Lepanto ieri e oggi: la Turchia si muove

(di Giampiero Venturi)
10/04/15

Il 7 ottobre del 1571 a Lepanto i Cristiani sconfiggono i Turchi, rinviando di qualche secolo la fine della civiltà occidentale. Di acqua ne è passata tanta. Così tanta che a Milano Lepanto è una via. A Roma, anche una fermata metro. La gente va, il tempo pure. La Turchia di turbanti e scimitarre non c'è più. La Storia modifica un sacco di cose: nel '900 i Turchi cedono all’Italia del Libro Cuore la Libia e agli Inglesi di Lawrence d’Arabia il Medio Oriente. L’Impero Ottomano crolla nel ‘22 e con Mustafà Kemal, per tutti Ataturk, nasce la Turchia attuale. Se Ataturk vuol dire “il padre dei turchi”, un motivo c'è. Non a caso oggi è più rischioso insultare la sua memoria a Istanbul che quella di Maradona a Napoli.

Le cose cambiano, dicevamo. Cambiano così tanto da rendere la Turchia immune da luoghi comuni. “Mamma li turchi, cose turche, bestemmiare come un turco…”. A giudicare dai caffè di Istanbul, ai tempi nostri solo “fumare come un turco” sembra ancora attuale. Per cento anni la Turchia ha guardato solo a Ovest. Un cambiamento culturale, storico, generazionale, condiviso da tutti.

L’Islam moderato prevale, abiti e mode occidentali si diffondono, spariscono i fez e arrivano le gonne. L’esercito, seconda forza NATO dopo gli Stati Uniti, garantisce laicità e stabilità. Le cose procedono così in fretta che per un po’ si parla anche d’ingresso nell’UE. Poi tutto rientra, con gli stessi turchi che segnano il passo. La Turchia è un Paese senza sacche di povertà eccessive, con uno status di potenza regionale riconosciuto da tutti: fare comunella con Bruxelles di questi tempi in effetti, conviene fino a un certo punto.

La Turchia in trent’anni si attesta come cardine fondamentale per gli equilibri mondiali. Se da una parte ha pesato l’evoluzione dei costumi, molto hanno potuto pure le amicizie forti. Due su tutte: quella con Israele; quella con gli USA.

Diciamo subito che turchi e arabi sono come pisani e livornesi: sono volate mazzate più volte. Se l’Islam unisce arabi e turchi, molto altro li divide, a cominciare dall’espansionismo turco che gli arabi hanno sempre mal digerito nei secoli. Altra storia, altra lingua, altra cultura.

Viceversa, intelligence, difesa, ingegneria idraulica, agronomia hanno spesso unito Mezzaluna e Stella di Davide. Camminare insieme è sempre stato utile a entrambi.

Catalizzatore del tutto è stata l’amicizia con gli USA. Un'amicizia così intima da riuscire perfino a far sedere insieme Ankara e Atene al tavolo della NATO. Per greci e turchi, lo ricordiamo, vale il discorso di pisani e livornesi. Per raccontare i motivi del rancore, questione cipriota e isole dell’Egeo a parte, ci vorrebbero tre giorni. Diciamo solo che i greci, dalle Termopili in poi (quando l’Islam non c’era, ma a premere da Est ci pensavano i Persiani di Serse), le cose non vanno benissimo…

Greci permettendo, l’amicizia Turchia-Usa è un meccanismo oliato da sempre: i turchi, storicamente contrapposti alla Russia per l’Armenia (osteggiata dai turchi, coccolata dalla Russia) e per l’influenza sul Mar Nero dai tempi degli Zar, hanno fatto da tappo per 70 anni all’Unione Sovietica sul Bosforo, frontiera di un anticomunismo endemico. Col nuovo zarismo russo di oggi, cambiano le bandiere ma non la musica. Stessi nodi strategici e aspirazioni in contrasto.

Turchia moderna, Turchia laica, Turchia amica. Una sentinella a Est che ha sempre fatto comodo a molti, turchi compresi.

Le cose nella Storia però ogni tanto cambiano. Dall’assalto nel 2010 delle forze israeliane alla nave turca Mavi Marmara che puntava il blocco di Gaza, i rapporti tra Ankara e Tel Aviv precipitano.

Se nasca prima l’uovo o la gallina è difficile a dirsi, fatto è che i turchi per la prima volta cominciano a filare con gli arabi e girano le spalle a Israele. Non è un caso che la Turchia, senza aspettare Washington, abbia riconosciuto la Palestina.

Spinto dall’AKP (il partito conservatore islamico), il premier Erdogan elimina il divieto di velo islamico a scuola, simbolo della laicità dello Stato. Con la scusa di non aiutare i Curdi, stretti nella morsa militare della Cappadocia orientale, Ankara cincischia con l'Isis nonostante le pressioni americane e qualcuno sospetti ci sia del marcio. Che la Turchia appoggi gli islamisti in Libia è risaputo; che sia il ponte di passaggio delle reclute dell’Isis pure…

Questo mentre risorge il terrorismo comunista (dai tempi del PKK di Ochalan che non finiva in prima pagina) con conseguente giro di vite degli apparati di sicurezza, compreso quello informatico. Strategia della tensione o brigatismo vero, difficile da capire… Che la Turchia stia cambiando però è un fatto.

In sintesi, saltano amicizie assodate e nascono equilibri dagli sviluppi incerti che inducono ad un futuro ancora da leggere.

Nessuno fra quelli che erano a Lepanto nel 1571 avrebbe potuto immaginare una Turchia laica e amica dell’Occidente qualche secolo dopo. Allo stesso modo, nessuno oggi può immaginare la Turchia di domani spinta da altri venti, magari di nuovo da quell’Islam di scimitarre e turbanti che ha a suo tempo abbandonato.

Tra le stazioni metro ricorderemo Lepanto ancora a lungo, quello è certo, ma su quale binario si camminerà, è tutto da vedere.

(foto: Turkish Military Academy / web)