Disattivato UAV dello Stato islamico, primo impiego operativo per il DroneDefender: L’Improvised Air Threat

(di Franco Iacch)
25/10/16

L’Air Force ha recentemente disattivato un drone dello Stato islamico con un'arma elettronica. E’ quanto ha affermato il Segretario dell’Air Force,  Deborah Lee James. L’episodio è avvenuta dieci giorni fa, dopo la morte di quattro cittadini non statunitensi causata proprio da un drone equipaggiato con una testata esplosiva.

L'Air Force – ha spiegato il Segretario – è stata informata sulla presenza in zona di tali asset e ha subito predisposto contromisure elettroniche. Non si conoscono i dettagli dell’intercettazione, ma si sarebbe trattato di uno dei primi impieghi operativi per il DroneDefender, una sorta di fucile  che disattiva i droni con le onde radio. Il DroneDefender progettato da Battelle, consiste in un fucile d'assalto provvisto di un jammer o disturbatore di frequenze. La sua portata utile è di 400 metri. Una volta individuata la minaccia UAV, agisce interrompendo il contatto radio tra il drone e l’operatore in remoto. Il sistema DroneDefender ha un peso di sette chili ed è alimentato da una batteria di 4,5 chili, solitamente trasportata in uno zaino. Il Pentagono ha acquistato un primo lotto di 100 DroneDefender ripartiti tra i diversi corpi e le varie agenzie governative.

L’Improvised Air Threat

Usa, Russia e Cina hanno le risorse per costruire sistemi a bassa osservabilità, ma chiunque può acquistare un piccolo drone. Switchblade ad esempio. Realizzato dalla AeroVironment Inc., Switchblade pesa meno di cinque chili. La sua propulsione elettrica lo rende pressoché silenzioso. Lanciato da un semplice cilindro, estende le ali ed ha un’autonomia di dieci minuti. E’ dotato di una telecamera a colori/infrarossi che consente all’operatore in remoto di identificare un bersaglio. Scelto ed agganciato l’obiettivo, Switchblade si lancia a 90 miglia all’ora con una testata abbastanza potente da polverizzare un camioncino di svariate tonnellate.

L’implementazione di svariati sistemi ad unità combattenti terrestri, conferisce loro una capacità di decimare gli avversari a distanza. L’opinione pubblica è stata abituata a riconoscere i Reaper ed a credere fossero i principali artefici dei raid nelle zone di crisi. In pochi sanno, però, che soltanto in Afghanistan nell’operazione Enduring Freedom, gli USA hanno schierato oltre quattromila Switchblade. La tecnologia dei droni non è da tempo esclusiva pertinenza dei militari. Con poche centinaia di euro, chiunque può acquistare un drone stabilizzato dotato di telecamera HD e GPS. La pronta disponibilità di questo tipo di tecnologia offusca la linea tra elettronica militare e commerciale. La stessa tecnologia, ad esempio quella utilizzata nei cellulari, è già implementata nei droni. Senza considerare, infine, che un drone commerciale non deve essere necessariamente dotato di una testata esplosiva per creare un potenziale disastro. Sarebbe da stupidi, infatti, non temere la possibilità che qualcuno possa dirigere un piccolo drone acquistato pochi minuti prima al duty free, contro una turbina di un aereo in fase di rullaggio o decollo. Il fatto che sia un’ipotesi così “stupida”, non significa che non sia fattibile e potenzialmente disastrosa.

L’implementazione degli esplosivi su dispositivi a basso costo, in alcuni casi rappresenta soltanto un dettaglio. L’Improvised Air Threat non deve essere necessariamente armata.