Il pugno duro della Nato ridesterà l'orso russo?

08/04/14

La decisione di Washington di congelare ogni tipo di cooperazione con Mosca, compresi gli accordi per lo smantellamento delle armi di distruzione di massa, potrebbe spingere la Russia ad una collaborazione militare con la Cina.

E sarebbe un’alleanza che la Nato prenderebbe terribilmente sul serio perché in un ipotetico conflitto in Europa così come nel Pacifico, il vincitore sarebbe incerto.

A distanza di qualche settimana dall’annessione della Crimea, il nuovo scacchiere geopolitico mondiale è in fermento. Le tre fasi del piano occidentale per punire Mosca con restrizioni ad personam, pesanti sanzioni e la sospensione di ogni tipo di cooperazione con la Nato, non hanno ancora sortito gli effetti sperati ed anzi, proprio il pugno duro dell’Organizzazione, potrebbe spingere pericolosamente il Cremlino alla creazione di un nuovo blocco militare con la Cina.

Pechino, in queste settimane, ha preferito non prendere iniziative, valutando il da farsi. Perché se sulla carta, Cina ed Usa si guardano in cagnesco, non bisogna dimenticare gli investimenti multimiliardari cinesi negli Stati Uniti.

Anni fa, in uno studio effettuato su un possibile conflitto su larga scala tra Usa e Cina, emerse un dato molto interessante. Per fare crollare l’economica americana, la Cina avrebbe dovuto ritirare tutti i capitali investiti negli Stati Uniti: non sarebbe servito alcun conflitto a fuoco. Ma c’è dell’altro.

La fine della cooperazione con Mosca significa vanificare gli sforzi pluridecennali per lo smantellamento delle armi di distruzione di massa custodite nelle ex repubbliche sovietiche, secondo quanto previsto dal “Threat Reduction Program Cooperative“.

Il “Cooperative Threat Reduction Program”, noto anche come il programma Nunn-Lugar, risale ai primi anni ‘90 ed ha portato allo smantellamento di decine di armi nucleari, biologiche e chimiche dopo il crollo dell'Unione Sovietica.

La fine della cooperazione – secondo alcuni esperti - priverà gli Stati Uniti di una fonte unica e costante di dati classificati sul potenziale nucleare russo. Non è un segreto che il programma è servito da copertura per missioni di intelligence americane negli impianti nucleari russi. Gli americani, sospendendo ogni tipo di cooperazione, ritornerebbero “ciechi”.

Se a questo aggiungiamo che la Russia ha colmato il gap esistente con l’Occidente acquisendo (da quest’ultimo) il know-how necessario per mantenere in sicurezza i siti nucleari, producendo ed immagazzinando armi di distruzione di massa, il possibile scenario che a breve si potrebbe prospettare non è di certo a favore né della Nato né degli Stati Uniti.

Franco Iacch