La Siria dopo Palmira. La vittoria militare pesa anche sul piano politico

(di Giampiero Venturi)
30/03/16

Come previsto, Palmira è libera. L’offensiva finale si è risolta in anticipo rispetto ai programmi e il carro dei vincitori si adegua, affollandosi anzitempo secondo copione. Nel giro di 48 ore, dopo le dichiarazioni di Washington intenzionata a continuare a combattere i terroristi in Siria (quando? dove?), arriva anche l’interessamento delle Nazioni Unite, attente al patrimonio archeologico della città siriana. Le proiezioni sui tempi di restauro si accavallano ma pare che tutti ignorino il punto focale: per 10 mesi e nei giorni immediatamente precedenti la riconquista, la “Sposa del deserto” per la comunità internazionale non è esistita.

I tg e i giornali oggi parlano di ISIS in difficoltà con una certa impudenza: fatta eccezione per le Forze Armate siriane e per i loro alleati, ci si chiede chi possa arrogarsi il diritto di considerare Palmira punto di svolta nella lotta al terrorismo. La battaglia intorno a Tadmur, è la concretizzazione di una nuova fase nella guerra, anticipata su questa rubrica da Difesa Online all’inizio dell’anno. Mentre i colloqui di pace successivi al cessate il fuoco a Ginevra languono nel politichese più torbido, i cambiamenti veri si fanno, come era logico immaginare, sul campo di battaglia.

E proprio dal terreno bisogna partire per capire cosa ci si deve aspettare dal teatro siriano nei prossimi tempi.

Dopo la riconquista di Palmira, la 120a l’81a e la 67a Brigata dell’esercito di Damasco appoggiate dai paramilitari dei Falchi del deserto e da milizie volontarie, hanno iniziato l’assalto finale per liberare Quraytayn, città a 90 km da Homs connotata da una forte presenza cristiana. L’antica città assira gode di una  posizione strategica perché porta del quadrante sudorientale, rivolto al confine iracheno. La riconquista potrebbe essere imminente e segnerà inevitabilmente un altro passo importante per una riduzione sostanziale del territorio siriano in mano al Califfato. La stessa continuità territoriale fra Iraq e Siria in mano ai fondamentalisti, verrebbe messa in discussione. 

Fonti dal fronte confermano che gli incessanti raid aerei russi avrebbero lo scopo di polverizzare tutto quello che si muove nei dintorni della città, sui fianchi non coperti dalle forze di Damasco.

A questo proposito va detto che dopo la vittoria a Palmira, le forze di Assad si stanno riposizionando in base all’importanza strategica dei vari fronti. Le famigerate Forze Tigre, reparti speciali comandati dal carismatico Suheil Al Hassan, sarebbero in corso di trasferimento a nord, sul fronte di Jisr al Shugur, nel Governatorato di Idlib.

Il quadro militare attuale vede due grandi settori di attrito tra forze lealiste e terroristi islamisti: la fascia intorno ad Aleppo e il fronte sud est, oltre il deserto di Palmira, verso Deir ez-Zur.

Nel primo settore la via verso est sarebbe ormai libera e gli sforzi maggiori attuali riguardano la riconquista e la bonifica delle montagne intorno a Idlib, verso il confine turco.

Sul fronte del deserto, è indiscutibile che la riconquista di Pasqua di Palmira apra le porte al gancio verso est, a Deir ez-Zur dove il generale Issam Zahreddine e i suoi parà della 104a Brigata della Guardia repubblicana resistono trincerati da anni contro l’assedio islamista. Tra l’esercito siriano e questo obiettivo ci sono migliaia di mine e IED piazzati dai terroristi in fuga e poco più di 100 kilometri di deserto piatto.

A questi due quadri si aggiungono le sacche ribelli a sud di Damasco e la situazione fluida nel triangolo che forma il Sud della Siria, fra mare, Israele e Giordania, dove le milizie ribelli contendono terreno a un colpo di coda del Califfato, in una lotta intestina tutta islamista.

Come sosteniamo da mesi, parimenti all’evolversi degli scenari militari, lo stato dell’arte in politica si aggiorna, col governo di Assad sempre più al centro del gioco.

Il riconoscimento internazionale occidentale arrivato alle istituzioni di Damasco dopo la riconquista di Palmira, anche se passato attraverso il filtro dell’archeologia, ha un enorme peso geopolitico. All’auspicio dell’inviato ONU Staffan de Mistura riguardo i progressi dei negoziati, il governo siriano avrebbe già risposto che l’argomento “presidenza” non è negoziabile.

Il piano di smembramento della Siria con una componente sunnita a oriente, una turcomanna a ridosso della Turchia e una alawita sulla costa nell’area di Latakia, sembra ormai fallito.

La vittoria dei lealisti a Palmira ha definitivamente stabilito due verità:

  • anche se a costo di sacrifici, il Califfato si può vincere sul campo;
  • lo Stato nazionale siriano, per ora, è virtualmente salvo.

Già per aprile ci aspettiamo ripercussioni nel bacino del Mediterraneo, con una sensibile osmosi integralista verso la Libia e l'Unione Europea. Seguiremo quanto succede e gli importanti aggiustamenti politici che Europa e Stati Uniti dovranno a questo punto inevitabilmente mettere in atto.

(Foto: SAA)