L’America in Africa. Progetto o paura?

(di Giampiero Venturi)
15/10/15

 

 

Il 14 ottobre il presidente Obama ha informato il Congresso che 300 militari americani hanno iniziato a dislocarsi in Camerun. Il dispiego di forze rientrerebbe nel quadro di operazioni volte a combattere il terrorismo internazionale e specificamente Boko Haram, sempre più presente sul territorio dello Stato africano.

Le forze “dotate di armamento necessario per assicurare la propria sicurezza” sono destinate per lo più alla ricognizione aerea e rientrano in un accordo col governo di Yaoundè, passaggio a cui la Casa Bianca è sembrata prestare particolare attenzione. Secondo le dichiarazioni presidenziali, le forze rimarranno fino a quando sarà ritenuto necessario.

Di per sé la cosa rientrerebbe nella lista di eventi militari non molto rilevanti. Il senso politico della mossa di Obama, la cui amministrazione si distingue per il rapporto non sempre sereno con il Pentagono e per evidenti difficoltà in politica estera, in realtà è significativo.

Cosa succede in Africa?

Siamo abituati agli anni ’90 e alla recrudescenza del fronte “atlantico-africano”. I principali fatti di sangue attorno a cui ha ruotato l’instabilità dell’Africa occidentale negli ultimi venti anni sono stai essenzialmente tre:

  • la guerra civile in Sierra Leone terminata dopo circa 10 anni agli inizi del millennio;
  • la guerra civile in Liberia, stabilizzata (secondo standard africani) solo nel 2005;
  • la crisi in Costa D’Avorio che a partire dal 2000 ha costretto la stessa Francia a intervenire direttamente con un impiego contemporaneo di quasi 5000 militari.

Le pittoresche brutalità del presidente del Gambia Jammeh (curerebbe l’Aids con un unguento ma solo di giovedì…), l’instabilità del Senegal legata al conflitto in Casamance, l’infinita lista di colpi di stato in Guinea Bissau, hanno fatto da contorno ad un teatro geopolitico che siamo rassegnati a considerare fragile.

Fatta salva la criticità endemica dei sistemi statuali di questo angolo di Africa, si registra comunque un peggioramento degli equilibri in un’area finora immune da grandi sconvolgimenti. Non parliamo solo dei cenni di sgretolamento istituzionale in nazioni relativamente stabili come il Burkina Faso (abbiamo monitorato gli eventi di settembre a Ouagadougou).

Ci riferiamo a veri e propri conflitti. Alla crisi del Mali seguita da Difesa Onlinesi sono accodate una serie di turbolenze politiche che in progressione hanno visto coinvolgere Paesi geograficamente sempre più centrali del continente. Gli scontri armati nella Repubblica Centrafricana di tutto il 2015 vanno considerati parte di una vera e propria guerra civile con l’aggravante dello scontro religioso sullo sfondo. Se consideriamo che l’11 ottobre un triplo attentato di Boko Haram a Baga Sola, in Ciad ha fatto 41 morti e 50 feriti, allora possiamo valutare tutta la fascia del Sahel praticamente allo sbando.

Le esplosioni avvenute in Ciad non sono una novità ma segnano un salto di qualità deciso della crisi in Nigeria e del fenomeno Boko Haram. L’uso di kamikaze al mercato del pesce e in una quartiere abitato da rifugiati nigeriani sfuggiti alla guerra civile, rientra in un programma di destabilizzazione precisa tesa a raggiungere due scopi:

  • colpire anche oltre confine i nigeriani fuggiti, dando l’idea di onnipotenza della jihad;
  • allargare in via definitiva la macchia del terrore anche al Ciad, Paese finora solo tangente alla crisi nigeriana.

La mossa americana di inviare truppe in Camerun può essere letta quindi in un quadro di destabilizzazione generale dell’area o è un fatto isolato?

La dichiarazione di alleanza di Boko Haram a Isis, ha valenza ideologica o è un detonatore per squilibri più ampi?

La sovrapposizione delle influenze di Francia e USA nello scacchiere africano è conclamata, ma non è stata sempre gestita con serenità. Se Parigi cura i suoi interessi diretti nelle ex colonie (Ciad compreso), cosa avviene nelle realtà in cui la presenza francese è più debole?

Il caso Camerun è emblematico. Il nord ovest è anglofono e a prevalenza musulmana. L’allargamento della jihad comporterà un coinvolgimento militare americano più ampio?

Considerato il comportamento nebuloso dei governi locali (Boko Haram usa bombe a frammentazione prelevate dagli arsenali dell’esercito nigeriano, sulla cui trasparenza non si è fatta sempre luce), il quadro geopolitico è in continua evoluzione e in drammatico peggioramento.

Gli Stati Uniti, presenti massicciamente sul piano economico, possono rischiare un’escalation militare o limitarsi a una strategia soft in attesa delle elezioni presidenziali del 2016.

L’Africa è fatta anche di sabbie mobili. Vedremo.

(Foto: Armée de l'air du Cameroun)