Addio e grazie missione ISAF, ora è il turno di "Resolute Support"

13/01/15

Un po’ di vernice e qualche pennellata cancellano i simboli della missione Isaf, nella base di Camp Arena, a Herat. Tredici anni di storia sono finiti e il primo gennaio è iniziata una nuova fase che dovrà portare gli italiani a lasciare definitivamente Herat nell’ottobre 2015.

L’International Security Assistance Force lascia spazio a Resolute Support, la nuova missione Nato che gli italiani porteranno avanti nei prossimi mesi presso il TAAC West - nella regione Ovest dell’Afghanistan - al cui comando si trova il generale Angelo Maurizio Scardino della Brigata bersaglieri “Garibaldi”.

Con la fine di Isaf vengono meno i compiti di combattimento che i Paesi della comunità internazionale avevano. Restano e si intensificano gli sforzi di portare a compimento l’addestramento delle forze afghane, affinché queste siano in grado di difendere da sole il proprio territorio dai “nemici dell’Afghanistan”.

Un’espressione di nuovo conio, quest’ultima, che comprende una vasta categoria di soggetti, dal criminale comune, a quello facente parte di un’organizzazione strutturata, dedita principalmente allo spaccio di oppio, al talebano pronto a preparare attentati con l’utilizzo sistematico di IED, ordigni esplosivi improvvisati. Il controllo del territorio, da questo punto di vista, è già affidato agli afghani. Sono loro, in un report consegnato alle forze di Resolute support, ad aver rilevato l’aumento, nella zona di Herat, della disseminazione di IED nel 2014.

Un dato che fa riflettere, ma contro il quale il comandante del 207esimo corpo d’armata afghano, Taj Mohammed Jahed (foto), si dice preparato a reagire, grazie al lavoro condotto spalla a spalla con gli italiani che si sono occupati e si occupano del training dell’esercito. “Per quanto riguarda la nostra area di competenza, abbiamo il controllo pieno di tutta la zona Ovest e le province di Herat, Farah, Ghor e Baghdis sono al sicuro. I talebani non sono in grado di scatenare un’offensiva complessa e pericolosa. Al massimo riescono a compiere qualche imboscata, qualche attentato che, grazie alla nostra attenzione, non riesce a provocare grossi danni”.

La sicurezza che Jahed mostra è dovuta, in larga parte, all’impegno del contingente italiano che ha saputo costruire un sistema più organizzato per le forze locali. “Gli afghani sono dei grandi combattenti, sanno cosa significa lottare. Hanno solo bisogno di un ultimo training per semplificare e rendere più fluida la catena di comando e dunque le comunicazioni interne”, specifica il colonnello Leonardo Privitera, comandante del Mat (Military advisory team).

E se delle forze armate si occupa il Mat è il Pat (Police Advisory Team) dei Carabinieri del Tuscania ad occuparsi del training delle forze di polizia. La polizia già funziona ed ha dato ottimi risultati nella lotta alla criminalità e nel sequestro di armi. A breve verrà attivato il 119, il numero al quale i cittadini potranno segnalare episodi di criminalità, analogo al nostro 112.

Insomma, l’Afghanistan deve adesso cominciare davvero a camminare con le proprie gambe. La Resolute support sarà infatti l’ultima operazione messa in campo a beneficio delle forze locali. Poi anche la base militare di Herat verrà lasciata alle forze afghane, grazie all’operazione Itaca 2, che segna il trasferimento di uomini e mezzi da Herat all’Italia.

L’aeroporto militare sarà dunque gestito dagli afghani. Per le altre infrastrutture, probabilmente, verrà cambiata le destinazione d’uso.

Uno dei progetti in campo, è quello di rendere la base una “casa” per l’Università. Un ateneo in continua crescita, quello di Herat, al quale grazie anche ai meriti di Isaf si iscrive un numero sempre maggiore di donne.

Quel che sarà nel futuro, però, non è ancora possibile stabilire. L’ex sede del Prt, ad esempio, è stata già trasformata in ristoranti di lusso. Decisioni, queste ultime, nelle quali avrà un grosso peso la politica interna.

Daniela Lombardi

(foto dell'autore)