Gli incursori del Nono Col Moschin finiscono di demolire il Ponte Morandi

(di Tiziano Ciocchetti)
01/07/19

Gli incursori del 9° Reggimento d’Assalto Col Moschin, lo scorso 28 giugno, hanno fornito un contributo determinante per l’abbattimento dei tronconi del ponte di Genova, ancora rimasti in piedi dopo il crollo di 10 mesi fa.

L’intervento delle forze speciali si è rivelato indispensabile, in quanto era necessario limitare – vista la collocazione di quel restava del ponte in un’area densamente abitata – gli effetti delle onde di sovrappressione e la propagazione delle schegge di cemento.

Il Nono ha – in quanto reparto di incursori – una vasta esperienza nella distruzione di infrastrutture e di ponti, tra i principali obiettivi delle azioni dirette delle forze speciali.

Nei confronti dei tronconi rimasti del ponte di Genova, gli incursori potrebbero aver utilizzato delle cariche cave emisferiche, bloccate, all’altezza desiderata, da speciali cinghie. In questo modo si possono abbattere anche i piloni in cemento armato

Demolire un ponte (o quello che ne rimane), oppure un viadotto, non è certo semplice, in quanto sono costruiti per resistere a diverse sollecitazioni. Infatti, non solo è importante l’energia prodotta dall’esplosione ma anche dove questa viene indirizzata.

L’esplosione, quindi, dovrebbe avvenire il più vicino possibile alle strutture portanti, per questo, nei ponti costruiti in muratura, si pratica una cavità al loro interno per poter piazzare le cariche di demolizione. Di contro, i ponti interamente metallici, sono relativamente più semplici da minare in quanto le strutture metalliche sono tutte facilmente raggiungibili.

Un team di incursori, incaricato di distruggere un ponte nell’ambito di una missione speciale, non può certamente avere molto tempo a disposizione, per cui sono state studiate delle apposite cariche taglianti (in pratica si tratta di cariche cave da posizionare nei punti sensibili della struttura, collegate a una miccia detonante che assicuri l’esplosione simultanea di tutte le cariche).

Ovviamente, più è grande la struttura da demolire più potente deve essere la carica: esistono cariche taglienti costituite da una piramide, si innescano nel vertice superiore e sono munite di piccoli sostegni che assicurano che l’esplosione si verifichi alla giusta distanza dalla superficie. Un po' come avviene nel caso delle perforazioni delle corazzature dei veicoli, la carica concentra la maggior parte della sua energia su un’area ridotta.

Nel caso dei resti del ponte di Genova, la fase di demolizione si è sviluppata nell’arco di 6 secondi, e sono stati utilizzati 500 inneschi elettronici, 5.000 metri di miccia detonante e oltre 500 kg di semtex.