavano certo le realizzazioni a livello nazionale, come il fucile d’assalto Beretta AR-70 nel nuovo calibro 5,56x45 mm, destinato a diventare il nuovo calibro standard della NATO (con munizionamento M-198 da 55 grani), apparso per la prima volta nel 1970 venne successivamente adottato dall’Aeronautica Militare, per armare i reparti VAM (Vigilanza Aeronautica Militare), in luogo dei vecchi MAB-38 calibro 9x19 e dalla Marina Militare che lo distribuì all’allora Battaglione San Marco e agli incursori del GOI.

La scelta americana per un munizionamento più pesante, sempre in calibro 5,56x45, da 62 grani (SS-109), portò la Beretta a progettare una nuova arma che potesse impiegare il nuovo colpo.

L’Esercito ci mise 20 anni per formulare l’ordine di acquisto per il nuovo fucile d’assalto. Il prodotto della Beretta era stato stressato da questo tempo lunghissimo e dalle infinite prove di comparazione con gli altri concorrenti, come il VB-SR (un GALIL prodotto su licenza dalla Bernardelli) e l’H&K G-41 (prodotto su licenza dalla Franchi). Dopo tutto questo tempo si dovette modificare la sigla del fucile, denominandolo AR-70/90 (la versione con calcio pieghevole venne denominata SC-70/90, mentre quella per i paracadutisti SCP-70/90, caratterizzata, oltre che dal calcio pieghevole, da una canna più corta).

La famiglia AR-70/90 ebbe il suo debutto operativo in Somalia, nel corso dell’operazione Ibis. Inizialmente i parà della Folgore erano stati mandati ancora armati dei BM-59, successivamente giunsero i nuovi fucili anche se la lunga sperimentazione, a cui erano stati sottoposti, non li aveva privati di gravi difetti. Uno di questi era la leva di sgancio del caricatore, troppo sensibile e, in caso di urto accidentale, lasciava l’arma priva di alimentazione (il problema venne risolto dai militari in loco grazie all’aggiunta di un gommino intorno alla leva, prima che si realizzasse in serie un semplice bordino che risolvesse il difetto).Nonostante il peso non certo contenuto (l’SCP raggiungeva i 4,5 kg a vuoto) e l’eccessiva spigolatura, quando inizia la missione IFOR in Bosnia, l’Esercito italiano è standardizzato sul nuovo fucile d’assalto.

Nel 1997, con la missione Alba in Albania, fa l’apparizione la pistola mitragliatrice Franchi LF-57 calibro 9x19 mm. Precedentemente data in dotazione ai soli acquisitori del GRACO (Gruppo Acquisizione Obiettivi), venne modificata negli stabilimenti di Terni con l’aggiunta di un selettore per il colpo singolo, si pensava di darla in dotazione agli equipaggi degli elicotteri e agli autisti. Tuttavia, poco dopo, venne ritirata dal servizio.

Intanto, anche a causa delle missioni che nel corso del decennio si sono succedute, stavano entrando in servizio nuovi armamenti. Per esempio, come arma anticarro portatile, venne inizialmente acquisito un piccolo quantitativo di lanciarazzi francesi APILAS (la testata da 112 mm era in grado di perforare, a 400 metri, oltre 700 mm di acciaio), portati anche in Somalia. In seguito l’Esercito decise di puntare sul PANZERFAUST 3 tedesco.

La modernizzazione dell’armamento della fanteria proseguì, nella seconda metà degli anni ’90, con l’adozione della LMG MINIMI in calibro 5,56x45 mm (prima venne acquisita dal Col Moschin), e finalmente si prestò la giusta attenzione al tiro di precisione, con l’introduzione dell’ACCURACY .338 Lapua Magnum (8,6x70 mm), un calibro che permetteva di ingaggiare bersagli a lunghe distanze. Tuttavia, all’inizio del nuovo millennio, continuavano a mancare (tranne che per le forze speciali) i lancia-granate da 40 mm, sia quelli a colpo singolo da agganciare ai fucili, sia quelli automatici da installare sui mezzi.

Attualmente, l’armamento leggero della fanteria italiana è uno dei migliori tra gli eserciti della NATO.

Come arma da fianco è ormai da tempo in servizio la Beretta 92FS, anche se sarebbe il caso di sostituirla con la versione A3 (almeno per i reparti di prima linea), in quanto può montare delle slitte per gli accessori.

La serie 70/90 è in fase di completa sostituzione con il nuovo fucile d’assalto Beretta ARX-160A1 (anche nella versione A3, con canne da 11” o da 14”, a seconda delle esigenze) sempre in calibro 5,56x45 mm. Sono stati adottati anche i lancia-granate a colpo singolo GLX-160, che si possono installare sotto il copricanna degli ARX. Sta entrando in servizio anche il battle rifle ARX-200 in calibro 7,62x51 mm, per ingaggiare bersagli a medie distanze, comprese tra i 400 e i 600 metri.

Per sostituire la MG-42/59 si sta introducendo la versione della FNH MINIMI in calibro 7,62x51 mm, da affiancare al modello in calibro più piccolo.

Comunque, il settore che ha ricevuto maggiore attenzioni, in questi ultimi anni, è sicuramente quello del tiro di precisione, con corsi dedicati presso i reparti operativi e la creazione di appositi iter formativi per tiratori scelti alla Scuola di Fanteria di Cesano. Di conseguenza sono stati introdotti nuovi armamenti, come il SAKO TRG-42 calibro .338 Lapua Magnum e il BARRETT M-107 12,7x99 mm.

Presso le forze speciali stanno entrando in servizio i nuovi lancia-granate automatici americani Mk-47, i quali andranno a sostituire i vecchi Mk-19 che si spera, quindi, possano passare ai reparti combattenti convenzionali. Salendo troviamo il mortaio leggero austriaco HIRTENBERGER C6 da 60 mm, in grado di colpire bersagli a distanze fino a 1.600 metri.

Come sistemi anticarro leggeri sono ancora in uso i PANZERFAUST, tuttavia visto il peso non indifferente (tra i 12 e 15 kg a seconda delle versioni) e l’impossibilità di essere riutilizzato (in quanto si tratta di un sistema usa e getta), sarebbe preferibile impiegare i missili israeliani SPIKE a medio raggi, certamente più costosi ma con capacità nettamente superiori.

Foto: web / Esercito Italiano / Bundeswehr