Carro Ariete: più letale per l’equipaggio che per l’avversario

(di Tiziano Ciocchetti)
02/12/19

Fino a qualche anno fa girava questa battuta tra le fila dell’Esercito israeliano: che differenza c’è tra uno Zelda (versione israeliana del trasporto truppe americano M-113) e un fiammifero? Lo Zelda si incendia prima!

Questa battuta (amara) potrebbe girare anche tra i carristi italiani. Difesa online è entrata in possesso di ulteriori informazioni circa l’incidente, avvenuto il 22 giugno del 2006, presso il poligono militare pugliese di Torre Veneri, che causò la morte, nel corso di una esercitazione, di un membro dell’equipaggio di un MBT C-1 ARIETE.

Il carro da battaglia ARIETE è armato con un pezzo da 120/44 che spara munizionamento avente il bossolo combustibile (ad eccezione del fondello che è realizzato in acciaio). Tali munizioni vengono stivati all’interno della torretta nella medesima disposizione impiegata sui LEOPARD 1, armati con un pezzo da 105/51 che impiega munizionamento con bossolo interamente metallico. Questo tipo di bossolo è progettato per isolare, dal contatto diretto con fiamme libere o corpi surriscaldati, la polvere propellente contenuta al suo interno.

Il bossolo del munizionamento da 120, invece, è realizzato con un composto a base di cellulosa rivestita da un sottile strato di vernice protettiva: come da prove effettuate comincia a bruciare, a contatto con un corpo metallico scaldato, a una temperatura di circa 240°C.

I carri occidentali della stessa generazione dell’ARIETE (M-1 ABRAMS - foto a dx -, LEOPARD 2, LECLERC), che utilizzano lo stesso modello di munizionamento, sono dotati di riservette corazzate situate nella zona posteriore all’interno della torretta, e separate dal resto dell’ambiente tramite paratie scorrevoli, aperte soltanto per il tempo necessario al prelevamento di un colpo.

Il cesto raccogli bossoli del carro ARIETE, a causa della forma e delle dimensioni, non garantisce il sicuro contenimento dei fondelli che vi cadono dentro (testimoni oculari hanno assistito alla fuoriuscita dal suddetto cesto del fondello del secondo colpo sparato dal 120/44 che, impattando contro il precedente, ha mantenuto sufficiente energia cinetica per poter scavalcare la parete del raccoglitore).

Il cannello del penetratore a energia cinetica APFSDS DM-33 sporge di circa 280 mm dal bordo del fondello e, dopo lo sparo, al momento dell’espulsione dalla camera di scoppio, il bossolo ha una temperatura di circa 400°C.

Nel sopra citato incidente è accaduto che il cannello del fondello, saltato fuori dal cesto raccoglitore, è venuto a contatto con il bossolo di uno di 4 colpi che, privi di ogni protezione, si trovavano sotto la massa oscillante del pezzo da 120/44.

Il sistema anti incendio, installato sui carri ARIETE, utilizza un gas che, combinandosi con l’aria, ne assorbe in contenuto di ossigeno, impedendo così la combustione di idrocarburi. Tuttavia risulta del tutto inutile nel caso di incendio della polvere propellente in quanto essa stessa contiene ossigeno nelle molecole che la compongono.

Inoltre, il portello a disposizione del pilota dovrebbe essere concepito anche come uscita d’emergenza, ad azionamento istintivo, rapido e sicuro, ma ciò non è stato considerato nella progettazione del carro ARIETE.

Infatti, per aprire il portello del pilota è necessario, come prima operazione, ruotare il chiavistello in senso antiorario, spingendo in avanti la leva di sinistra e tirando indietro quella di destra (già questo movimento opposto delle braccia genera confusione, meglio sarebbe stato se il movimento fosse stato simmetrico).

È necessario ripetere più volte questa manovra in quanto, con una singola azione, non sarebbe possibile ruotare i chiavistelli nella misura necessaria a liberare il portello.

La manovra seguente consiste nell’azionare una leva posta a destra del pilota, per sbloccare il movimento verticale del portello, che poi dovrebbe essere spinto verso l’alto dall’azione della molla equilibratrice. Azione che risulta essere termosensibile, in quanto tale molla è tarata durante il periodo invernale, con temperature prossime allo zero.

Nel periodo estivo, con temperature superiori ai 30°C, dilatandosi, perde resistenza così da non essere più in grado di sollevare il portello all’altezza necessaria. Se il portello non si solleva è necessario reclinare completamente all’indietro lo schienale del sedile, sdraiarsi, portare le ginocchia all’altezza del petto, puntare i piedi contro la superficie interna del portello e spingere verso l’alto. Questo perché, nei casi limite, con la sola forza delle braccia non si riesce ad applicare la spinta necessaria.

Se poi la taratura della molla avviene in estate, con la stagione fredda la molla contraendosi rende assai difficoltosa la chiusura del portello.

Dopo aver alzato completamente il portello, per ultimo è necessario agire su un’altra leva, a destra del pilota, per consentire lo sblocco della rotazione orizzontale, in modo da liberare la via di fuga.

Tutte le operazioni descritte, al contrario del LEOPARD 1, possono essere effettuate solo dall’interno dell’ARIETE, escludendo così ogni intervento esterno.

L’incidente di tredici anni fa ha causato la morte del caporale Marco Bisconti, pilota del carro, e il ferimento degli altri 3 membri dell’equipaggio. L’inchiesta che ne è seguita non ha saputo identificare né le responsabilità soggettive, né tantomeno quelle oggettive e dopo 13 anni non è stato formulato nessun capo d’accusa per la tragica morte di Bisconti. In questi casi esiste sempre il fondato sospetto di un insabbiamento (dopo l’incidente si è provveduto ad aumentare il volume del cestello, tuttavia questa modifica non riduce il rischio di esplosioni accidentali all’interno del vano di combattimento).

Attualmente, presso le Officine Marconi, sono in fase di aggiornamento tre carri ARIETE (con uno stanziamento di 35 milioni di euro), cui è previsto l’applicazione delle modifiche già menzionate nei precedenti articoli (leggi).

Nonostante i vertici militari avessero preferito (e caldeggiato) l’acquisizione dei LEOPARD 2, la logica della politica ha prevalso sul buon senso.

Per quanto riguarda la nuova blindo pesante CENTAURO II, è stato progettato - per il pezzo da 120/45 con caricamento automatico - un sistema di alimentazione a due tamburi da 6 colpi ciascuno, da cui selezionare il munizionamento da impiegare. I due tamburi sono materialmente divisi dalla camera di combattimento da portelli corazzati, che separano i due ambienti. In caso di esplosione interne, le piastre collocate sulla parte posteriore della torretta avrebbero un cedimento, in modo da far sfogare l’esplosione verso l’esterno limitando i rischi di danni all’interno del mezzo.

A seconda del bersaglio da colpire, il cannoniere sceglie il munizionamento più adatto, che viene estratto dal tamburo.

Oltre ai colpi contenuti nei tamburi, vi sono quelli sistemati su apposite selle sui due lati della parte posteriore dello scafo.

Questo compartimento ha due accessi: uno esterno e uno verso la camera di combattimento; in più vi sono due aperture per prelevare i colpi dai due depositi inferiori (anche in questo caso, il tetto di questo compartimento cederebbe per dar sfogo verso l’esterno a eventuali esplosioni).

Il CENTAURO II manterrà un equipaggio di 4 uomini, seguendo così l’approccio israeliano, in quanto anche il MERKAVA IV ha 4 uomini d’equipaggio ed è armato con un cannone con caricamento automatico (in caso di malfunzionamento del caricamento automatico, un uomo in più, farebbe comodo).

Il programma di aggiornamento degli ARIETE non prevede la compartimentazione con riservetta corazzata delle munizioni, in quanto a detta dei tecnici della Oto Melara (appartenente al gruppo Leonardo), causerebbe pesanti problematiche di ergonomia per i membri dell’equipaggio. Inoltre, una compartimentazione inciderebbe in maniera negativa sulla celerità di tiro, ritenuta fondamentale per un MBT.

Tuttavia, questa mancanza, secondo noi, costituisce un elemento di notevole pericolosità per l’equipaggio. Non solo per l’accidentale accensione di una o più munizioni all’interno del vano di combattimento (come avvenuto nell’incidente sopra descritto del 2006) ma anche per la vulnerabilità di queste ai colpi diretti.

Speriamo solo che in futuro non si debbano lamentare altre vittime a causa delle deficienze dell’ARIETE.

Foto: Esercito Italiano / YouTube / U.S. Army