Siria, massiccio attacco turco contro miliziani curdi. Gli Usa si dissociano

(di Giampiero Venturi)
21/10/16

Nonostante i propositi ufficiali di Scudo dell’Eufrate, le notizie dal campo confermano quanto annunciato da Difesa Online nei mesi passati. Il portavoce della Türk Hava Kuvvetleri, l’aeronautica militare di Ankara, annuncia che imprecisati jet turchi hanno colpito 26 obiettivi delle YPG (Unità di Protezione Popolare), la componente più significativa delle SDF (Forze Democratiche Siriane), milizie curde operative nel nordest della Siria.     

L’attacco è stato concluso nella mattina di giovedì 20 ottobre, ma il video che mostra le immagini del bombardamento è stato fornito dallo Stato Maggiore turco solo oggi.

Secondo Ankara sarebbero stati centrati tutti gli obiettivi e uccisi circa 200 miliziani. L’agenzia curda ANHA legata alle YPG parla di tre città colpite ma conferma solo 15 morti.

La Turchia considera i guerriglieri curdi siriani al pari dei quelli domestici del PKK e li apostrofa con il generico termine di “terroristi”. Sull’azione, compiuta a nord est di Aleppo all’interno dei confini dell’omonimo Governatorato, non sono stati forniti altri dettagli.

Il Dipartimento di Stato americano ha subito preso le distanze dall’operazione, precisando che “ogni azione compiuta nella regione senza coordinamento può portare solo beneficio allo Stato Islamico”.

Anche Damasco protesta ufficialmente per l’iniziativa turca, considerata una violazione dello spazio aereo e si dichiara pronta ad abbattere “ogni ulteriore velivolo NATO non autorizzato” che sconfini in territorio siriano. Nonostante la nota ufficiale del Ministero della Difesa, è facile intuire tuttavia come un ridimensionamento del potenziale militare dei curdi, sia utile anche al governo di Assad.  

I curdi delle YPG rappresentano l’ala militarmente più consistente del cartello SDF (appoggiato dagli USA e costituito da molti gruppi, compresi miliziani arabi) e sono in questi giorni impegnati nello scontro diretto con i fondamentalisti dell’ISIS, ma al tempo stesso si battono contro i gruppi ribelli islamisti armati dalla Turchia che operano a ridosso del confine turco-siriano. 

Al centro dell’ideologia che ha federato le varie componenti del panorama curdo, c’è l’approccio anti fondamentalista e laico che converge verso una visione federalista della Siria, in cui inserire la regione del Rojava. La Turchia, i cui toni con Washington si sono alzati dal momento in cui gli aiuti USA ai curdi sono diventati copiosi, ha il chiaro obiettivo di impedire connessioni territoriali tra curdi siriani e gruppi armati del PKK attivi sul suo territorio e di contenere velleità indipendentiste.

Si assiste così alla curiosa situazione di un tutti contro tutti (islamisti filoturchi e curdi contro l’ISIS, curdi contro islamisti filoturchi) in cui i danni collaterali per la popolazione civile aumentano esponenzialmente.

La Turchia, incurante dei moniti occidentali, continua le sue operazioni militari e considera ogni azione come una conseguenza degli attacchi terroristici perpetrati nel suo territorio (in particolare la provincia di Hatay). La notte prima del bombardamento contro le postazioni YPG, l’esercito turco aveva sottoposto ad un intenso sbarramento di artiglieria la città siriana di Afrin, distante circa 20 km dal confine.

Per capire le evoluzioni dell'intervento turco e le sue implicazioni reali su scala regionale, sarà decisivo l’esito della battaglia finale ad Aleppo, la cui liberazione da parte delle Forze Armate siriane porterebbe ad un immediato riassetto degli equilibri nel nord est della Siria e conseguentemente in tutto il Paese.

(foto: Türk Hava/Kara Kuvvetleri)