Missione antipirateria Atalanta - Reportage a bordo di nave Euro, cap.4: “friendly approach”

(di Lia Pasqualina Stani)
08/10/16

Per riuscire in una difficile impresa occorrono una formidabile motivazione ed una straordinaria tenacia. Perché occorre tener ferma l’attenzione sulla meta per mesi o per anni, senza debolezze, senza riposo, continuamente attenti, vigilanti. La gente che guarda le cose dall’esterno ha l’impressione che sia stato tutto facile invece niente è facile” (Francesco Alberoni).

E non sarà stato facile per l’equipaggio di Nave Euro in questi mesi, navigare senza sosta, 7 giorni su 7 nelle acque del Golfo di Aden. Uomini e donne che lavorano con sacrificio, tenacia e determinazione, riuscendo a non perdere mai di vista l’obiettivo principale della Missione Europea Antipirateria Atalanta.

Quotidianamente, si impegnano in tutte le attività operative riguardanti la Focused Operation Aether 11, per garantire il mantenimento della sicurezza e la libertà di navigazione del traffico mercantile nell’area operativa, soprattutto quelli del World Food Programme (WFP), che transitano in quest’area.

89 sono i friendly approach effettuati sulle imbarcazioni locali che sono state incrociate nell’area operativa dalla fregata Euro. Rivelandosi, anche, valide occasioni per ottenere informazioni sulle “probabili” attività illecite organizzate lungo le coste somale.

Un risultato eccellente raggiunto da Nave Euro, superando di gran lunga la media delle altre unità italiane che hanno operato nei mesi scorsi nel Mare Arabico.

Il "friendly approach" è l’avvicinamento “amichevole” ad una imbarcazione - solitamente un dhow (tipica barca indiana o somala, di legno) o piccoli pescherecci - da parte dell’unità (F575) - dopo essere stati autorizzati dal force commander della Task Force 465. Per questo tipo di “approccio” è anche necessario il consenso del comandante dell'imbarcazione.

È appena terminata l’assemblea dei servizi sul ponto di volo, il comandante in seconda ha comunicato all’equipaggio le attività della giornata.

Attendiamo il team del GOS (Gruppo Operativo Subacqueo del Comsubin): assisterò, dalla poppa della nave, ad una esercitazione EOD (Explosive Ordnance Disposal) che consiste nella neutralizzazione di “eventuali” ordigni esplosivi.

Il capo di seconda classe Giuseppe Gravina inizia a darmi delle spiegazioni riguardo alla bonifica e precisa che, pur essendo un’esercitazione, oltre a rispettare le procedure di sicurezza, sarà svolta come se ci si trovasse realmente di fronte ad un ordigno per poi procedere al “brillamento”. Scendiamo a “poppetta”, dove si trova parte dell’attrezzatura necessaria per l’attività.

Gli operatori mostrano come si prepara l’artificiere. Con l’aiuto del sottocapo di seconda classe Marco Chines e del capo team, il sottocapo Nicola Deci, proprio Gravina inizia la “vestizione” con la tuta isolante per esplosivi. Nonostante il peso sembra muoversi agilmente. Sorride dicendomi che si allena tutti i giorni per “sopportare” quella zavorra.

Siamo costretti ad interrompere il briefing conoscitivo: il comandante in seconda avvisa che stiamo per prepararci ad un friendly approach. Rapidamente si ripongono attrezzatura e tuta isolante. L'Euro ha incrociato un dhow battente bandiera indiana.

Salgo in plancia. Il comandante Aletta chiede all’interprete, un ufficiale gibutino, di effettuare una prima chiamata sul canale 16, verso l’equipaggio del dhow. Non c’è risposta. Il comandante, determinato e con tono deciso, cerca di contattare via radio nuovamente l'imbarcazione.

Pochi secondi di attesa e, finalmente, arriva una risposta. Si procede con una sorta di questionario: nome del comandante, composizione dell’equipaggio, eventuali passeggeri, materiale imbarcato, origine, destinazione e previsione di arrivo, armi o materiale pericoloso a bordo.

Ad autorizzazione avvenuta, raccolte le informazioni necessarie, via ROC si annuncia il prepararsi al ruolo VISIT. L’Euro assume un assetto di Force Protection che prevede il dispiegamento di armamenti per l’autodifesa della nave.

Mentre anche io indosso un GAP (giubotto antiproiettile) ed un elmetto verde, il team di Force Protection prende posizione. Vengono armate varie postazioni: Browning (mitragliatrici pesanti) e TSA o Sniper (tiratori scelti della brigata marina San Marco) a prora, MG sulle alette di plancia.

Penso a tutte le volte in cui ho visto una mitragliatrice fare fuoco nei film. Mi trovo ora a due passi da un'MG!

A coordinare il team di Force Protection è l’FPO (Force Protection Officer) ovvero l’ufficiale che coordina le postazioni armate. Dispone gli uomini sul lato del dhow.

Il livello di intervento e prontezza della Force Protection, viene valutato in base al tipo di “pericolo” che potrebbe manifestarsi durante l'attività. Il livello "4", quello assunto durante la normale navigazione, è il più basso. Il livello "1", che prevede l’impiego di tutte le armi, è il più alto.

Per poter restare in aletta di plancia devo sopportare il peso del GAP. Il sudore scende dalla mia fronte. Ma l’ufficiale di FPO, il t.v. Francesca Greco, è stata chiara: GAP ed elmetto obbligatori anche per me!

Non c’è giorno, da quando sono imbarcata su Nave Euro, in cui non avvenga un friendly approach. A volte più di uno nello stesso giorno.

Sul ponte di volo è sempre pronto il security team, composto da 4 operatori della brigata marina San Marco, per raggiungere i battelli da ispezionare.

Durante la messa a mare del gommone si provvede a contattare il dhow indiano: si richiede che l’equipaggio si sposti a prora. Il comandante ed il timoniere devono provvedere a sistemare la scaletta per la salita del security team e, successivamente, rimanere a poppa.

I fucilieri di marina scendono dalla biscaglina, salgono a bordo del gommone e si dirigono verso l'obiettivo. La scaletta del dhow, a causa del mare agitato, inizialmente crea qualche difficoltà. Saliti, procedono alla messa in sicurezza. Comunicano al capo team (sulla plancia dell’Euro a coordinare l’attività con il comandante) di procedere all’invio del team di ispezione.

Chiedo al comandante - senza troppe speranze di venir esaudita - di poter partecipare, prima o poi, ad un friendly approach. Lui si gira verso di me, mi osserva qualche istante, poi chiede se sono pronta ad unirmi al team ispettivoNon gli concedo il tempo di finire la frase che ho già lasciato la plancia e raggiunto l’hangar!!! Sostituisco GAP ed elmetto con giubotto salvagente e caschetto. Con l’aiuto dei fucilieri scendo velocemente dalla biscaglina.

Siamo seduti ai bordi del gommone e ci dirigiamo verso il dhow!

Non resisto, mi sporgo per “toccare” l’acqua del mare con una mano. Nonostante la velocità non elevata con cui procediamo, arriviamo quasi completamente bagnati. Con la mia reflex inizio a fotografare tutto. Nave Euro è alle nostre spalle e di fronte c'è la grossa imbarcazione in legno.

Quando arriviamo sottobordo, dall’alto della murata, occhi incuriositi mi osservano. Io li saluto dal gommone.

Il team ispettivo è composto sempre da 4 operatori: un boarding officer (capo team), l’operatore GE (operatore di Guerra Elettronica, l’intelligence della nave), l’interprete e un ufficiale.

Questo dhow indiano non sembra una minaccia: è stracolmo di pecore. In effetti già in avvicinamento non abbiamo avuto alcun dubbio sul tipo di carico...

La squadra verifica che le informazioni ricevute via radio siano corrette.

È importante informare questi equipaggi sulla presenza costante e sul ruolo che le navi della nostra Marina Militare assolvono nel Golfo di Aden. Allo stesso modo sono utili le informazioni che gli stessi equipaggi riferiscono su eventuali gruppi di pirati presenti lungo le coste somale.

Al termine dell'ispezione si consegna il Winning Package (o "Kit del Pescatore") in segno di ringraziamento per la collaborazione.

Nel pacco sono contenuti viveri e farmaci di prima necessità.

Il security team ed il team ispettivo salutano l’equipaggio del dhow e scendono sul gommone. Siamo pronti rientrare a bordo.

(continua)

(foto dell'autore / Marina Militare)