Siria: "Il Califfato capitolerà entro il 2016". Imminente la “madre delle battaglie” per liberare Aleppo

(di Giampiero Venturi)
12/04/16

Il Ministro della Difesa francese Le Drian, da Baghdad ammonisce gli occidentali: Raqqa e Mosul, le due rispettive e autoproclamate capitali dello Stato Islamico in territorio siriano e iracheno, devono cadere entro la fine dell’anno.

La dichiarazione non aggiunge nulla di nuovo a quanto aleggia da tempo soprattutto a Damasco in virtù delle notizie dai fronti, ma suona come una strigliata alle forze della coalizione guidata dagli USA affinché si proceda in fretta e non ci si trovi tagliati fuori da un gioco ogni giorno più difficile da gestire.

Come sempre sono le notizie dal campo di battaglia che dettano i tempi dei futuri risvolti politici. Almeno così è in Siria, dove continua inesorabile il progresso delle truppe di Assad e dei loro alleati. Ad un anno dalla ritirata da Palmira, punto forse più critico nella storia della guerra siriana, la situazione sul campo si è completamente ribaltata.

A nord, secondo fonti libanesi confermate da Mosca, entro la fine di aprile scatterà una massiccia offensiva governativa per circondare Aleppo e tagliare ogni rifornimento alle milizie islamiste. Sarà quella che tutti aspettano come la “madre delle battaglie” perché tesa a pacificare e stabilizzare l’area intorno alla seconda città della Siria, alter ego di Damasco, crocevia economico e culturale del Paese, dai contenuti altamente simbolici per i siriani. Le voci sarebbero confermate dal rispiegamento nell’area delle forze d’assalto Tigre, comandate dal generale Suheil Al Hassan e appena tornate dalla vittoria di Palmira.

I prodromi sarebbero in corso ad Al Eis, cittadina  a sud di Aleppo controllata da Al Nusra ma sotto attacco delle milizie Hezbollah appoggiate dall’artiglieria siriana.

Si parla di circa 12.000 uomini schierati per il momento, concentrati innanzitutto sulle roccaforti islamiste di Anadan, Kafr Hamra, Hayyan e Haritan che se catturate chiuderebbero in una sacca tutte le forze ribelli attive nei dintorni nord di Aleppo. Lo Stato Maggiore siriano è consapevole di quanto la partita sia lunga e costosa in termini di perdite umane, ma la sensazione generale è che la guerra agli islamisti in Siria sia solo una questione di tempo.

Molto dipende anche dalla lotta intestina tra gruppi fondamentalisti ormai dichiarata anche nel nord del Paese. Le truppe di Assad, appoggiate dalle forze russe anche con i nuovi arrivati Kamov-52, sarebbero agevolate da uno scontro frontale fra i miliziani federati del Free Syrian Army (quel che ne rimane), di Jhabat Al-Shamiya e di Harakat Ahrar Al-Sham incalzate dalle forze dell’ISIS nella zona a ridosso del confine turco. Potrebbe verificarsi quindi una ritirata generale oltre la frontiera delle milizie islamiste (da Aleppo a Kilis in Turchia sono meno di 60 km) che lascerebbero il controllo alle forze dello Stato Islamico, a sua volta in fuga dai fronti sud. 

Proprio da sud giungono le prove degli eccidi di cristiani nella città strategica di Qaratayn, da pochi giorni liberata dalle truppe di Damasco. Ovviamente, sull’assunto che i morti pesano in modo diverso, il risalto dei media europei alla notizia è praticamente nullo.

Cosa sta succedendo allora?

Innanzitutto la presa di coscienza che il cessate il fuoco in Siria è in sostanza poco più che una dichiarazione d’intenti. La sveglia suonata da Le Drian all’Occidente ricorda quindi che se si vuole sedere al tavolo della politica per partecipare ai futuri equilibri in Medioriente, sarebbe il caso di muoversi in modo chiaro e di muoversi in fretta.

Il ministro francese in visita in Iraq, pur parlando dei progressi militari del governo sciita di Baghdad, fa esplicito riferimento a Damasco dove l’Occidente sembra ormai tagliato fuori.

L’allarme di Parigi non lascia spazio ad interpretazioni: mentre in Siria, pur coi suoi tempi e le sue difficoltà, la strada sembra segnata, cosa succederà in Iraq è tutto da vedere. Lo stesso presunto ritorno dell’ex generale al Douri buono ad alimentare l’orgoglio sunnita, seppur poco significativo dal punto di vista militare e politico, è sintomatico di una grande fluidità del panorama iracheno. I resti del partito Baath di Baghdad e le pessime gestioni politiche a partire dal 2003 saranno la futura spina del fianco dell’impossibile pacificazione del Paese.

Il Califfato sarà costretto a capitolare in Medio Oriente, non è da escludere proprio entro il 2016. A quel punto ognuno farà i conti con quanto ha seminato.

(Foto: SAA)